L’accesso all’istruzione terziaria nelle aree interne #conibambini

Dalla presenza di asili nido alla qualità dell’offerta scolastica, è ampio il divario educativo che affligge le aree interne del paese. Un gap che emerge anche nei livelli successivi di istruzione, come quella universitaria.

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Nelle aree interne, i territori più distanti dalle città e dai servizi, l’accesso all’educazione è spesso più difficoltoso, dai primi anni di vita del bambino a tutto il percorso di studi successivo. Un dato che, soprattutto in alcune zone del paese, sembra confermarsi anche nell’istruzione terziaria e universitaria.

Il divario educativo nelle aree interne

Le disparità nell’accesso all’istruzione per i territori meno centrali cominciano alla nascita del bambino. In queste aree del paese è infatti minore la diffusione di asili nido. Mentre nei comuni polo l’offerta di servizi prima infanzia raggiunge i 33 posti ogni 100 bambini, in quelli periferici e ultraperiferici la quota mediamente non arriva al 20%.

Proseguendo nel percorso di studi, le difficoltà per gli alunni nelle aree interne non vengono meno. Accanto alla questione cruciale dei trasporti, con la difficoltà per gli studenti di raggiungere le scuole vicine, è la stessa offerta scolastica di questi territori a essere solitamente più carente.

Le aree interne sono i comuni italiani più periferici, in termini di accesso ai servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità). Per definire quali ricadono nelle aree interne, per prima cosa vengono definiti i comuni “polo”. Per approfondire, vai al glossario dedicato.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Agenzia per la coesione territoriale
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Febbraio 2022)

Pesano fattori come l'elevata mobilità dei docenti, oltre alla presenza classi sottodimensionate e che in alcuni casi comprendono alunni di età diverse. Con la conseguenza che - generalmente - anche il livello degli apprendimenti è più basso in questi territori.

189,38 il punteggio mediano nei test in italiano in terza media nei comuni periferici. Oltre 10 punti in meno rispetto a quello dei poli (200,67 nell'a.s. 2020/21).

Si tratta di divari che non vanno sottovalutati perché finiscono con il rafforzare l'esclusione di ampie parti del paese già periferiche, geograficamente e socialmente. Allontanandole ulteriormente dalle aree urbane, in cui il livello di istruzione è più elevato.

In un mondo in cui la condizione delle persone - e quella dei territori - dipende sempre di più dal capitale educativo di cui dispongono, l'accesso all'istruzione nelle aree interne è un fattore chiave per una loro rinnovata centralità.

L'accesso all'istruzione terziaria nelle aree e interne

Un primo elemento da valutare è quindi quante ragazze e ragazzi che vivono nelle aree interne hanno accesso all'università.

Si tratta di un'informazione molto difficile da ricostruire con i dati disponibili. Tuttavia, possiamo mettere in relazione - per ciascuna provincia - la quota di giovani che vivono nei territori più periferici con quella dei neodiplomati che si iscrivono all'università. Sono 12 le province in cui oltre il 60% dei 18enni vive in un comune di area interna. Si tratta di Isernia, Matera, Nuoro, Enna, Potenza, Caltanissetta, Catania, Bolzano, Agrigento, Chieti, Siracusa e Sondrio.

Il diagramma confronta, per ogni provincia, la quota di 18enni che vivono in aree interne (2020) con la percentuale di neodiplomati che si iscrivono all’università nell’anno di conseguimento del diploma (2019).

Nel calcolo del tasso d’iscrizione all’università della provincia autonoma di Bolzano non sono compresi i circa 7mila giovani che risultano iscritti nelle università pubbliche austriache e che rappresentano più del 50% del totale degli iscritti.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat (Bes)
(ultimo aggiornamento: lunedì 6 Settembre 2021)

Escludendo Bolzano, il cui dato non comprende i giovani che studiano nelle università austriache, in 6 di queste meno della metà dei neodiplomati si è iscritta all'università nel 2019. Da notare come alcuni territori sfuggano completamente a questa tendenza. Isernia, dove la totalità dei giovani vive in aree interne, è anche la provincia con più neodiplomati che si sono iscritti all'università (61%). Non è così per altre realtà importanti del paese, in cui una elevata quota di giovani in comuni periferici si accompagna a un basso tasso di iscrizioni all'università.

47,6% i neodiplomati che si iscrivono all'università in provincia di Enna, meno della media nazionale (51,4%).

Nelle province siciliane con ampie aree interne gli abbandoni scolastici sono più frequenti e il tasso di iscrizione all'università è più basso.

Tra queste Enna, dove quasi il 96% dei giovani vive in aree interne e di questi 2/3 in comuni periferici e ultraperiferici. Qui, come del resto a Caltanissetta, Catania, Agrigento, Siracusa e Sondrio, meno della metà degli studenti che concludono le superiori si iscrivono all'università.

Nell'analizzare questo dato, va peraltro considerato che si tratta di territori - con l'eccezione di Sondrio - ai vertici in Italia per abbandono precoce, quindi lo stesso bacino di neodiplomati appare già ridotto in partenza. Anche in altre aree del paese una quota significativa di 18enni residenti in aree interne si accompagna a tassi di iscrizione inferiori alla media. Tra queste, le province di Foggia, Grosseto, Brindisi, Cosenza, Livorno, Benevento e Ragusa.

Quanti laureati vivono nelle aree interne

I dati indicano una relazione abbastanza nitida: maggiore è la perifericità del territorio, minore la quota di persone con istruzione terziaria. Nei comuni polo, baricentrici in termini di servizi, circa un residente su 3 ha la laurea o un altro titolo di studi terziario.

La quota scende al 24% nei poli intercomunali e al 22,7% nei comuni di cintura (gli hinterland delle città maggiori). Un dato chiaramente collegato alle opportunità di lavoro, maggiori nelle aree urbane rispetto a quelle periferiche e ultraperiferiche.

Il dato calcola la quota di residenti tra 25 e 49 anni che dispongono di:

  • un diploma di tecnico superiore ITS o titolo di studio terziario di primo livello;
  • un titolo di studio terziario di secondo livello / dottorato di ricerca.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente)
(ultimo aggiornamento: giovedì 9 Dicembre 2021)

Difatti, nelle aree interne poco più di un residente su 5 (21,3%) dispone di un titolo terziario. In particolare la quota scende al 21,1% nei comuni periferici e il 20% in quelli ultraperiferici. La quota di laureati si concentra quindi soprattutto nelle città. Come già sottolineato, questo dato evidentemente riflette la diversa offerta occupazionale del territorio. Allo stesso tempo, un divario così ampio rischia di essere allo stesso tempo effetto e causa della marginalità delle aree interne.

L'istruzione è la leva anche per ridurre la marginalità delle aree interne.

Investire sull'istruzione terziaria, anche attraverso i programmi previsti nell'ambito del Pnrr (come alloggi per gli studenti, borse di studio e potenziamento degli Its) può aumentare la possibilità per gli studenti di proseguire gli studi, anche nelle aree interne. Insieme a politiche di sviluppo territoriale mirate, queste azioni possono contribuire, in prospettiva, a rafforzare il capitale educativo e sociale di cui dispongono le parti d'Italia più periferiche e marginali.

Un incremento di cui non gioverebbero solo questi territori, ma di cui beneficerebbe l'intero paese, attualmente uno di quelli con meno giovani laureati nel confronto Ue.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. La fonte dei dati sul livello di istruzione è il censimento permanente di Istat, quella sulla classificazione per aree interne è l'agenzia per la coesione territoriale.

Foto: Università di Pavia (Flickr) - Licenza

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