I minori restano la fascia più colpita dalla povertà assoluta #conibambini

Gli ultimi dati Istat confermano che i minori restano la fascia d’età più spesso in povertà assoluta, come ormai da oltre un decennio. In questo quadro, il contrasto della povertà educativa minorile è un investimento sul futuro demografico ed economico del paese.

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Nel 2022 il 13,4% dei bambini e dei ragazzi che vivono in Italia si è trovato in povertà assoluta. Si tratta della condizione in cui una famiglia non può permettersi un paniere di spese considerato essenziale per mantenere uno standard di vita minimamente accettabile.

Parliamo di oltre un milione di persone con meno di 18 anni. Una cifra in crescita, come descritto nell’ultimo rapporto di Istat, anche per l’impatto dell’inflazione sulle famiglie.

1,27 milioni le persone di minore età in povertà assoluta nel 2022.

La revisione metodologica avvenuta quest’anno non consente confronti di lungo periodo sulla condizione minorile. Sarà necessario aspettare il rilascio della serie storica ricostruita, previsto dall’istituto alla fine del 2023, per valutazioni più approfondite.

Ma la nuova pubblicazione conferma un dato consolidato, da oltre un decennio. Bambine e bambini sono la fascia d’età più soggetta alla povertà assoluta.

La fascia d’età più spesso in povertà assoluta

Una delle conseguenze dell’inflazione seguita alla fase post-pandemica è stato l’aumento della popolazione scesa al di sotto della soglia di povertà assoluta.

Sono 5,6 milioni le persone povere nel 2022, pari al 9,7% dei residenti in Italia. Un dato in crescita rispetto al 9,1% dell’anno precedente. Di queste, oltre una su 5 è minorenne.

Tra i residenti con meno di 18 anni infatti la quota di poveri assoluti raggiunge il 13,4%, quasi 4 punti in più del dato medio della popolazione. Anche nel 2022, quindi, tendenzialmente al diminuire dell’età cresce l’incidenza della povertà assoluta. Un trend che – come abbiamo avuto modo di raccontare in passato – è stata una costante dagli anni successivi alla crisi del 2008.

Una persona si trova in povertà assoluta quando vive in una famiglia che non può permettersi l’insieme dei beni e servizi che, nel contesto italiano, sono considerati essenziali per mantenere uno standard di vita minimamente accettabile.

A seguito di una revisione metodologica avvenuta nel 2023, questi dati non sono confrontabili con la serie storica precedente. Entro la fine del 2023 è stato previsto dall’istituto il rilascio della serie storica ricostruita. Il 2021 è già stato ricostruito secondo la nuova metodologia.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: mercoledì 25 Ottobre 2023)

I bambini sotto i 3 anni sono quelli più spesso in povertà.

Sono soprattutto alcune fasce d’età a risentirne particolarmente. Tra 0 e 3 anni si raggiunge l’incidenza massima: il 14,7% dei bambini più piccoli vive in povertà assoluta. La quota supera il 14% anche tra i 4 e i 6 anni (14,3%), ed è poco inferiore in quella successiva (13,6% tra 7 e 13 anni). Sopra la media anche gli adolescenti tra i 14 e i 17 anni (11,7%).

Le maggiori difficoltà nel mezzogiorno, ma non solo

L’analisi rispetto alle diverse aree del paese restituisce una situazione critica sull’intero territorio nazionale, in particolare nel sud e nelle isole.

Nel mezzogiorno il 15,9% dei residenti sotto i 18 anni si è trovato in povertà assoluta nel 2022. Più della media nazionale per i minori (13,4%) e di quella per l’intera popolazione (9,7%). Nel centro e nel nord del paese l’incidenza tra i minorenni si attesta rispettivamente all’11,5% e al 12,3%. Sebbene inferiore rispetto a quanto visto per il sud, è comunque superiore a quella dell’intera popolazione.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: mercoledì 25 Ottobre 2023)

Inoltre è importante sottolineare come nella fascia d’età tra 0 e 3 anni i livelli di povertà assoluta registrati nell’Italia centro-settentrionale siano molto elevati, superando in entrambi i casi il 15%.

In tutte le altre fasce d’età, e nella media della popolazione minorile, è invece il mezzogiorno a mostrare le maggiori criticità.

Il contrasto della povertà minorile è strategico nelle politiche per la natalità.

