Perché l’abuso dei decreti legge può diventare un problema Osservatorio legislativo

Sono già 21 i decreti legge varati dal governo Draghi in poco meno di 5 mesi. Se da un lato questo strumento permette un maggiore coinvolgimento delle camere (rispetto ai Dpcm), un suo uso eccessivo può comportare dei problemi.

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La scorsa settimana il governo ha varato il cosiddetto decreto lavoro e imprese, misura che prevede tra le altre cose anche il parziale sblocco dei licenziamenti. Con questo nuovo provvedimento salgono a 21 i decreti legge emanati dall’esecutivo guidato da Mario Draghi in poco meno di 5 mesi.

Un dato certamente condizionato dalla necessità di gestire l’emergenza coronavirus, che ancora non si è conclusa, ma anche la ripartenza dell’economia. Come abbiamo già raccontato infatti alcune delle misure legate la Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dovranno essere adottate con decreto legge.

21 i decreti legge emanati dal governo Draghi dal suo insediamento.

Tra i motivi che hanno portato ad un massiccio ricorso ai decreti legge vi sono poi le critiche che erano state rivolte al governo Conte II per l’uso eccessivo dei decreti del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm). Per questo motivo Draghi si era impegnato a rinunciarvi privilegiando appunto i Dl che permettono un maggiore coinvolgimento delle camere nel processo decisionale.

Tuttavia, l’ampio ricorso ai Dl comporta alcune problematiche. La necessità di convertire in legge i decreti entro la scadenza infatti non permette quasi mai a deputati e senatori di entrare nel merito delle questioni. Inoltre resta poco tempo alle camere per dedicarsi ad altri temi che non siano quelli imposti dall’agenda di governo. Può capitare infine che le camere comunque non riescano a concludere l’iter di conversione entro i 60 giorni previsti. In questo caso si possono creare delle situazioni giuridiche difficili da gestire.

I decreti legge e la pandemia

Ma che cosa sono i decreti legge? Si tratta di uno degli strumenti a disposizione del governo per legiferare. In base alla costituzione questi sono atti di emergenza che devono essere adottati quando si rende necessario intervenire rapidamente. I Dl infatti sono immediatamente esecutivi dal momento della loro pubblicazione in gazzetta ufficiale. Tuttavia devono essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Se ciò non avviene le misure in essi contenute perdono di efficacia.

 I decreti legge hanno effetto immediato, ma devono poi essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Se ciò non avviene, perdono efficacia sin dall’inizio. Vai a "Che cosa sono i decreti legge"

Prima dell’esplosione dell’emergenza Covid, il ricorso a questo strumento era stato spesso criticato poiché giudicato come un tentativo dei governi di implementare il proprio programma bypassando il dibattito parlamentare. Logicamente in questa fase tale critica è venuta meno. Dobbiamo tuttavia rilevare come il numero di decreti legge emanati nell’ultimo anno e mezzo sia stato sensibilmente più alto rispetto al passato.

Il grafico mostra il numero complessivo di decreti legge delibarati dai governi e presentati al parlamento per la conversione. Sono qui conteggiati anche i decreti legge non convertiti. I decreti legge relativi ad aprile e maggio 2018 erano stati deliberati dal governo Gentiloni.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 2 Luglio 2021)

Analizzando i dati della XVIII legislatura ad esempio possiamo osservare come prima della pandemia i decreti legge deliberati non fossero mai più di 4 al mese. Con la dichiarazione dello stato di emergenza invece la media è aumentata. A gennaio 2020, marzo e giugno 2021 infatti sono stati pubblicati 6 decreti legge. A novembre 2020 invece ne sono stati emanati 5.

59 i decreti legge deliberati dopo la dichiarazione dello stato di emergenza.

L'abuso dei decreti legge

La necessità di gestire la ripartenza ha certamente influito sul massiccio numero di decreti legge emanati dal governo Draghi. L’attuale esecutivo infatti ha pubblicato in media 4,2 Dl al mese. Si tratta del dato più alto tra i governi delle ultime 3 legislature. Al secondo posto troviamo infatti l'altro governo che si è ritrovato a dover fronteggiare la pandemia e cioè il Conte II con una media di 3,2 decreti legge al mese, al terzo c’è invece il governo Letta con 2,8 decreti al mese. Tutti gli altri esecutivi invece presentano dati inferiori ai 2,5 decreti legge pubblicati in media ogni mese.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 2 Luglio 2021)

 Il massiccio uso dei decreti legge non è attribuibile solo alla pandemia.

L’uso massiccio dei Dl però non è da attribuire in via esclusiva all’emergenza. Possiamo osservare infatti come il decreto legge sia sempre stato lo strumento legislativo più utilizzato dai governi negli ultimi anni. Fa eccezione il Berlusconi IV che aveva presentato invece un maggior numero di proposte di legge ordinaria. Con il governo Draghi tuttavia la conversione dei decreti ha raggiunto il dato record del 95% rispetto al totale delle iniziative legislative presentate dall'esecutivo.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 2 Luglio 2021)

Sa da un lato quindi è certamente vero che l’emergenza Covid ha spinto gli ultimi due esecutivi ad adottare un maggior numero di Dl, dall’altro resta il fatto che spesso i governi hanno fatto ricorso a questo strumento per implementare il proprio programma e velocizzare l’iter parlamentare.

