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Dichiarazione di Francesco RUTELLI

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: Per il Terzo Polo)  - Consigliere  Consiglio Comunale Roma (RM) (Lista di elezione: API) 


 

La rottura non ci sara' ma serve una svolta. - Intervista

  • (10 giugno 2008) - fonte: Corriere della Sera - Francesco Verderami - inserita il 10 giugno 2008 da 31

    I rischi di una scissione nel Pd «non esistono», ma Francesco Rutelli si dice «preoccupato dalla necessità di definire il profilo del partito», e ritiene che «si debba dar vita a una rivoluzione culturale, progettuale e di radicamento sociale»: «Il Pd deve fare oggi quel che fu fatto negli anni Novanta negli Usa da Bill Clinton, e in Inghilterra da Tony Blair. Ovvero, prendere atto che c’è uno spostamento della società verso il centrodestra e che non c’è un’autosufficienza della sinistra. Anzi, in Italia c’è una componente di sinistra che preferisce stare all’opposizione anziché governare, e c’è una componente di anti-politica di centrosinistra che è altrettanto contenta di stare all’opposizione».

    È chiaro a chi si riferisce Rutelli: al Prc e a quell’area di «grilliamo» che trova sponde anche in Parlamento. Il teorico delle «alleanze di nuovo conio» non intende restar stretto in questa morsa, e pensa ad altro per il Pd. In Italia come in Europa: «Penso a una nuova alleanza di centrosinistra». Non si espone sui possibili alleati, ma spiega che «non si può non guardare a una competizione nell’area di centro, cioè anche nell’elettorato che ha scelto Berlusconi», a livello nazionale così come a livello europeo. Rutelli riconosce le «notevoli difficoltà contingenti del Pd, dovute anche alla luna di miele di Silvio Berlusconi con il Paese. Luna di miele che però non durerà moltissimo, per le difficoltà dettate dalla crisi economica».

