Nonostante la fine della pandemia continua la prassi dei decreti minotauro Governo e parlamento

Prosegue il massiccio uso dei decreti legge da parte del governo Meloni. L’eccessivo ricorso allo strumento però, adesso come in passato, porta a delle storture.

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Nelle ultime settimane si è discusso molto della proposta di riforma costituzionale approvata dal governo Meloni che prevede, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente del consiglio. Ma c’è un altro disegno di legge che ha recentemente iniziato il proprio iter e che necessita di grande attenzione. La proposta presentata dal senatore Adriano Paroli (Fi) infatti prevede di estendere a 90 giorni il periodo di tempo consentito al parlamento per convertire in legge i decreti del governo.

I decreti legge devono essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Se ciò non avviene essi decadono dal momento della pubblicazione. Vai a “Che cosa sono i decreti legge”

Il ricorso eccessivo allo strumento fatto negli ultimi anni è un indicatore di come gli esecutivi abbiano conquistato sempre di più il centro della scena anche da un punto di vista legislativo, relegando il parlamento a un ruolo secondario. Nelle ultime 2 legislature il peso della decretazione d’urgenza è aumentato a dismisura rispetto alla produzione di norme ordinarie. Nell’ultimo anno poi, nonostante la parentesi legata al Covid-19 si sia conclusa, il peso dei decreti legge ha raggiunto livelli mai toccati in precedenza

50% la percentuale di conversioni di decreti legge sul totale di quelle approvate nella XIX legislatura.

Questo dato deve necessariamente condurre a delle riflessioni. L’uso eccessivo di questo strumento porta infatti a delle storture. Non ultima la difficoltà da parte del parlamento di convertire i decreti in legge nei tempi previsti. Da qui la proposta di aumentare i giorni a disposizione delle camere.

Per evitare che le misure contenute nei Dl non convertiti in tempo decadano, spesso governo e parlamento hanno fatto ricorso ai cosiddetti decreti minotauro. Quegli atti cioè che assorbono più di un decreto attraverso la presentazione di emendamenti alla legge di conversione. Tale prassi, mal tollerata dal capo dello stato perfino nei momenti più delicati della pandemia, sembra diventata ormai ricorrente anche con l’attuale esecutivo.

C’è poi un altro elemento che necessita di riflessione. Spesso infatti passano diversi giorni tra l’approvazione di un Dl in consiglio dei ministri e la sua pubblicazione in gazzetta ufficiale. Indice del fatto che i decreti sempre più spesso non sono usati per affrontare situazioni urgenti ma per attuare in maniera più agevole il programma di governo.

Il peso dei decreti legge nella produzione normativa

La percentuale di leggi di conversione di decreti rispetto al totale di norme approvate è sempre stata piuttosto consistente. Ma negli ultimi anni stiamo assistendo a un significativo incremento in questo senso.

Analizzando i dati disponibili infatti possiamo osservare che dal 1996 a oggi sono entrate in vigore 2.853 leggi in totale. Di queste, 730 erano conversioni di decreti (il 25,6%). Focalizzandosi sull’attuale legislatura, possiamo osservare il peso particolarmente rilevante acquisito dai decreti rispetto alle altre tipologie di legge. Sono conversioni infatti la metà delle norme entrate in vigore tra l’ottobre 2022 e il novembre 2023.

La XV legislatura è durata solamente 2 anni, dal 2006 al 2008. Mentre per la XIX i dati si limitano al periodo ottobre 2022 – novembre 2023. Pertanto sono soggetti a cambiamenti.

FONTE: elaborazione openpolis su dati senato.
(ultimo aggiornamento: venerdì 10 Novembre 2023)

Soffermandoci invece sulla XVIII legislatura, l’ultima di cui sono già disponibili dati consolidati, possiamo osservare che era già stato registrato un record. Tra 2018 e 2022 infatti le conversioni di Dl hanno rappresentato il 33% delle leggi approvate. Mai in passato si era raggiunta la soglia del 30%. Su questo dato ovviamente ha pesato molto la necessità di gestire le fasi più difficili dell’emergenza da Covid-19.

I decreti minotauro

Il ricorso eccessivo ai decreti legge tende a saturare l’agenda del parlamento. Come noto infatti, i Dl devono essere convertiti in legge dalle camere entro 60 giorni dalla loro entrata in vigore. Se ciò non avviene, l’atto decade e gli effetti giuridici che aveva prodotto si annullano.

Per evitare che si verifichi una situazione del genere, i disegni di legge di conversione dei decreti acquisiscono la priorità nella definizione del calendario dei lavori di aule e commissioni. Ciò significa che quando il numero di decreti legge raggiunge livelli molto rilevanti, il parlamento non ha tempo per occuparsi di altro. Tale dinamica contribuisce a spiegare anche i dati che abbiamo visto nel grafico precedente.

Tuttavia può capitare che le camere non riescano comunque a concludere in tempo l’iter di conversione. Di conseguenza, negli ultimi anni, si è fatto spesso ricorso alla pratica dei cosiddetti decreti minotauro. Sostanzialmente quando governo e parlamento si rendono conto che non sarà possibile convertire un decreto legge nei tempi previsti propongono, con un emendamento alla legge di conversione di un altro Dl, di abrogarlo prima che questo decada ma di salvare le misure in esso contenute, assorbendole.

43 i decreti legge non convertiti in tempo dal parlamento nelle ultime 2 legislature ma assorbiti da decreti minotauro.

