Definizione
La costituzione rappresenta la carta fondamentale alla base di tutto il sistema istituzionale e del processo legislativo italiano. In essa infatti sono definiti non solo i principi fondamentali della nostra repubblica ma anche i diritti e i doveri dei cittadini oltre alla definizione del quadro organizzativo generale, sia dal punto di vista politico che amministrativo.
Per questo l’ipotesi di una sua modifica deve essere valutata con grande attenzione. A questo fine i costituenti hanno previsto degli strumenti ad hoc. Si tratta della legge costituzionale e di revisione costituzionale. La prima ha una funzione integrativa del testo originario, mentre la seconda opera una modifica alla carta fondamentale.
Entrambe, per entrare in vigore, devono seguire un iter più complesso rispetto alle leggi ordinarie. Sono infatti necessarie due deliberazioni da parte di entrambe le camere, a distanza di almeno tre mesi. La lunghezza e complessità dell’iter è stata pensata dal costituente per assicurare un dibattito ragionato, completo e approfondito.
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Se nella seconda votazione entrambe le camere approvano la legge con una maggioranza dei 2/3 dei rispettivi componenti, il testo si considera definitivamente approvato. In caso contrario la legge può essere sottoposta a referendum popolare. La richiesta di referendum deve essere fatta entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, da parte di 1/5 dei membri di una camera, 500mila elettori o 5 consigli regionali.
Dati
Nell’arco di circa 80 anni – dal 1963 ad oggi – il parlamento ha approvato in totale 21 modifiche della costituzione.
Una prima serie di riforme vide la luce tra il 1963 e il 1967. In questo periodo il parlamento approvò modifiche di sistema molto rilevanti. In particolare si stabilì un numero fisso di deputati e senatori, l’istituzione della regione Molise e la ridefinizione della corte costituzionale.
Un altro periodo molto prolifico fu quello intercorso tra il 1999 e il 2012. In questa fase infatti entrarono in vigore 9 diverse leggi di modifica della costituzione. Tra queste si segnala la riforma del titolo V, promossa dai governi di centrosinistra ma che in buona misura riprese il lavoro già svolto dalla bicamerale. Tale revisione modificò profondamente il rapporto tra lo stato e le autonomie, mentre non fu dato seguito a quanto discusso sulle prerogative dell’esecutivo e del presidente della repubblica. Allo stesso modo, non andarono in porto altri tentativi di modifica operati in questo periodo. Come quello promosso dal governo Berlusconi nella legislatura 2001-2006, finalizzato a rafforzare i poteri del presidente del consiglio e l’assetto federale dello stato.
L’ultima riforma di questa fase, che risale al 2012, prevedeva l’inserimento in costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio e ricevette il voto favorevole di un’ampia maggioranza (all’epoca era in carica il governo Monti). Ciò anche a fronte della difficile situazione finanziaria in cui versava l’Italia in quel momento.
In 80 anni la costituzione è stata rivista più di 20 volte
Le leggi costituzionali e di revisione costituzionale approvate dal 1963 ad oggi
FONTE: elaborazione openpolis su dati senato
(ultimo aggiornamento: giovedì 26 Ottobre 2023)
C’è poi un’ultima fase più recente, legata alla riduzione del numero dei parlamentari approvato nel corso della XVIII legislatura e dei conseguenti correttivi resisi necessari. Quest’ultima fase è iniziata nel 2020 e si è conclusa nel 2022 con l’abbassamento a 18 anni dell’età richiesta per votare per il senato.
Successivamente sono state apportate altre modifiche su materie specifiche, tra cui l’ambiente e lo sport. Da notare che con l’inserimento della tutela ambientale in costituzione è stato anche modificato un articolo – il nono – che fa parte dei principi fondamentali, enunciati nella prima parte della carta.
Analisi
Visto lo scarso successo delle commissioni bicamerali, a partire dalla fine degli anni novanta i governi sono tornati a farsi promotori diretti dei vari tentativi di revisione della costituzione. Ma non sempre questi sono andati a buon fine. Come nel caso della riforma Renzi-Boschi della XVII legislatura. Approvata in parlamento con i soli voti del centrosinistra, questa fu poi respinta dal referendum.
La maggior parte delle riforme approvate è di dettaglio, non si tratta infatti di grandi riforme di sistema.
Situazioni di questo genere hanno talvolta comportato dei problemi non indifferenti. Si pensi al caso delle province: la legge ordinaria Delrio, approvata nel 2014, ha abolito i compensi e l’elezione diretta degli organi provinciali ma non ha potuto cancellare tout court questi enti. Per far questo infatti sarebbe stata necessaria una modifica dell’articolo 114 della costituzione. Cosa che però non è mai avvenuta proprio a causa della bocciatura della riforma Renzi-Boschi. Così le province sono rimaste in un limbo da cui ancora non si è riusciti a trovare una via d’uscita.
Con l’arrivo a palazzo Chigi del governo Meloni si è tornati a parlare di possibili modifiche dell’attuale forma di governo. La bozza approvata in consiglio dei ministri prevede, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente del consiglio e la conseguente riduzione dei poteri del presidente della repubblica. Si tratta di una modifica dalla grandissima rilevanza politica e che andrebbe a modificare in maniera significativa il nostro sistema istituzionale. Un cambiamento così rilevante necessiterebbe di un ampio consenso, sia nelle aule parlamentari che nel paese. Per questo in passato, tentativi in questa direzione sono sempre falliti.
Visto l’iter rafforzato che abbiamo descritto, in ogni caso, un’eventuale proposta di revisione costituzionale in questo senso potrebbe essere discussa ed eventualmente approvata nella parte finale dell’attuale legislatura.