    Parla di «rivoluzione», ma il Pd non doveva averla già fatta?
    «Abbiamo avuto pochi mesi prima del voto. Ora dobbiamo dotarci di una visione e di un modello paragonabili a quelli proposti in Inghilterra da Blair, che superò i tradizionali e difettosi meccanismi della vecchia sinistra e del vecchio sindacalismo. Il fatto è che le condizioni attuali sono più difficili, visto il blocco di centrodestra che si è creato, scavando nelle paure del mondo globale. Eppure per tempo, con il "manifesto dei coraggiosi", anticipammo le linee critiche di tendenza della società e quali sarebbero stati i nostri problemi se non li avessimo affrontati allora».
    Ma rimase lettera morta.
    «Su alcuni punti, come il mandato pieno a Veltroni, riuscimmo a spuntarla. Certo, sul resto, dalla sicurezza ai temi economici... Anch’io decisi, visto il mio ruolo, di privilegiare la lealtà verso il governo Prodi».
    E dato che aveva ragione...
    «Sia chiaro, non ho nessunissimo proposito personale. Presiedo il Comitato per la Sicurezza e intendo svolgere il mio lavoro in modo rigorosamente istituzionale».
    Dunque non si candida a nulla?
    «Come dice Al Gore, "l’unica vera energia rinnovabile è la politica". Parlo del Pd perché ne sono dirigente. E se rilancio l’idea delle alleanze di "nuovo conio", è perché ritengo che il nostro partito dev’essere la forza cardine attorno a cui raccogliere quanti condividono il nostro progetto. Le alleanze le misureremo sui contenuti. E su questo esprimerò le mie idee: penso alle grandi idealità legate all’ambiente; al tema della crisi educativa verso le giovani generazioni; al nodo irrisolto della crescita, da affrontare con più libertà economica e servizi migliori, su cui il Pd non deve riproporre le ricette di Welfare del passato».
    Finora il Pd si è fatto dettare l’agenda da Berlusconi.
    «E’ fisiologico che la nuova legislatura dia un potere di proposta e di formazione dell’agenda al governo. La forza del Pd si giocherà sulla capacità, in tempi non lunghi, di saper dettare a sua volta l’agenda su alcuni grandi temi. Non dimentico che nella passata legislatura l’Unione subì spesso l’agenda proposta e imposta da Berlusconi dall’opposizione».
    Ora sembra le vogliano «proporre e imporre» di entrare nella casa socialista europea con il Pd.
    «Noi dobbiamo governare l’ultimo passaggio della nascita del partito. E l’approdo dev’essere adeguato alla sfida lanciata in Italia. È impensabile che si traduca nella confluenza in una delle famiglie del XX secolo. L’ambizione del Pd deve trovate una sua traduzione anche in Europa. Non è un caso se, giusto per esser chiari, i rappresentanti del Pse in Italia avevano il 17% e il Pd ha il 33%».
    E allora qual è la soluzione?
    «Un’alleanza di centrosinistra in Europa. Il Pd è lo snodo che può aiutare a far nascere un’alleanza europea ed europeista di centrosinistra. In questo siamo aiutati dal trattato di Lisbona. Il trattato prevede che gli incarichi a livello europeo siano espressione di una convergenza politica. Finora si è consolidata una linea perdente per i socialisti, che vedono assottigliarsi i consensi, ma anziché costruire una aggregazione di centrosinistra anzitutto con i liberaldemocratici, scelgono accordi consociativi con il Ppe. Penso alla scelta del presidente dell’Europarlamento. Bisogna cambiare linea, o il rischio è che si allarghi la situazione che si è determinata per esempio in Germania, dove l’Spd rischia di essere raggiunta nei consensi dai postcomunisti della Pds. L’alternativa è tra un centrosinistra nuovo e un accordo al ribasso con i conservatori».
    Nel Pd sembra avanzare un’ipotesi di mediazione che...
    «L’unica soluzione possibile è che il Pd diventi promotore e punto di coagulo di una nuova alleanza di centrosinistra. Con formule innovative che andranno certamente discusse insieme. Di sicuro il Pd non potrà entrare nell’eurogruppo socialista e tantomeno nel Pse e nell’Internazionale socialista. Noi vogliamo costruire in Europa un’alleanza con i socialisti e siamo interessati a sedere nello stesso consesso internazionale in cui siedano tra gli altri i Democratici americani e il Partito del Congresso indiano. Lo considero pregiudiziale, come il fatto che il Pd in Europa usi la sua forza, ripeto una forza del 33%».
    Veltroni concorda?
    «Trovo Veltroni sensibile e disponibile. Ci saranno incontri con i socialisti domani a Napoli ma anche con i vertici del gruppo liberaldemocratico e dell’Alleanza dei democratici. Il segretario del Pd è sensibilissimo al fatto che non si risolve il problema con una tranquilla navigazione di minoranza di quella che è stata l’esperienza socialista e socialdemocratica, ma che la forza del Pd andrà spesa per soluzioni nuove. Altrimenti regrediremmo anche noi. D’altronde vorrei ricordare ad alcuni cattolici di sinistra del Pd che la vicenda del Pd non è la storia dell’incontro tra gli ex comunisti e gli ex diccì di sinistra, ma il frutto innovativo dell’accordo tra Ds e Margherita».
    Si riferisce alla Bindi?
    «La Margherita è stata un’esperienza ben più larga dell’ex Ppi. Perché il Ppi navigava intorno al 4%, mentre non a caso la Margherita ha raccolto tra l’11%o e il 13% dei voti».
    A proposito della questione cattolica. Famiglia Cristiana sottolinea la crisi di quest’area nel Pd, incrociandola al rapporto del vostro partito con i Radicali. Insomma: o gli uni o gli altri. Lei che ne pensa?
    «Penso che noi non dobbiamo sottovalutare il consolidamento della preferenza dei cattolici praticanti per il centrodestra. E dobbiamo riaffermare la natura del Pd come partito nazionale e pluralista. Non mi preoccupa tanto il rapporto con i Radicali. Mi preoccuperebbe invece, e molto, se i cattolici non si sentissero pienamente a casa loro nel Pd».
    Certamente si sentono a casa loro nel Pdl, specie dopo l’incontro tra il Papa e Berlusconi.
    «Quell’incontro riafferma che il governo e le istituzioni repubblicane italiane vogliono mantenere rapporti eccellenti con la Santa Sede».
    Sembrano più eccellenti i rapporti con Berlusconi rispetto a quelli con Prodi, specie alla luce della «gioia» espressa dal Pontefice dopo il voto in Italia.
    «La Chiesa ha una storia di duemila anni e non si è mai legata a due o a cinque anni di governo. E la gioia del Papa era riferita al clima di maggior rispetto tra i due schieramenti. Soddisfazione condivisibile, perché dopo molti anni c’è la possibilità di avere in Italia un bipolarismo temperato».

    Fonte: Corriere della Sera - Francesco Verderami | vai alla pagina
    Argomenti: Berlusconi, papa, cattolici, pd, radicali, rutelli, pse, cattolici chiesa partiti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 10 giugno 2008 da 31
    Un'intervista con troppi accenni a Margherita, Pds, Ds, postcomunisti, cattolici Ppi e percentuali elettorali, di schieramenti che si pensavano superati, per credere alla stabilità del Pd. Ad ogni buo conto, vi si legge:"Altrimenti regrediremmo anche noi." Vocabolo inaspettato? O ha covato nel tiepido clima del loft?

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