Cos’è il Pnrr, piano nazionale ripresa e resilienza

È il programma di riforme e investimenti con cui l’Italia prevede di gestire i fondi europei del Next generation Eu, per la ripresa economica e sociale dei paesi europei.

Definizione

Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è il programma con cui il governo intende gestire i fondi del Next generation Eu. Cioè lo strumento di ripresa e rilancio economico introdotto dall’Unione europea per risanare le perdite causate dalla pandemia.

Redatto dall’allora governo Draghi e approvato dalla commissione europea nel giugno 2021, il Pnrr italiano ha una struttura articolata. Prevede sei missioni, organizzate in componenti, ognuna delle quali comprende una serie di misure, che possono essere riforme normative o investimenti economici. Dalla transizione ecologica a quella digitale, dalla sanità alla scuola, dai trasporti alla giustizia: le materie in agenda sono diverse e numerose. Si tratta complessivamente di 358 misure e submisure, di cui 66 riforme292 investimenti. Ciascuna di queste ha diverse scadenze da rispettare, a cadenza trimestrale, lungo uno o più anni dal 2021 al 2026.

Tutte le misure e le scadenze sono assegnate a un’organizzazione titolare. Si tratta perlopiù di ministeri e dipartimenti della presidenza del consiglio. Gli enti maggiormente coinvolti in questo senso sono il ministero delle infrastrutture, titolare di 72 misure per un totale di 49,5 miliardi di euro e quello dell’ambiente, responsabile di 41 interventi del valore complessivo di 39,2 miliardi.

191,5 miliardi € le risorse del Next generation Eu destinate al Pnrr italiano. Il nostro paese è il principale beneficiario del fondo.

Di questo ammontare, la maggior parte (122,6 milioni di euro) sono prestiti, che il nostro paese dovrà restituire nel tempo all’Ue. Mentre la restante parte (68,9 milioni) sono sovvenzioni. Alle risorse europee si aggiungono inoltre 30,62 miliardi dalle casse dello stato italiano. Si tratta del fondo complementare, che serve sia a finanziare ulteriormente alcune misure del Pnrr, sia a realizzare nuovi interventi. In particolare 54 dei 292 investimenti economici complessivi.

Il quadro normativo europeo che regola la redazione dei Pnrr, la loro attuazione e l’invio di risorse è definito dal regolamento Ue 2021/241. Alcuni dei principali passaggi di questo documento comprendono:

  • l’obbligo per i paesi beneficiari di investire almeno il 37% delle risorse ricevute in misure per l’ambiente e il clima e il 20% per la transizione digitale;
  • il vincolo degli stati con le istituzioni Ue, al completamento di scadenze e misure nei termini previsti, pena la mancata erogazione dei fondi. Un processo di verifica che è in capo alla commissione europea;
  • la possibilità per i paesi di modificare il piano, in qualsiasi momento della sua attuazione, rispettando precise condizioni che saranno valutate sempre dalla commissione.

Oltre al regolamento europeo, lo stato italiano ha adottato una propria governance del Pnrr. Una serie di organi e di norme istituite ad hoc per portare a compimento nei tempi previsti gli interventi in agenda. Il quadro inizialmente introdotto dal governo Draghi con il decreto legge 77/2021 è stato poi integrato dall’esecutivo a guida Meloni. Con il decreto legge 173/2022 ha infatti introdotto la figura di ministro del Pnrr, ruolo attualmente ricoperto da Raffaele Fitto, che ha anche le deleghe per gli affari europei, il sud e le politiche di coesione.

Dati

Come abbiamo accennato in precedenza, il piano nazionale italiano interviene su diverse materie. Per individuarle con facilità ai fini delle nostre (e non solo) attività monitoraggio, abbiamo classificato tutte le misure Pnrr in base al nostro indicatore originale di suddivisione tematica.

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Osservando le materie a cui sono destinate le risorse del Pnrr, è il macro tema delle infrastrutture a emergere come principale ambito di investimento (54,7 miliardi di euro). Seguono gli interventi dedicati a transizione ecologica (33,1 miliardi) e impresa e lavoro (29,9 miliardi).

