Il difficile rapporto tra governo e parlamento sull’adozione dei Dpcm Coronavirus

Dopo un’estate relativamente tranquilla, la recrudescenza dei contagi da Covid-19 ha portato il governo ad adottare misure via via più restrittive. L’esecutivo è tornato a fare ampio ricorso anche ai Dpcm, uno strumento però che presenta diverse criticità.

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Dopo un’estate relativamente “tranquilla” la recrudescenza del Covid-19 registrata nelle ultime settimane ha spinto il governo ad intervenire in maniera massiccia, anche tornando a limitare le libertà personali dei cittadini. Ma se da un lato le scelte fatte per la tutela della salute pubblica sono comprensibili, questo non vale per quanto riguarda gli strumenti adottati.

L’esecutivo è infatti tornato a fare ampio ricorso ai decreti del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm). Questa scelta, motivata con la necessità di agire rapidamente e di non ingolfare l’agenda del parlamento, presenta però alcuni aspetti critici. I Dpcm sono infatti atti di natura amministrativa. Per questo il loro uso per nuove restrizioni è apparso a molti improprio.

Deputati e senatori, ad esempio, hanno chiesto a più riprese all’esecutivo di privilegiare i decreti legge per questo tipo di decisioni. In modo che il parlamento (ma anche il presidente della Repubblica) possa esercitare il proprio ruolo di indirizzo e controllo sull’attività del governo. Una richiesta però che sin qui è stata, almeno in parte, disattesa.

Il parlamento ha cercato di porre rimedio a questo vulnus con l’introduzione di un emendamento alla legge di conversione del decreto legge 19/2020. Grazie a questa norma il governo è tenuto a presentare un’informativa alle camere ogni qualvolta decida di adottare nuove misure attraverso dei Dpcm. Certamente un passo avanti ma che, come vedremo, non risolve il problema.

Che cosa sono i decreti del presidente del consiglio dei ministri

In questi mesi il termine Dpcm è divenuto di uso comune ma di cosa si tratta esattamente? I decreti del presidente del consiglio sono atti di carattere amministrativo che possono essere emanati dal primo ministro. In condizioni ordinarie questo strumento viene utilizzato per definire contorni tecnici e operativi ma con l’emergenza legata al Coronavirus ha assunto una nuova valenza.

I Dpcm devono trovare fondamento in un atto avente forza di legge per essere validi.

La situazione straordinaria che stiamo vivendo infatti ha portato ad una sorta di trasformazione di questo strumento che spesso è stato utilizzato anche per limitare le libertà personali dei cittadini. Non essendo un atto avente forza di legge, tuttavia, questo strumento per essere valido deve essere collegato ad una norma di rango primario, come una legge o un decreto legge. L’ ultimo Dpcm pubblicato ad esempio, richiama diversi decreti legge nelle sue premesse.

Ma al di la di questo ancoraggio “formale”, i decreti del presidente del consiglio rimangono essenzialmente atti amministrativi, come la maggior parte degli atti Covid pubblicati. Di conseguenza, non essendo leggi, le possibilità di intervento su questi provvedimenti da parte dei parlamentari sono limitate.

L’eccessivo ricorso ai Dpcm

Abbiamo detto che l’emergenza è stata gestita con atti in gran parte amministrativi. Questo di fatto ha escluso il parlamento dal processo decisionale e il Quirinale dal controllo sulla legittimità di molti dei provvedimenti adottati. Rientrano in questa categoria anche i 26 Dpcm sin qui emanati. Che rappresentano il quarto strumento più utilizzato dopo circolari, decreti dei ministeri e ordinanze.

FONTE: dati Ministero della salute e Gazzetta ufficiale ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 16 Novembre 2020)

Ma al di là dell'aspetto quantitativo (questi atti rappresentano circa il 6% del totale) non bisogna dimenticare che essi hanno avuto un impatto rilevante sulla vita dei cittadini. Un fatto sottolineato anche dal presidente della Camera Roberto Fico che, nel ribadire le prerogative del parlamento, ha chiesto al governo di privilegiare atti di rango primario, come i decreti legge, per questo tipo di decisioni. In questo modo almeno, pur rimanendo nell'ambito della decretazione d'urgenza, anche il parlamento potrebbe dare il proprio contributo per il miglioramento dei provvedimenti durante l'iter di conversione.

