Le troppe disuguaglianze di genere nell’istruzione #conibambini

Le ragazze sono meno soggette a bocciature, abbandono scolastico e raggiungono più spesso il diploma o la laurea. Ciononostante restano ancora forti divari di genere sulle prospettive e le opportunità successive.

|

Partner

Il divario di genere nell’istruzione si è progressivamente ridotto nell’arco dei decenni. Fino a cambiare segno: oggi le donne tendono ad essere più scolarizzate degli uomini. È infatti meno probabile che abbandonino precocemente gli studi e che ripetano l’anno scolastico. Inoltre raggiungono più spesso della media un’istruzione di livello terziario, universitario o superiore.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat e Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 1 Luglio 2019)

Nonostante ciò, i dati sul mercato del lavoro continuano a mostrare che le maggiori competenze acquisite spesso non si traducono in maggiori tassi di occupazione né in redditi più alti.

 

Le cause della disparità tra istruzione e lavoro

Le ragioni di questa tendenza possono essere principalmente due. Da un lato, incide il fatto che le attività di cura familiare - specie in assenza di servizi come gli asili nido - gravano ancora soprattutto sulle donne. Ciò può comportare interruzioni e rallentamenti nel percorso lavorativo, con effetti sperequativi tra donne e uomini.

L'educazione è uno strumento fondamentale per promuovere la parità di genere.

Ma la causa spesso risiede anche in una disparità educativa. Nonostante i tentativi di incoraggiare la diversità di genere nella scelta del percorso di studi e delle carriere, la strada verso la parità è ancora lunga. I rapporti Education at a glance indicano come sia ancora bassa la percentuale di donne sul totale dei laureati nelle tecnologie dell'informazione e in ingegneria. Una tendenza che esiste in tutti i paesi Ocse, e vale in particolare per l'Italia. Ciò genera disparità nei percorsi di carriera successivi: si tratta infatti di discipline che nel mercato del lavoro attuale sono maggiormente richieste ed offrono maggiore stabilità lavorativa e redditi medi più alti.

Alla stregua di tutti i paesi dell’Ocse [in Italia, ndr] gli uomini rappresentano la grande maggioranza dei laureati di primo e secondo livello nel campo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (79% di primo livello e 86% di secondo) e in ingegneria, produzione industriale e edilizia (69% e 73%). (...) L’Italia registra il divario di genere più pronunciato tra i paesi dell’Ocse a riguardo delle lauree nel settore educativo: le donne rappresentano il 94% dei titolari di una laurea di primo livello e il 91% di una laurea di secondo livello.

È stato indagato come queste disparità possano avere origine, oltre che nelle scelte personali, anche in stereotipi di genere, che possono finire con l'incoraggiare o meno certi percorsi di studio.

I genitori possono dare ai figli e alle figlie lo stesso sostegno e incoraggiamento per tutte le attività scolastiche e le aspirazioni per il loro futuro. I risultati dello studio Pisa indicano che non è sempre così. In tutti i paesi e le economie che hanno raccolto dati anche sui genitori degli studenti, i genitori sono più propensi a pensare che i figli maschi, piuttosto che le figlie, lavoreranno in un campo scientifico, tecnologico, ingegneristico o della matematica – anche a parità di risultati in matematica.

Le ricerche di Unicef sembrerebbero confermare questo aspetto, indicando come l'infanzia sia un'età più egualitaria di quanto ritenuto in passato. Le differenze di genere nell'istruzione, come in altri campi, spesso emergono durante l'adolescenza. Ad esempio con l'aumento del gap maschi-femmine sull'acquisizione delle competenze, con le ragazze che consolidano il vantaggio su quelle alfabetiche a discapito di quelle numeriche.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat (Bes 2019)
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

Processi che innescano un divario nei percorsi di studio e lavorativi successivi, sommandosi alle disparità già esistenti. La conseguenza è che attualmente una bambina ha meno probabilità di un coetaneo maschio essere occupata da adulta e avrà più probabilmente una retribuzione media più bassa. Ma come cambiano queste tendenze nelle diverse aree del paese?

La partecipazione ai percorsi di istruzione

La quota di donne diplomate o laureate è in aumento costante, e come abbiamo visto ha superato la rispettiva percentuale per gli uomini. Ma questa crescita ha avuto un andamento molto differenziato tra le diverse aree del paese. Tra 2004 e 2017 la percentuale di donne con diploma o laurea è cresciuta di 16 punti al nord, di 15,4 nel centro, mentre al sud si registra una crescita più contenuta (+11,5 punti).