Le critiche all'uso dei Dpcm

Come abbiamo raccontato, una delle principali critiche mosse al precedente esecutivo era stata quella di un eccessivo ricorso al decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) per gestire l’emergenza. Si riteneva infatti un errore limitare le libertà costituzionali dei cittadini attraverso un semplice atto amministrativo. Una tipologia di atto peraltro su cui il parlamento aveva una scarsa possibilità di intervento.

In molti criticarono il governo Conte II per l'eccesivo ricorso ai Dpcm.

Questa dinamica peraltro aveva portato anche il presidente della camera Roberto Fico a chiedere di privilegiare i decreti legge anziché i Dpcm. Per questo motivo, fin dal suo insediamento, Mario Draghi si era impegnato a rinunciare a tale strumento. In effetti, analizzando esclusivamente gli atti legati all’emergenza coronavirus, possiamo osservare come durante il governo Conte II i Dpcm adottati fossero stati 28 mentre con il governo Draghi per il momento siano solo 3.

Il grafico mostra esclusivamente i provvedimenti varati dai governi Conte II e Draghi per far fronte all’emergenza coronavirus. Sono escluse le altre misure varate dai due governi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo e gazzetta ufficiale.
(ultimo aggiornamento: venerdì 2 Luglio 2021)

In base a questi dati possiamo osservare come durante il governo Conte II il rapporto tra decreti legge e Dpcm era di quasi 1 a 1, mentre con il governo Draghi si è passati a un Dpcm ogni 5 decreti legge Covid pubblicati. Tuttavia se da un lato è apprezzabile l’impegno di Draghi nel limitare il ricorso ai Dpcm, dall’altro l’uso eccessivo dei decreti legge comporta alcuni problemi.

I problemi legati all'abuso dei decreti legge

Per quanto il governo abbia accentrato su di sè molti poteri dall’inizio dell’emergenza, camera e senato mantengono comunque un ruolo fondamentale nella conversione dei decreti legge. Anche per questo motivo un eccessivo ricorso a questo strumento comporta alcune criticità.

Quando i decreti legge da convertire si accumulano iniziano i problemi.

Come abbiamo visto infatti i decreti legge devono essere convertiti entro 60 giorni dalla loro pubblicazione. Un prima conseguenza di ciò riguarda il fatto che si riduce sempre di più lo spazio per dedicarsi a temi diversi da quelli imposti dall’agenda di governo. Analizzando infatti le leggi approvate nelle ultime 3 legislature, possiamo osservare come quelle di iniziativa governativa siano oltre l’85% sia per il governo Draghi che per il Conte II. Al terzo posto troviamo invece il governo Letta con l’83,3%. Più distanziati gli altri esecutivi.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 2 Luglio 2021)

Se da un lato possiamo osservare quindi che le leggi di iniziativa governativa siano sempre state preponderanti, dall’altro possiamo notare come con l’avvento della pandemia questa tendenza si sia ulteriormente amplificata.

Un secondo aspetto critico riguarda il fatto che i parlamentari sono stati costretti in diverse occasioni a votare i provvedimenti contenuti nei Dl “a scatola chiusa” per evitare che questi decadessero. Senza quindi poter analizzare le misure in maniera adeguata. Ma nonostante ciò in molti casi i Dl non sono stati comunque convertiti in tempo. È successo 12 volte per i decreti varati dal governo Conte II (il 22,2%). Ma anche con il governo Draghi ci sono già stati due casi.

2  i decreti legge del governo Draghi non convertiti dal parlamento.

Non sono stati convertiti in tempo il dl 15/2021 in materia di spostamenti sul territorio nazionale e il 65/2021 in tema di riaperture. Peraltro, per evitare che i rapporti giuridici che si erano creati in base a questi provvedimenti fossero annullati, i loro contenuti sono stati recuperati in leggi successive. Più precisamente la legge 29/2021 per il primo decreto e la legge 87/2021 per il secondo.

Il decreto-legge 23 febbraio 2021, n. 15, è abrogato. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge n. 15 del 2021.

Si tratta di una pratica che è stata “tollerata” in questi mesi in virtù del periodo di emergenza che stiamo attraversando ma che ha ricevuto critiche sia da parte del presidente della repubblica che del comitato per la legislazione della camera. Ciò perché in linea generale i decreti legge dovrebbero avere un contenuto omogeneo. Inoltre recuperare con norme successive misure contenute in Dl già decaduti rappresenta una forzatura a livello costituzionale.

Decreti legge e questioni di fiducia

Un ultimo elemento legato a ciò che abbiamo appena visto e che vale la pena sottolineare riguarda il fatto che nonostante il governo Draghi goda di un’ampia maggioranza ha dovuto porre in più di un’occasione la questione di fiducia su alcuni provvedimenti. Proprio con l’obiettivo di blindare le misure e velocizzare l’iter parlamentare.

Quando un governo pone la questione di fiducia lega il suo destino all'approvazione del provvedimento. Nasceva per ricompattare la maggioranza in situazioni eccezionali, ma viene sempre più utilizzato per velocizzare il dibattito e assicurare l’approvazione di proposte critiche. Vai a "Che cosa sono i voti di fiducia"

Ciò è già successo in 5 occasioni:

6 questioni di fiducia poste dal governo Draghi dal suo insediamento.

Queste “forzature”, per quanto parzialmente giustificate dallo stato di emergenza, rappresentano comunque un campanello d'allarme che non deve essere sottovalutato. Per questo sarebbe auspicabile un graduale ritorno alle normali dinamiche tra governo e parlamento.

Foto credit: palazzo Chigi - licenza

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