È decisivo il ruolo del Parlamento nella conversione dei decreti, che vengono integrati e trasformati grazie alla qualità del lavoro di analisi, approfondimento e infine sintesi tra le diverse posizioni. Se anche i dati di questa legislatura hanno evidenziato questa capacità del Parlamento di trasformare il contenuto dei decreti, nell'esame del dl Liquidità questa caratteristica è stata ancora più marcata: ben 228 emendamenti approvati in commissione, 116 della maggioranza, 91 dell'opposizione e 21 dei relatori

Ma nonostante gli appelli, con il nuovo aumento dei contagi è tornato a salire anche il numero di Dpcm adottati. In particolare, complice l’aumentata pressione sul sistema sanitario, il governo ha emanato 4 diversi Dpcm nel giro di 21 giorni.

Scarica i Dpcm adottati nelle ultime settimane:

Il governo ha fatto ricorso ad entrambi gli strumenti nelle ultime settimane ma la scelta è stata quella di utilizzare i Dpcm per determinare le nuove misure restrittive.

Basti pensare all'obbligo di indossare le mascherine anche all'aperto, le limitazioni agli spostamenti, le nuove chiusure di bar, ristoranti e altre attività commerciali, lo stop agli spettacoli e all'attività sportiva di base e, da ultimo, la suddivisione delle regioni in tre distinte zone di rischio.

Mentre si è fatto ricorso ai decreti legge principalmente per l'adozione di misure economiche con, ad esempio, gli ormai noti decreti ristori e ristori bis.

FONTE: dati Ministero della salute e Gazzetta ufficiale ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 16 Novembre 2020)

26  i Dpcm adottati dall’inizio dell’emergenza.

Alle critiche mosse per questo eccessivo ricorso allo strumento, il premier Giuseppe Conte ha risposto affermando che la volontà era quella di non intasare l'agenda del parlamento.

Avremmo dovuto adottare decine e decine di decreti legge con il risultato di intasare ancor più il Parlamento? [...] Abbiamo preferito intervenire con alcuni decreti-legge, che hanno dettato la cornice, e poi calibrare le singole misure restrittive con i decreti del presidente del consiglio

Affermazioni però che lasciano spazio a qualche perplessità. Infatti anche i Dpcm, a seguito della modifica dell’articolo 2 del decreto lockdown, necessitano comunque di un passaggio parlamentare.

La "parlamentarizzazione" dei Dpcm

Abbiamo detto che le norme contenute nei Dpcm trovano il loro fondamento nei decreti legge emanati per far fronte all’emergenza. Ciononostante rimangono comunque atti di carattere amministrativo che possono essere pubblicati senza nessun controllo ulteriore. Per questo motivo il parlamento è intervenuto inserendo una norma che impone al governo di presentare un'informativa alle camere sulle misure che intende adottare mediante Dpcm.

Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato illustra preventivamente alle camere il contenuto dei provvedimenti da adottare ai sensi del presente comma, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati.

Solitamente poi, a seguito della relazione del governo, le camere presentano delle risoluzioni con cui cercano di indirizzare l'azione dell'esecutivo. Si è trattato di un modo con cui Montecitorio e palazzo Madama hanno cercato di riappropriarsi delle loro prerogative. Nei primi mesi di emergenza infatti non c’è stato molto spazio per il confronto democratico in parlamento.

Le informative del governo legate alla gestione dell'emergenza infatti fino a maggio erano state appena 4: il 25 marzo, il 21 aprile, il 30 aprile e il 21 maggio. A seguito della nuova norma invece l’esecutivo si è visto "costretto" a presentarsi alle camere con maggiore regolarità.

8 i Dpcm “parlamentarizzati”.

Nonostante questo rappresenti senza dubbio un passo avanti nella dinamica governo-parlamento, alcuni aspetti critici permangono. In primo luogo c’è da dire che l'esecutivo, nella maggior parte dei casi, ha presentato le proprie informative poco prima della pubblicazione del provvedimento in gazzetta ufficiale. In alcuni casi perfino il giorno stesso. Per i Dpcm del 18 e del 24 ottobre invece, vista l’urgenza, i provvedimenti sono stati discussi dopo la loro pubblicazione.

