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Il 23 marzo del 2018 è iniziata la XVIII legislatura. In questi giorni ricorrono i 2 anni di attività, un evento che è coinciso con l’emergenza Coronavirus che sta colpendo il nostro paese. Questa pubblicazione vuole analizzare l’attività di camera e senato in questo periodo, focalizzando anche l’attenzione sui due governi che si sono succeduti: Conte I (5stelle-Lega) e Conte II (5stelle, Pd e Leu).

L’emergenza Coronavirus ha accentuato un problema cronico delle nostre istituzioni: qual è il ruolo del parlamento?

Il parlamento sospeso

Com’è noto il nostro parlamento non sta passando un ottimo momento di salute, e quanto avvenuto in questa legislatura lo ha confermato. L’ambigua situazione politica di questi anni, resa evidente da due diverse maggioranze di orientamento diametralmente opposto, ha contribuito a compromettere la centralità del parlamento.

Nonostante i tanti proclami, dal presidente della camera Fico al capo del governo Conte, in nessun modo si è riusciti ad invertire questa tendenza.

In questi due anni infatti abbiamo testimoniato un parlamento sospeso, tra attese e tensioni politiche che ne hanno compromesso l’attività. L’approvazione poi della riforma costituzionale per il taglio dei parlamentari, ha riacceso il dibattito su come rendere più efficiente l’istituzione più importante del nostro paese. Anche l’emergenza Coronavirus ha messo in difficoltà camera e senato, facendo emergere quanto sia necessario assicurare il funzionamento dell’aula, soprattutto in periodi come questo, per contribuire attivamente al miglioramento delle norme governative.

Il ruolo del parlamento

Da anni ormai il parlamento italiano viene costantemente delegittimato, svuotato dalle sue funzioni, e costretto ad avere un ruolo secondario nelle dinamiche del paese. Una situazione principalmente causata da esecutivi che sempre più hanno abusato del loro ruolo per interferire sugli equilibri dell’aula. L’instabilità politica nazionale, e l’incertezza economica, hanno di fatto immobilizzato il parlamento in questi 2 anni.

Il parlamento non riesce a imporsi autonomamente su eventi esterni e altre istituzioni.

Il parlamento in questo senso sembra essere perennemente in balia di eventi che dall’esterno influiscono sulla sua capacità di operare. Che sia l’emergenza Coronavirus che ne impedisce il funzionamento regolare, o l’attesa che impasse politici si sblocchino, e che quindi altri attori, principalmente il governo, agiscano attivamente.

In questo senso la difficoltà che ha il parlamento di imporsi e definirsi in maniera autonoma e indipendente, rilancia la necessità di riforma l’istituzione. Il parlamento deve riacquistare il suo ruolo centrale nelle dinamiche di rappresentanza democratica del nostro paese.

Due anni di attese

Il voto del 2018, come quello del 2013, non ha sancito un chiaro vincitore. Il Movimento 5 stelle, uscito come primo partito dalle urne, non aveva infatti i numeri per formare una maggioranza in maniera autonoma. Questo ha portato alla più lunga attesa per la formazione di un governo dal giorno del voto della nostra storia repubblicana.

Ci sono voluti infatti 89 giorni di attesa per sbloccare l’impasse politico, e trovare l’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega per la nascita dell’esecutivo Conte I. In questo periodo il parlamento è stato fermo: la mancanza di una maggioranza parlamentare chiara ha reso impossibile la formazione delle commissioni parlamentari, cuore pulsante dell’attività legislativa. Nonostante infatti la legislatura sia inizia il 23 marzo, formalmente fino a inizio giugno è successo poco o nulla.

Per ogni legislatura è stato calcolato il numero di giorni trascorsi dal giorno del voto alla formazione del primo governo.

FONTE: dati Ministero dell'Interno e Palazzo Chigi, elaborazione openpolis

Come nel 2013 quindi, anche la XVIII legislatura è iniziata con un'atipica alleanza di governo tra due forze politiche avversarie durante la campagna elettorale. L'accordo tra i due partiti era basato sul famoso "Contratto di governo", un elemento che ha vincolato molte delle decisioni prese ai punti affrontati nel testo. I primi mesi di governo sono stati quindi caratterizzati da una lunga fase di studio, che è poi proseguita in una costante necessità da parte dei due partner di portare a casa i punti programmatici dell'uno e dell'altro. Dall'approvazione del decreto dignità (M5s) al decreto sicurezza (Lega), passando per lo spazzacorrotti (M5s) e la riforma della legittima difesa (Lega).

