Il livello di partecipazione ai lavori parlamentari e il tema missioni Presenze e assenze

Il monitoraggio delle presenze in aula di deputati e senatori è un indicatore utile per valutare l’operato dei nostri rappresentanti. Tuttavia permangono alcune zone d’ombra, specie per quanto riguarda le missioni.

|

Il livello di partecipazione di deputati e senatori ai lavori delle rispettive aule è un tema che riscuote sempre grande attenzione. Specie in un periodo storico come questo in cui la politica, anche a seguito delle recenti vicende che hanno portato alla conferma di Sergio Mattarella al Quirinale, ha bisogno di recuperare credibilità agli occhi dell’opinione pubblica.

In base ai dati più recenti, relativi al 10 febbraio scorso, possiamo osservare come la percentuale media di assenze in parlamento sia superiore al 15%. Tra camera e senato tuttavia si registrano delle differenze piuttosto significative. Mentre a Montecitorio la percentuale di mancate partecipazioni risulta del 18%, a palazzo Madama si attesta sul 7,7%, meno della metà. Questa discrepanza è parzialmente attribuibile al fatto che il governo Conte II godeva di una maggioranza molto ristretta in questo ramo del parlamento. Perciò gli esponenti dell’ex coalizione giallorossa non potevano permettersi di mancare.

15,2% la percentuale media di assenza alle votazioni dei parlamentari.

Rispetto al nostro ultimo articolo possiamo osservare un lieve incremento nel tasso medio di assenteismo (+1,1 punti percentuali). Le motivazioni di questa tendenza possono essere molteplici. Tra queste, il fatto che la legislatura sta entrando nella sua parte conclusiva. Deputati e senatori hanno dunque più interesse a riallacciare i rapporti con i loro elettori piuttosto che partecipare alle attività delle camere. Un altro elemento che certamente ha influito riguarda il fatto che, a differenza del governo Conte II, l’attuale esecutivo non ha problemi di numeri in nessuna delle due camere. Di conseguenza i parlamentari sentono in misura minore la responsabilità di dover partecipare alle sedute.

Come si conteggiano le assenze dei parlamentari

Per valutare il livello di partecipazione di deputati e senatori non è sufficiente tenere conto solamente della loro presenza in aula all’inizio dei lavori. Questo perché all’interno di una singola seduta possono svolgersi anche più voti su argomenti diversi. Il fatto che un membro del parlamento risulti presente all’inizio dei lavori quindi non significa che parteciperà per la loro intera durata. Per questo è necessario conteggiare il numero di singole votazioni a cui ogni parlamentare partecipa.

È possibile ricavare i dati sulle presenze dei parlamentari dai risultati delle votazioni elettroniche. Vi sono però problemi di trasparenza e completezza. Vai a "Come si contano assenze, presenze e missioni parlamentari"

Nella stragrande maggioranza dei casi, il voto avviene in forma elettronica. I dati relativi all’andamento di questi scrutini sono quindi uno strumento fondamentale per monitorare l’attività del parlamento e dei suoi membri. Da inizio legislatura ce ne sono state 10.091 alla camera e 7.560 al senato. È su questa base che possiamo valutare il livello di partecipazione ai lavori delle camere.

17.651 votazioni elettroniche effettuate dall’inizio della legislatura alla camera e al senato.

Ciò detto, è importante distinguere tra assenze tout court e missioni. Infatti nel caso in cui un parlamentare sia impossibilitato a partecipare ai lavori dell’aula perché impegnato in altri compiti istituzionali (come la partecipazione alle sedute di una commissione o alle riunioni di governo) questi viene classificato come “in missione”. In questo caso l’assenza è giustificata e al parlamentare non viene decurtata la diaria (cioè il rimborso per le spese di soggiorno a Roma). I dati sin qui riportati, e quelli che vedremo a breve, fanno riferimento alle sole assenze. Ma nei prossimi paragrafi approfondiremo anche il tema delle missioni.

I numeri della XVIII legislatura

Sulla base dei dati legati alla mancata partecipazione alle votazioni elettroniche possiamo osservare che la maggior parte dei parlamentari presenta un tasso di assenteismo compreso tra lo 0% e il 25%. Parliamo di 790 appartenenti a camera e senato (l’83% del totale).

La percentuale media di assenza dei parlamentari è in aumento.

Ci sono poi 125 parlamentari con una percentuale di assenze compresa tra il 25% e il 50%. Infine abbiamo 36 deputati e senatori che non hanno partecipato a oltre la metà delle votazioni elettroniche effettuate dal 2018 a oggi. È interessante notare che rispetto al precedente aggiornamento sono diminuiti i parlamentari che rientrano nella fascia di assenze più alta (erano 49). Allo stesso tempo sono aumentati sia quelli nella fascia più bassa che quelli nella fascia compresa tra il 25 e il 50% di assenze. Nonostante questo però il livello medio di mancate partecipazioni è aumentato.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 10 Febbraio 2022)

Analizzando i dati per singola aula possiamo osservare inoltre che a Montecitorio i deputati con un tasso di assenteismo compreso tra lo 0% e il 25% sono 492 mentre quelli con una percentuale di assenza compresa tra il 25% e il 50% sono 110. Solo 27 invece hanno partecipato a meno del 50% delle votazioni elettroniche. Da tenere presente tuttavia che in questo conteggio è ricompreso anche il presidente della camera Roberto Fico che però per prassi non partecipa alle votazioni.