I Dpcm e la loro discussione in parlamento

Data di pubblicazioneDiscussione alla cameraDiscussione al senatoAtto
11 giugno11 giugno10 giugnoAtto
14 luglio 14 luglio 14 luglioAtto
7 agosto-6 agosto
Atto
7 settembre2 settembre2 settembreAtto
13 ottobre6-7 ottobre6 ottobreAtto
18 ottobre22 ottobre21 ottobreAtto
24 ottobre29 ottobre29 ottobreAtto
3 novembre2 novembre2 novembreAtto

 

Come abbiamo segnalato anche in altre occasioni, questo modus operandi del governo non è nuovo. In questo modo però la possibilità di manovra di deputati e senatori è ancor più limitata. Essi non hanno tempo infatti per approfondire i vari temi, né hanno l’opportunità di proporre modifiche significative ai testi. Nella maggior parte dei casi infatti le risoluzioni approvate dall’assemblea a seguito delle informative risultano essere generiche o riprendere in parte i contenuti già previsti nei Dpcm. Solo in qualche caso ci si discosta da questo schema.

In molti casi i Dpcm sono stati presentati alle camere immediatamente prima della loro pubblicazione.

Questa pratica, tra l’altro, può portare a dei cortocircuiti. Com’è accaduto alla camera il 6 ottobre scorso, quando a causa di diversi assenti è mancato il numero legale per approvare la risoluzione presentata dalla maggioranza. Fatto che ha costretto il governo a ritardare l’entrata in vigore del Dpcm.

Un altro aspetto legato a questo riguarda lo scarso coinvolgimento dell’opposizione. Se dal un lato nelle ultime settimane infatti le aperture - in particolare verso Forza Italia - sono state molte. Dall’altro bisogna anche dire che la maggior parte delle risoluzioni presentate dalle opposizioni sono state respinte. Un atteggiamento però che parrebbe essere cambiato.

Nelle ultime settimane c'è stato un tentativo di dialogo con l'opposizione che ha portato all'approvazione di alcune risoluzioni.

Infatti, relativamente all'ultimo Dpcm adottato, oltre a quella della maggioranza ne sono state approvate altre due (di cui una solo parzialmente). La prima chiede al governo di privilegiare i decreti legge e di coinvolgere il più possibile il parlamento. La seconda, approvata alla camera, chiede al governo di tenere in debita considerazione anche i malati non Covid. La terza, presentata al senato, ha contenuti simili ma in più chiede un potenziamento delle forze dell’ordine.

Il senato, a fronte della necessità di varare ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza Covid-19, impegna il governo a privilegiare lo strumento del decreto-legge laddove si tratti di introdurre limiti ai diritti fondamentali e comunque a comunicare tempestivamente al parlamento ogni tipo di azione intrapresa a tutela della salute pubblica, in ossequio alla centralità dell'assemblea elettiva e nell'ottica di promuovere un suo costante coinvolgimento

L’approvazione di tali risoluzioni potrebbe forse rappresentare un tentativo della maggioranza di aprire al dialogo con l’opposizione.

Perché la parlamentarizzazione dei Dpcm non basta

Come abbiamo visto, la maggior parte delle misure prese per contrastare l’emergenza non prevede il coinvolgimento diretto del principale organo rappresentativo del nostro paese. In questo contesto si inserisce anche l'ampio ricorso ai Dpcm che è stato fatto dall'esecutivo. Una scelta che, pur nella necessità di agire rapidamente a causa dell’emergenza, presenta alcuni aspetti critici che non devono essere sottovalutati.

Quando si toccano i diritti dei cittadini sarebbe opportuna un'ampia condivisione con il principale organo democratico del paese.

Senza dubbio un passo avanti significativo è stato fatto grazie alla “parlamentarizzazione” dei Dpcm. Ma, come abbiamo visto, alcuni problemi restano sul tavolo. Sarebbe opportuno un effettivo coinvolgimento delle camere nella definizione delle misure da adottare. Un coinvolgimento che sia sostanziale e non solo un necessario adempimento formale.

La discussione sulle misure contenute nei Dpcm si limita infatti allo spazio di poche ore: la durata della seduta in cui il governo presenta la propria informativa. Il prodotto di questa discussione sono delle risoluzioni il cui impatto sull'azione del governo è relativo. Certamente meno significativo delle modifiche che il parlamento potrebbe apportare ad un decreto legge durante l'iter di conversione.

Foto credit: Palazzo Chigi - Licenza

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