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat (Bes 2018)
(ultimo aggiornamento: martedì 18 Dicembre 2018)

Nell'arco del periodo considerato, gli aumenti maggiori si sono registrati in Toscana, passata dal 49,3% di donne diplomate al 68,7% (+19,4 punti percentuali). A seguire le tre regioni del Triveneto (Veneto +19,2 punti; Friuli Venezia Giulia +19; Trentino Alto Adige +17,8). Da notare la crescita di 16 punti di una regione del sud, la Basilicata, passata dal 46,2% del 2004 al 62,2% del 2017.

50,2% delle donne pugliesi hanno il diploma o la laurea, la quota più bassa tra le regioni italiane.

Ma le maggiori regioni meridionali in realtà registrano gli incrementi più contenuti, rimanendo agli ultimi posti per percentuale di diplomate e laureate. In Calabria le donne con almeno il diploma sono aumentate meno di 9 punti (dal 46,4 al 55,3%). In Sicilia e in Puglia l'aumento è stato di poco più di 10 punti, dato che le pone agli ultimi posti nella classifica 2017, con appena la metà di donne diplomate o laureate.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat (Bes 2018)
(ultimo aggiornamento: martedì 18 Dicembre 2018)

Le regioni con meno diplomate sono anche quelle con la minore occupazione femminile. E spesso coincidono con quelle con il maggior divario uomo-donna nel lavoro. Questo pone problemi di due tipi. In primo luogo, la disparità tra donne e uomini che dal campo dell'istruzione si trasmette in quello del lavoro. In secondo luogo, è un problema di povertà educativa sia per le famiglie, costrette a contare solo su un solo reddito, sia per le opportunità che vengono offerte alle bambine e alle ragazze rispetto ai propri coetanei.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 8 Agosto 2019)

I divari di genere nei territori

Con i dati raccolti durante il censimento, possiamo confrontare anche a livello locale le differenze nel livello di istruzione e nel tasso di occupazione esistenti tra donne e uomini.

Il divario sui livelli di istruzione è misurato attraverso il rapporto percentuale tra le popolazione maschile (dai 6 anni in su) diplomata e quella femminile della stessa età e con la stessa condizione educativa. Più semplicemente: ogni 100 donne diplomate quanti sono gli uomini? Se il dato supera 100, gli uomini diplomati sono più delle donne; viceversa se l'indicatore non arriva a 100 le donne sono più spesso laureate.

Nonostante nelle generazioni più giovani la tendenza veda una maggiore scolarizzazione delle donne, come si nota dalla mappa a livello di popolazione totale è così solo in una minoranza di province. Principalmente nell'Italia centrale, tra Toscana, Emilia Romagna e Marche; in quella nord-occidentale.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat (censimento 2011)
(ultimo aggiornamento: sabato 31 Dicembre 2011)

Meno frequente nel mezzogiorno, con alcune eccezioni. In questo senso basta osservare il dato della Sardegna e di alcune province della Sicilia orientale. Va comunque tenuto presente che in alcune realtà del paese il dato può essere influenzato dal livello di istruzione medio generale.

Difatti praticamente ovunque il gap di genere nell'occupazione è a sfavore delle donne. Le distanze più ampie si registrano nel sud, soprattutto in Sicilia e Puglia. Nella provincia di Barletta-Andria-Trani ci sono 30 punti di divario tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile. In quella di Caltanissetta 26,3; a Foggia 25,6; seguono con dati poco inferiori Bari, Ragusa, Siracusa e Agrigento.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat (censimento 2011)
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2012)

Il dato siciliano è particolarmente interessante, perché è emblematico di come i divari sull'istruzione e quelli sull'occupazione possano presentare segni diversi. In particolare nei territori dove i differenziali sull'istruzione sono causati soprattutto dal basso livello di scolarizzazione maschile.

Per approfondire la questione comune per comune, possiamo utilizzare come indicatore la percentuale di donne tra 19 e 34 anni con diploma o laurea sul totale della popolazione. Sappiamo che il dato mediano nazionale al momento del censimento era del 70%. Una quota perfettamente in linea con la mediana registrata in Sicilia.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat (censimento 2011)
(ultimo aggiornamento: sabato 31 Dicembre 2011)

Invece tra le province siciliane si registra una variabilità piuttosto ampia: dal 74% di Messina al 62,5% di Ragusa. A livello di comuni, tra i capoluoghi spiccano Enna (79%) e Agrigento (78%), con quasi 8 donne su 10  diplomate o laureate nella fascia d'età tra 19 e 34 anni. Seguono Ragusa (75%), Siracusa (72%) e Messina (71%). Agli ultimi 2 posti tra i capoluoghi troviamo le due maggiori città dell'isola, Palermo (64%) e Catania (62%).

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. La fonte dei dati sull'indice di possesso del diploma di scuola secondaria di 2° grado tra i residenti di età compresa tra 19 e 34 anni è Istat. I dati sono relativi al 2011, essendo stati raccolti in occasione del censimento.

PROSSIMO POST