A palazzo Madama invece 298 senatori su 321 rientrano nella fascia compresa tra lo 0% e il 25% di assenze. Solo 22 senatori fanno registrare un livello di assenteismo superiore. Anche in questo caso però ci sono dei casi particolari da considerare. In tale gruppo infatti rientra anche in questo caso la presidente dell’assemblea, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ci sono poi 3 senatori a vita ovvero Liliana Segre, Renzo Piano e Carlo Rubbia.

Le performance dei parlamentari e dei gruppi

Un dato interessante da valutare, oltre a quelli sui singoli esponenti, è quello relativo ai gruppi parlamentari. Per quanto riguarda Montecitorio, possiamo notare come la formazione meno presente in aula è Forza Italia (30% di assenze). Seguono il gruppo misto (23,9%) e Liberi e uguali (22,7%). I meno assenteisti sono invece gli esponenti del Movimento 5 stelle con il 12,3% di mancate partecipazioni alle votazioni elettroniche.

Nell'analizzare questi i dati bisogna ovviamente tenere conto anche della consistenza numerica dei gruppi. In formazioni piccole infatti, come ad esempio Leu alla camera, basta anche solo un deputato particolarmente assenteista per far aumentare notevolmente il dato medio.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 10 Febbraio 2022)

A livello di singoli invece è interessante osservare che rientra nella fascia di assenteismo più alta anche il segretario del Partito democratico Enrico Letta. Il leader dei Dem infatti è entrato in parlamento lo scorso 6 ottobre a seguito della vittoria alle elezioni suppletive nel collegio di Siena. Da quel momento però ha partecipato solamente a 171 votazioni elettroniche su 714 (80,7% di assenze). Tra i più assenteisti troviamo poi anche altri nomi noti. Tra questi quello di Michela Vittoria Brambilla (99% di assenze) e Vittorio Sgarbi (79%).

Per quanto riguarda invece il senato, i dati ci dicono che il gruppo con la più alta percentuale di mancate partecipazioni alle votazioni elettroniche è il misto (15,9%). Seguono Italia viva e Fratelli d’Italia con un valore intorno al 12%. Anche qui gli appartenenti al gruppo del Movimento 5 stelle fanno registrare una percentuale di assenze molto bassa (2,9%) ma in questo ramo del parlamento la Lega fa meglio (2,6%).

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 10 Febbraio 2022)

Al senato il tasso di assenteismo si conferma più basso rispetto alla camera.

Pur tenendo presente che la percentuale di assenze è significativamente più contenuta rispetto agli omologhi della camera, anche al senato troviamo molti politici noti al grande pubblico tra gli esponenti più assenteisti. Tra questi possiamo citare Ignazio La Russa (che però ricopre anche la carica di vice presidente dell’assemblea, 58%), Niccolò Ghedini (67,3%), Matteo Renzi (41%), Emma Bonino (34,7%), Paolo Romani (29,3%) e Daniela Santanché (27%).

Il tema missioni

La partecipazione alle votazioni è solo uno degli aspetti di cui si compone l’attività dei parlamentari. Questi infatti possono essere anche chiamati a svolgere incarichi ulteriori. Come quello di ministro, viceministro o sottosegretario nel governo. Altri ruoli che possono essere ricoperti dai parlamentari sono quelli di presidente di commissione, di componente dell’ufficio di presidenza, di questore e altro ancora.

Queste attività spesso vanno a sovrapporsi ai lavori dell’aula, rendendo di fatto impossibile partecipare per i parlamentari con doppi ruoli. In questi casi quindi l’assenza alle votazioni è giustificata e il parlamentare viene classificato come “in missione”. La più immediata conseguenza di questa distinzione è che l’assenza non viene conteggiata ai fini del conseguimento del numero legale. Le missioni devono quindi essere conteggiate a parte rispetto alle altre assenze.

914.315 le mancate partecipazioni a votazioni elettroniche dovute a missioni nel corso della XVIII legislatura.

Analizzando i dati possiamo osservare come l’incidenza delle assenze dovute a missioni si attesti intorno al 10% in entrambi i rami del parlamento. Con una leggera prevalenza della camera (10,8%) rispetto al senato (10,4%). A Montecitorio notiamo che tra i primi 5 deputati più spesso in missione troviamo 4 esponenti del Movimento 5 stelle e uno del Partito democratico. Si tratta in particolare di:

  1. Manlio Di Stefano (M5s, sottosegretario agli esteri - 95.3% di assenze dovute a missioni);
  2. Luigi Di Maio (M5s, ministro degli esteri - 93,3%);
  3. Laura Castelli (M5s, viceministro all'economia - 88,9%);
  4. Carlo Sibilia (M5s, sottosegretario agli interni - 88,1%);
  5. Lorenzo Guerini (Pd, ministro della difesa - 82,8%).

