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Dichiarazione di Gianclaudio BRESSA

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Il nostro dovere è dire No.

  • (17 giugno 2008) - fonte: Europa - Gianclaudio Bressa - inserita il 27 giugno 2008 da 31

    Adesso basta. Le misure per garantire la sicurezza ai cittadini vanno giudicate non solo per la loro efficacia, ma anche per il significato politico-culturale che portano con sé. Tutti d’accordo che c’è insicurezza e la paura cresce.
    Tutti d’accordo che sono i più deboli e indifesi a sopportarne le conseguenze più pesanti. Tutti d’accordo con i contenuti del pacchetto Amato, così come con quelle norme del decreto Berlusconi che consentono maggiore certezza della pena.
    Ma qui ci si deve fermare e l’analisi deve farsi più critica. Non basta dire che il nuovo pacchetto sicurezza non risolverà i problemi perché le carceri si riempiranno e le espulsioni per via giudiziaria saranno più lente e difficili da attuare.

    Occorre andare al cuore del problema e dire che è la cultura politico-istituzionale del centrodestra che è sbagliata e pericolosa. Noi stiamo assistendo a una escalation, settimana dopo settimana, di quello che Jonathan Simon chiama il governo della paura.
    Quando i problemi si affollano (costo della vita, salari e pensioni, crescita economica, energia e ambiente, politiche sociali e d’integrazione, istruzione e ricerca, Europa…) e la politica annaspa alla ricerca di soluzioni plausibili, ecco scattare magicamente l’allarme sicurezza.

    Se la nostra quotidianità diviene preda della paura e scatta l’identificazione della vittima delle azioni criminali con il cittadino comune, che è sempre per sua natura vulnerabile, si apre la strada a interventi sempre più pesanti e punitivi da parte dello stato e ci si avvia verso un esercizio del potere esecutivo sempre più totalizzante. Questo, nella vita sociale, ridefinisce i poteri del governo, il ruolo della famiglia e della scuola, e di ogni altro attore sociale: in poche parole cambia la posizione dell’individuo nella società, in modo tale da minare le fondamenta stesse della nostra convivenza democratica.

    Due esempi bastano a spiegare queste mie riflessioni. Il primo. L’uso delle forze armate per pattugliare le città, deciso forse per decreto legge (il governo può tutto, anche inventarsi un’emergenza). Il problema non è solo la militarizzazione della sicurezza (mai verificatasi fino a oggi in Italia), ma è la confusione di ruoli e di idee e il messaggio che si manda di allarme e di sfiducia nelle forze di polizia, nel loro delicato e importante lavoro.

    Per quanti problemi ci siano, e ci sono, le nostre città non sono assediate e non c’è bisogno del Settimo cavalleggeri che, tra squilli di tromba, venga a liberarci. Anche perché, se dopo l’intervento dei militari italiani, le cose non dovessero sostanzialmente cambiare (e non cambieranno perché esercito e polizia sono funzionalmente non assimilabili), cosa facciamo, chiediamo l’intervento dei marines?

    Ci sarebbe bisogno di più patti per la sicurezza tra governo e comuni, di più forze di polizia sulla strada e di maggior coordinamento tra loro. Ma in attesa di queste soluzioni, sarebbe sicuramente stato d’aiuto garantire maggiori risorse per il lavoro straordinario delle forze dell’ordine, che invece sono state esplicitamente escluse dal provvedimento del governo sugli straordinari.

    Secondo esempio.

    L’aggravante di clandestinità per i reati (anche qui per decreto, questo governo può tutto e di più). Cosa significa aggravante di clandestinità: vuol dire che per la prima volta nel nostro ordinamento una pena viene aumentata non per quello che fai, ma per quello che sei.

    Ecco affacciarsi in tutta la sua inciviltà l’altra pericolosissima ossessione: la paura dell’altro, dello straniero. J.P. Sartre ha inchiodato alle sue paure la cultura occidentale quando diceva che «l’inferno è l’altro». Berlusconi e il suo governo trasformano questo tabù in legge dello stato, per decreto. Sicuramente una via più rapida rispetto alla fatica e alla responsabilità di politiche di integrazione (a cominciare dalla scuola), di accoglienza, di cittadinanza e di asilo, di risanamento delle periferie… o di revisione di quella infernale macchina di produzione di irregolari che è la Bossi-Fini (730 mila domande per 170 mila permessi).
    Una ignobile scorciatoia, ma anche una via segnata dalle scelte di Tremonti, ad oggi più simile allo sceriffo di Nottingham che a Robin Hood, che, per finanziare la cancellazione dell’Ici, ha tagliato i fondi del ministero dell’interno per le politiche di integrazione e per le politiche sociali.

    Credo sia arrivato il tempo di riprenderci la responsabilità della nostra cultura, riappriopiandoci del grido di dignità che fu pronunciato nel 2003 negli Usa nella storica manifestazione degli immigrati per i diritti civili «nessun essere umano è illegale». Tanto più forte se vissuto nello spirito e nella originalità della nostra Costituzione che assicura un’interpretazione dignitaria dei nostri diritti e contempla un ordinamento di poteri che sia funzionale alla sua garanzia.
    Ecco perché votare No al pacchetto sicurezza non è un peccato di lesa maestà verso il dialogo maggioranzaopposizione, ma è un atto di responsabilità, che restituisce al confronto governo parlamento dignità di correttezza politico-costituzionale. Essere sensibili al rischio presente, ma indifferenti rispetto al destino futuro non appartiene alla nostra storia. Aldo Moro ci ha lasciato la grande lezione che tra il realismo della preoccupazione e l’idealismo della forza dei diritti emergenti non c’è contraddizione, sono le due facce di una stessa realtà, nella quale la ricchezza del nuovo e dell’umano che avanza non deve essere soffocata ma composta. Io questa lezione non l’ho dimenticata e non la voglio dimenticare.

    Fonte: Europa - Gianclaudio Bressa | vai alla pagina
    Argomenti: giustizia, usa, partito democratico, famiglia, scuola, sicurezza dei cittadini, ici, aldo moro, diritti, tremonti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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