FONTE: elaborazione e dati OpenPNRR
(consultati: venerdì 24 Febbraio 2023)

Analisi

La realizzazione del Pnrr è un’occasione cruciale per il futuro del nostro paese. Vista l’enorme mole di risorse che muoverà e le numerose riforme previste, è fondamentale che il governo e gli altri soggetti coinvolti assicurino la massima trasparenza. Per permettere a cittadini, giornalisti, membri della società civile, di conoscere lo stato di attuazione del piano e monitorarlo. Di fronte a un programma di tale portata, è infatti fondamentale che che si sviluppino attività di monitoraggio civico. Per alimentare un dibattito pubblico informato e per ridurre il rischio di sprechi e corruzione.

Manca trasparenza sull’attuazione del Pnrr.

Da questo punto di vista tuttavia, la strada verso un accesso a dati e informazioni trasparenti sulla realizzazione del Pnrr è ancora molto lunga. E queste mancanze sono responsabilità tanto del governo Draghi prima, quanto del governo Meloni ora. Le informazioni sono poco aggiornate, parziali e difficili da trovare. Sia sui siti dei ministeri che su Italia domani, che dovrebbe essere la principale porta di accesso alle informazioni sul Pnrr.

Le lacune più gravi in termini di trasparenza si registrano sul fronte dei progetti. Cioè le opere, le infrastrutture, gli interventi che devono essere concretamente realizzati con i fondi del Pnrr distribuiti attraverso avvisi pubblici e gare d’appalto. In questo caso la base dati disponibile sulla piattaforma Italia domani risale al 31 dicembre 2021 e consta di soli 5.246 progetti. Mentre nell’ultima relazione del governo Draghi al parlamento, nei primi giorni di ottobre 2022, si legge che i progetti in corso sarebbero più di 73mila, per un valore complessivo di oltre 65 miliardi di euro. Non esistono altri database consultabili ai non addetti ai lavori.

Non possiamo quindi avere informazioni sistematiche, per tutto il territorio nazionale, sull’importo di ogni progetto, sulla sua localizzazione, sul suo stato di avanzamento e sui soggetti coinvolti. I soggetti beneficiari dei fondi dovrebbero caricare queste e altre informazioni su un’apposita piattaforma digitale denominata Regis. Questo strumento – che avrebbe dovuto essere operativo già dal 2021 – è entrato effettivamente in funzione nello scorso autunno, ma solo per gli addetti ai lavori.

Un’altra questione critica, oltre a quella legata alla trasparenza delle informazioni, è la rigidità dei tempi di attuazione del Pnrr. L’iter di tutte le misure previste deve concludersi entro il 2026. Per gli investimenti, questo significa che per quella data dovranno essere completate definitivamente tutte le opere. Un cronoprogramma serrato a fronte di una realtà, quella italiana, dove invece le tempistiche burocratiche e amministrative seguono spesso tempi più dilatati.

Infine, va sottolineato che finora la regolamentazione e l’attuazione del Pnrr sono stati appannaggio quasi esclusivo dell’esecutivo. A partire dalla governance del piano, strutturata ponendo al centro palazzo Chigi, sia nel quadro deciso dal governo Draghi sia, in modo ancora più accentuato, da quello voluto da Meloni.

Il parlamento, che detiene il potere legislativo e che viene eletto direttamente dai cittadini italiani, in questa importante partita gioca un ruolo marginale. Tant’è che metà degli interventi legislativi previsti dal Pnrr per il 2022 sono contenuti in decreti legge. Atti su cui il parlamento interviene solo in un secondo momento per convertirli in legge, entro 60 giorni dall’emanazione. Una tempistica estremamente ridotta che non consente di entrare realmente nel merito delle questioni. Oltre a questo, l’esecutivo dovrebbe riferire semestralmente alle due camere sullo stato di realizzazione del piano. Passaggio a cui tra l’altro il governo Meloni non ha tenuto fede per ora: doveva presentare la sua prima relazione a dicembre 2022, ma a febbraio 2023 ancora manca.

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