Il fatto che molti deputati assenti per missione appartengano al M5s non deve stupire. Come noto, infatti i 5 stelle sono l’unica forza politica ad essere sempre stata al governo. Ne consegue quindi che molti dei suoi esponenti sono stati impegnati in almeno 1 dei 3 esecutivi che sin qui hanno caratterizzato la XVIII legislatura.

A palazzo Madama invece se si escludono i senatori a vita Giorgio Napolitano e Mario Monti i 5 esponenti più in missione sono quasi tutti della Lega. Parliamo di:

  1. Ricardo Antonio Merlo (misto, sottosegretario agli esteri nei governi Conte I e II - 93,9%);
  2. Gian Marco Centinaio (Lega, sottosegretario delle politiche agricole - 78,6%);
  3. Giulia Bongiorno (Lega, ministro per la pubblica amministrazione nel governo Conte I - 73,3%);
  4. Erika Stefani (Lega, ministro per la disabilità - 71%);
  5. Matteo Salvini (Lega, ministro dell'interno nel governo Conte I - 69,8%).

Anche l’attuale segretario del Carroccio figura quindi tra i senatori più spesso in missione. Ciò è parzialmente dovuto al ruolo di vice presidente del consiglio e ministro dell’interno che ha ricoperto durante il primo governo Conte. Il leader leghista tuttavia ha fatto un uso un po’ disinvolto dell’istituto delle missioni. Salvini infatti ha dichiarato come impegni istituzionali alcuni appuntamenti elettorali che lo hanno visto protagonista durante la campagna per le europee del 2019. Ma non è stato l’unico a muoversi in questo modo. Come abbiamo raccontato in un precedente approfondimento infatti anche l’altro vicepresidente del consiglio del governo Conte I, il pentastellato Luigi Di Maio, ha fatto altrettanto.

L’istituto delle missioni presenta dei punti oscuri.

In effetti l’istituto delle missioni presenta ancora oggi dei lati poco chiari. Infatti spesso non sono riportate le motivazioni per cui un parlamentare viene considerato in missione. Alla fine di ogni seduta il presidente dell’aula li elenca, tuttavia non si precisa l’attività esatta che ne giustifica l’assenza, né la durata. Un esempio di questa dinamica è quello dello storico leader della Lega Umberto Bossi. Questi infatti figura tra i senatori più spesso in missione (64,9%) anche se attualmente non risulta ricoprire altri incarichi istituzionali se non quello di componente della commissione parlamentare su territorio e ambiente.

Ciò detto bisogna anche tenere presente che molti parlamentari possono essere legittimamente in missione anche senza ricoprire incarichi di governo o ruoli di vertice in una delle due aule. Ad esempio molti parlamentari si recano spesso all'estero per incontrare loro omologhi, cittadini italiani residenti in altri paesi o altro ancora.

Le missioni, il Covid e la necessità di maggiore trasparenza

La poca chiarezza intorno alle missioni peraltro ha fatto sì che lo strumento fosse utilizzato anche per risolvere le questioni legate ai parlamentari impossibilitati a partecipare alle sedute perché affetti da Covid-19 o comunque in isolamento. Nell’ottobre del 2020 ad esempio mancò per due volte il numero legale su una risoluzione legata ad una informativa del ministro Roberto Speranza sulle misure che il governo intendeva adottare in quel momento per fronteggiare l’emergenza.

Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale

Per evitare che una situazione del genere si ripresentasse, la giunta per il regolamento della camera optò per una interpretazione “estensiva” delle norme e classificò come in missione tutti i parlamentari assenti poiché contagiati o in attesa del responso. Un caso simile era già accaduto a febbraio dello stesso anno in senato, quando lo stesso orientamento fu adottato nei confronti di un senatore proveniente dalla zona di Codogno.

Non esistono criteri chiari che definiscano l'istituto delle missioni.

Grazie a questo escamotage a Montecitorio è stato possibile superare l’impasse di quei giorni anche se questa scelta ha generato molte polemiche. In particolare sull’opportunità di far votare un’aula dove potenzialmente potrebbe non essere presente la metà più uno dei componenti, anche su temi che in questi mesi hanno creato forti tensioni come appunto le restrizioni dovute alla pandemia o l’introduzione del green pass. Anche per questi motivi, sarebbe auspicabile maggiore chiarezza relativamente all’istituto delle missioni.

Allo stato attuale invece molto dipende dalla discrezionalità del presidente di assemblea che delibera sulle richieste presentate in questo senso dai parlamentari. Inoltre non esiste un registro in cui sia indicato in che tipo di attività un parlamentare è impegnato e per quanto tempo.

Una confusione peggiorata dal fatto che, anche se formalmente in missione, i parlamentari possono comunque partecipare lo stesso alle votazioni. Un'eventualità che non si verifica di rado. Mancano inoltre strumenti per arginare l’uso improprio dell'istituto. Uno sforzo per una maggiore trasparenza in questo senso non solo permetterebbe di avere un quadro più chiaro della situazione ma consentirebbe alla classe politica di recuperare parte della propria credibilità.

Foto: Facebook - Roberto Fico

PROSSIMO POST