Questa pratica è stata particolarmente utilizzata nella prima fase dell’emergenza Covid, quando l’allora governo Conte II pubblicò un gran numero di decreti in poco tempo per farvi fronte. Quando poi il parlamento riprese le proprie attività lo fece con molte limitazioni che rallentavano in maniera significativa lo svolgimento dei lavori.

L’uso dei decreti minotauro era comprensibile durante la pandemia. Non adesso.

Se in questa fase il ricorso a tale escamotage poteva apparire se non giustificabile quantomeno comprensibile, lo è meno nella situazione attuale. Con il parlamento che è tornato a operare a pieno regime. Eppure possiamo osservare che anche con l’attuale esecutivo questa situazione si è già ripetuta diverse volte.

Il governo Meloni, e la maggioranza che lo sostiene, infatti ha già fatto ricorso a questa pratica in ben 5 occasioni in poco più di un anno. Da questo punto di vista l’attuale esecutivo ha già superato il primo governo Conte (3) e si sta avvicinando rapidamente al secondo (8). Ancora lontano il governo Draghi (13) che però, insieme al Conte II, ha fronteggiato le fasi più concitate della pandemia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo
(ultimo aggiornamento: lunedì 13 Novembre 2023)

Tra i decreti minotauro creati dal governo Meloni ce n’è uno significativo, quanto meno da un punto di vista simbolico. Il parlamento infatti non è riuscito a convertire entro i 60 giorni previsti il decreto legge 88/2023 dedicato alla ricostruzione nei territori (in particolare l’Emilia Romagna) colpiti dagli eventi climatici catastrofici dello scorso maggio. Per evitare che le misure adottate perdessero di efficacia il decreto in questione è stato assorbito dalla legge 100/2023 di conversione del decreto 61/2023. Anch’esso dedicato alle esondazioni.

La distanza tra l’approvazione di un decreto e la sua entrata in vigore

Quella dei decreti minotauro però non è l’unica stortura legata all’abuso della decretazione d’urgenza. Un altro elemento particolarmente critico è quello dei cosiddetti decreti approvati “salvo intese”. In questi casi il consiglio dei ministri delibera le linee generali del provvedimento ma le trattative per la definizione del testo definitivo proseguono, anche per diverse settimane.

Tale prassi fu particolarmente ricorrente durante il primo governo Conte. In quel periodo infatti la maggioranza composta da Movimento 5 stelle e Lega aveva bisogno di dimostrare la propria coesione e la capacità di portare avanti il programma di governo. Successivamente questa prassi è andata un po’ in disuso senza scomparire del tutto. Per quanto riguarda l’attuale esecutivo, solo il decreto legge riguardante il ponte sullo stretto di Messina è stato approvato “salvo intese”.

La distanza tra approvazione e pubblicazione dimostra che i decreti legge non sono utilizzati solo per emergenze.

Tuttavia c’è un’altra dinamica che deve essere tenuta sotto controllo e che interessa molto da vicino anche il governo Meloni. Si tratta dell’intervallo di tempo, spesso molto lungo, che intercorre tra l’approvazione di un provvedimento in consiglio dei ministri e la sua effettiva pubblicazione in gazzetta ufficiale. Sostanzialmente il principio è lo stesso dei decreti approvati salvo intese, solo che in questo caso non viene fatta una specifica dichiarazione in questo senso.

Se si escludono alcuni giorni fisiologici (ad esempio i sabati e le domeniche in cui la gazzetta ufficiale non viene pubblicata), possiamo osservare che nelle ultime 2 legislature i decreti legge entrati in vigore ad almeno 5 giorni di distanza dall’approvazione in consiglio dei ministri sono ben 73. E in molti casi tale intervallo di tempo è stato superiore anche alle 2 settimane. In media intercorrono circa 4,6 giorni tra l’approvazione di un decreto legge e la sua effettiva pubblicazione. Per il momento l’attuale esecutivo presenta un dato di poco sopra la media (4,9 giorni). Si tratta del secondo valore più elevato dopo quello fatto registrare dal governo gialloverde (7,3). Da notare però che sia i governi Draghi (4) che Conte II (3,6) hanno una media inferiore. A conferma del fatto che quando si è costretti a gestire situazioni di effettiva emergenza, questo intervallo di tempo si riduce.

Nel grafico sono riportati esclusivamente i decreti legge per cui è passato un intervallo di tempo minimo di 5 giorni tra l’approvazione in consiglio dei ministri e l’effettiva entrata in vigore. I decreti sono rappresentati in ordine di pubblicazione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati governo.
(ultimo aggiornamento: lunedì 13 Novembre 2023)

Tra i Dl più problematici da questo punto di vista troviamo il decreto sblocca cantieri, risalente al Conte I, per cui sono trascorsi ben 29 giorni tra la deliberazione in Cdm e la pubblicazione in gazzetta ufficiale. Seguono il decreto relativo alle olimpiadi invernali di Milano e Cortina (Conte II), con 27 giorni e il decreto crescita (Conte I) con 26.

Anche alcuni decreti legge emanati dall’attuale esecutivo hanno visto una significativa distanza tra approvazione ed entrata in vigore. Per il decreto 144/2022 relativo al rafforzamento della capacità amministrativa sono serviti 16 giorni (settimo dato più alto in assoluto nelle ultime 2 legislature). Per il già citato decreto relativo al ponte sullo stretto (35/2023) sono stati necessari 15 giorni, mentre per il decreto sud (124/2023) 12.

Foto: governolicenza

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