La crisi estiva del 2019 ha completamente rivoluzionato gli equilibri della XVIII legislatura. L'uscita della Lega dalla maggioranza ha portato a Palazzo Chigi due partiti di centrosinistra: Partito democratico e Liberi e uguali. Questo ha di fatto ribaltato l'orientamento politico dell'esecutivo, lasciando il Movimento 5 stelle al centro come perno di questa fase. Il nuovo esecutivo, sempre presieduto da Giuseppe Conte, è nato con l'obiettivo principale di scongiurare l'aumento dell'Iva.

Alleanze di governo atipiche hanno rallentato l'azione dell'esecutivo, e quindi del parlamento.

Una decisione che è maturata con l'approvazione della legge di bilancio a fine 2019. Con l'inizio del 2020 è cominciata invece una fase interlocutoria della legislatura. Le elezioni regionali e la difficoltà di trovare la quadra su determinati temi, hanno reso difficile per il governo portare avanti proposte politiche concrete. In un sistema ormai fortemente incentrato sull'input legislativo dell'esecutivo, questo di fatto ha immobilizzato il parlamento. 2020 che è stato poi fortemente sconvolto dall'arrivo dell'emergenze Coronavirus.

Due anni di emergenze

Il 2020 ad oggi è stata la massima espressione dei molti mali che attanagliano il parlamento italiano da anni. Un'istituzione sospesa tra l'incapacità di riformarsi e un governo sempre più incisivo nel forzare la sua agenda politica su camera e senato.

A gennaio e febbraio camera e senato hanno approvato poche leggi, tutte (o quasi) conversioni di decreti legge del governo. L'inizio dell'emergenza Coronavirus poi ha comprensibilmente assorbito l'energia politica dell'esecutivo da fine febbraio in poi. Una crisi che ha anche visto il parlamento temporaneamente fermarsi, un atto necessario visto il bisogno di avviare una riflessione su come garantire la sicurezza e la salute dei parlamentari.

Abbiamo vissuto 2 anni di "emergenze": tra quelle reali, Covid, e quelle procedurali, con un governo tuttofare.

Per affrontare la crisi sanitaria l'esecutivo ha deliberato ulteriori decreti legge. Provvedimenti che come noto devono essere convertiti in legge da camera e senato. Ma l'emergenza sanitaria, e la difficoltà di conciliare il lavoro parlamentare con il rispetto degli obblighi di sicurezza, hanno fatto emergere non poche questioni. Ci sono state molte polemiche infatti sulla chiusura dell'aula a Montecitorio e Palazzo Madama. Una chiusura inizialmente dovuta, ma che ha portato molti a riflettere sull'opportunità o meno dell'avvenuto.

Le proposte sul tavolo sono state molte, dall'istituzione di una commissione speciale all'utilizzo della tecnologia per far lavorare anche i parlamentari da remoto. Tutte soluzioni che sono state poi scartate, per favorire maggiormente il confronto (anche in aula) sui provvedimenti. Un tentativo quindi di dare il giusto livello di centralità all'istituzione in questa fase delicata.

Ma se è vero che l'apporto di deputati e senatori non si può ridurre ad approvare le proposte del governo, di fatto in questi 2 anni di legislatura questo è successo. Perché, come andremo a vedere, analizzando i dati della produttività parlamentare, sembrerebbe che l'Italia sia in una situazione di emergenza da inizio legislatura. 

1/3 delle leggi approvate da inizio legislatura sono decreti legge.

In un certo senso infatti abbiamo vissuto 2 anni di emergenze. Alcune sono state reali, come l'attuale crisi Coronavirus, altre invece sono state procedurali. I governi Conte I e II hanno infatti abusato delle decretazioni d'urgenza per legiferare. Circa 1/3 delle leggi uscite dal parlamento sono stati infatti decreti legge del governo. Non solo, in quasi la metà dei casi questi testi hanno visto un ricorso al voto di fiducia, riducendo ancor di più lo spazio per un dibattito e un confronto costruttivo.

Un abuso improprio dei decreti per implementare l'agenda di governo.

Il problema è che nella maggior parte dei casi l'utilizzo del decreto è risultato inappropriato. Non per affrontare emergenze ed urgenze, ma per implementare l'agenda del governo. È stato così per i vari decreti dignità, sicurezza, quota 100 e reddito di cittadinanza durante il governo Conte I, come lo è stato con quelli cuneo fiscale ed intercettazioni nel Conte II.

Con il voto di fiducia l’esecutivo può decidere di mettere la fiducia su un disegno di legge, legando il proprio destino a quello del testo. Nasceva per ricompattare la maggioranza in situazioni eccezionali, ma viene sempre più utilizzato per velocizzare il dibattito e assicurare l’approvazione di proposte molto discusse.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis

 

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