Taglio dei parlamentari, ci siamo dimenticati dei correttivi Parlamento

Confermato in autunno il voto sul referendum, ma l’iter dei correttivi si è fermato. Erano al centro dell’accordo di governo, con l’emergenza Covid19 sono usciti dai radar.

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Dopo un voto di fiducia travagliato, il governo ha ottenuto l’approvazione dell’aula sul decreto elezioni. A settembre si dovrebbe tenere il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Un provvedimento che è stato alla base dell’accordo di governo tra Movimento 5 stelle e centrosinistra.

Ma tra le tante conseguenze della pandemia, anche il blocco di qualsiasi provvedimento parlamentare che non riguardasse l’emergenza Coronavirus. Tra questi anche i correttivi alla riforma, altri 2 disegni di legge costituzionali, che ancora devono essere approvati. Non è chiaro se e quando ricomincerà il loro iter, se verrano approvati, e soprattutto se richiederanno un ulteriore referendum confermativo. Il rischio è quindi di una riforma dimezzata, che creerebbe solo confusione normativa.

L’accordo di governo: taglio sì ma con correttivi

La scorsa settimana è stata confermata la finestra elettorale del 2020. Le varie tornate (comunali, regionali, suppletive) saranno quindi concentrate in un unico election day. La data su cui si sta orientando il governo è il 20-21 settembre. Giorno in cui si dovrebbe anche votare per il referendum costituzionale.

Tra i diversi temi che hanno infatti caratterizzato la XVIII legislatura, c’è stato anche quello del taglio del numero di parlamentari. Provvedimento, fortemente voluto dal Movimento 5 stelle, che ha cominciato il suo lungo iter durante il primo governo Conte (5stelle-Lega). Il percorso per modificare la costituzione infatti richiede una procedura aggravata, più complessa di un normale disegno di legge.

Per l’approvazione delle leggi costituzionali e di revisione costituzionale è necessario seguire una procedura aggravata. Doppia approvazione da parte di entrambi i rami, e la possibilità di chiedere un referendum confermativo ai cittadini. Vai a "Come si modifica la costituzione"

L’ultima fase di questo iter si è conclusa durante il secondo governo Conte (5stelle-centrosinistra). Nonostante infatti il Partito democratico, come anche Liberi e uguali, avesse ripetutamente votato contro il provvedimento nei suoi primi passaggi parlamentari, con il nuovo esecutivo era stata trovata una quadra ben chiara. Il centrosinistra avrebbe sostenuto il provvedimento, con l’accordo di approvare successivamente dei correttivi al testo.

A che punto sono i correttivi

Nello specifico due provvedimenti erano stato individuati come necessari per superare il temporaneo impasse. Al loro interno tre norme:

  • l’abbassamento a 25 anni dell’elettorato passivo e a 18 di quello attivo per il senato;
  • il superamento della base regionale per l’elezione del senato, in favore di una base circoscrizionale;
  • la riduzione da 3 a 2 i delegati regionali che partecipano all’elezione del presidente della repubblica.

I testi sugli ultimi 2 punti erano stati incardinati nel disegno di legge a prima firma Fornaro (Leu), che va a modificare gli articoli 57 e 83 della costituzione. Provvedimento sostenuto da tutta la maggioranza, che però deve ancora ricevere una prima approvazione dell’aula. Proprio nel mese di giugno ne è ricominciato l’iter, con un ciclo di audizioni in commissione affari costituzionali di Montecitorio.

2 i disegni di legge costituzionali che attendono il completamento dell’iter.

L’altro provvedimento invece, a prima firma Brescia (M5s), punta a modificare l’articolo 58 della costituzione. Presentato a gennaio del 2019, a fine luglio dell’anno scorso ha ottenuto una prima approvazione. Via libera raggiunto con un appoggio pan-partisan, essendo stato votato da tutti i gruppi parlamentari della camera. Con la trattazione in senato, il provvedimento è stato discusso congiuntamente con altri 3 disegni di legge e una petizione popolare. A gennaio di quest’anno è stato votato in commissione il testo base assieme agli emendamenti.

Trattandosi in entrambi i casi di disegni di legge che puntano a modificare la costituzione, saranno necessarie in totale 2 approvazioni per ramo.

E ora che succede

Con l’ufficializzazione della finestra elettorale per il referendum, è lecito chiedersi se e quando riprenderà l’iter dei provvedimenti. Com’è normale che sia da inizio febbraio l’emergenza sanitaria Covid19 ha monopolizzato il dibattito politico e parlamentare. Oltre alla conversione in legge dei diversi decreti del governo, camera e senato hanno fatto poco altro.

Con la vittoria del Sì, i correttivi sono necessari per evitare una riforma dimezzata.

Difficile pensare che i testi avanzeranno nel loro iter da qui al giorno del voto, considerando anche la pausa estiva di mezzo. La doppia approvazione richiesta dai disegni di legge costituzionali, come anche la possibilità che richiedano un referendum confermativo, rendono il percorso ancora lungo. Soprattutto perché più passa il tempo, più aumentano le variabili in campo. Su tutti la necessità che una maggioranza politica stabile porti avanti l’iter in maniera spedita e decisa, onde evitare che alcuni pezzi rimangano indietro.

I regolamenti di camera e senato

Tagliare il numero dei parlamentari richiederebbe anche correzioni ai regolamenti di Montecitorio e Palazzo Madama. Sono molti infatti gli articoli in cui si fanno diretti riferimenti al numero di deputati e senatori. Camera e senato lavorano con due regolamenti differenti, e quindi sarà necessario un processo di riforma in entrambi i rami.

47 gli articoli dei regolamenti di camera e senato che andrebbero riformati con una vittoria dal Sì.

Numerosi gli ambiti che necessiterebbero di un intervento. Modifiche che riguarderebbero sia la composizione di organi specifici, sia il funzionamento dei lavori: dalla verifica del numero legale alla richiesta di voto segreto passando per la presentazione di mozioni.

Lecito quindi chiedere al governo cosa abbia intenzione di fare con i correttivi alla riforma costituzionale. Mentre alcuni riguardano scelte politiche, come le modifiche in materia elettorale al senato, altri riguardano il regolare funzionamento delle istituzioni: elezione del capo dello stato, dei membri di Palazzo madama, regolamenti dell’aula e altro. Modifiche che sono quindi necessarie, in un modo o nell’altro, e che non possono essere lasciate indietro.

Un’agenda politica già scritta

Con la vittoria del Sì, l’agenda politica della legislatura sembra essere già scritta: dall’approvazione dei correttivi, alla riforma dei regolamenti parlamentari, passando per la nuova legge elettorale. L’elenco delle norme necessarie per armonizzare il sistema diventerebbe di fatto un calendario dei lavori inevitabile. In questo senso un’eventuale crisi di governo, tanto più una fine anticipata della legislatura, rischierebbe di lasciare molte cose in sospeso.

I molti nodi da sciogliere non sono da sottovalutare, vista la complessità assoluta della materia. Ognuno degli elementi sopra elencati infatti porterà con sé discussioni e riflessioni politiche, soprattutto perché si tratta di riforme che ciclicamente finiscono nell’agenda dei lavori e che altrettanto ciclicamente vengono accantonate per la difficoltà di trovare una quadra.

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