Dal momento che i minori di 18 anni sono la fascia d’età che più spesso vive nell’indigenza, è fondamentale mappare la presenza di bambini e ragazzi sul territorio nazionale. Per comprendere – e poter contrastare – una dinamica che rappresenta un vero e proprio circolo vizioso. Da un lato, i territori con più minori sono oggi potenzialmente più esposti al fenomeno della povertà, che per l’appunto colpisce soprattutto le famiglie in cui vivono figli piccoli. Dall’altro, proprio l’incidenza della povertà, se non contrastata, rischia di diventare un ulteriore incentivo alla denatalità e allo spopolamento.

In quali aree del paese vivono più minori

Dal momento che bambini e ragazzi sono la fascia d’età più esposta alla povertà assoluta, è fondamentale essere in grado di mapparne l’incidenza sul territorio nazionale.

In media, il 15,6% di chi vive in Italia ha meno di 18 anni. La quota supera il 17% in Trentino-Alto Adige (17,8%) e Campania (17,4%), mentre all’estremo opposto non raggiungono il 14% Molise (13,2%), Liguria (13,4%) e Sardegna (13,6%).

Alcune province dell’isola, come Oristano e Sud Sardegna, si collocano addirittura sotto la media regionale. I due territori sardi, con circa 12 minori ogni 100 residenti, sono le aree del paese con meno abitanti under-18. Poco sopra, con circa il 13% della popolazione in età minorile, si trovano una serie di province del centro-nord: Biella, Savona, Rovigo, Ferrara, Massa-Carrara e Trieste. Mentre sono la provincia autonoma di Bolzano, la città metropolitana di Napoli e l’area di Caserta a spiccare per quota di minori.

2 le province con oltre il 18% di minori: Bolzano e Napoli.

L’incidenza della popolazione minorile è ancora più differenziata se osservata comune per comune. Tra i comuni capoluogo, spicca Crotone, con il 17,6% di residenti con meno di 18 anni. Seguono altre città del mezzogiorno – come Andria (17,5%), Napoli e Palermo (entrambe al 17,3%), Catania (17,1%) – oltre a Bolzano (17%).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Gennaio 2022)

Agli ultimi posti per incidenza di bambini e ragazzi sul totale della popolazione troviamo invece tre comuni capoluogo della Sardegna: Carbonia (11,1%), Oristano e Cagliari (entrambi all’11,6%). Poco sopra le città dell’isola si collocano i comuni di Ferrara (12,6%), Ascoli Piceno (12,7%) e Biella (12,9%).

Contrastare la povertà minorile è investire sul futuro del paese

Abbiamo visto come, in media, il 15,6% di chi vive in Italia abbia meno di 18 anni. Come conseguenza del declino demografico, questa quota negli anni è diminuita in modo significativo. Basti pensare che circa dieci anni fa, nel 2012, il 17% circa della popolazione era minorenne. Oltre 10 milioni di bambini e ragazzi, quasi un milione in più di oggi.

-915.130 minori residenti in Italia tra 2012 e 2022.

Una tendenza che non può non essere letta in parallelo con l’aumento della povertà tra le famiglie, in particolare quelle con figli minori. Se alla nascita di un figlio cresce il rischio per molti nuclei di trovarsi in povertà assoluta, anche l’impatto sulla natalità diventa prevedibile.

Le politiche di sostegno alla condizione delle famiglie sono centrali per contrastare questa tendenza. Possono essere attuate con un insieme di strumenti diversi, tra cui quelli per evitare di ricadere nell’esclusione sociale.

L’investimento su servizi e istruzione può rompere il circolo vizioso della povertà.

Ma altrettanto importante è l’investimento sulle infrastrutture sociali e sulla rete di servizi sociali ed educativi che possono contenere le spese delle famiglie per garantire un’educazione di qualità ai propri figli.

Educazione da intendere a tutto tondo: dalla scuola alla possibilità di avere accesso ad attività culturali, sportive, sociali. Con l’obiettivo di rompere il circolo vizioso che si instaura tra una condizione di povertà economica e la povertà educativa.

Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda. Le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle opportunità educative, culturali e sociali, costituendo un ostacolo oggettivo per i bambini e i ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate. A sua volta, la bassa istruzione riduce le opportunità occupazionali, generando un circolo vizioso. Vai a “Quali sono le cause della povertà educativa”

Nel breve periodo, politiche che potenzino i servizi sociali ed educativi contribuiscono creare un ambiente più favorevole per le famiglie che scelgono di avere un figlio. Nel lungo periodo, è anche un vero e proprio investimento sull’istruzione della prossima generazione, sulle sue capacità e competenze. Ponendo le condizioni per la crescita economica e sociale del paese nei prossimi anni.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi ai residenti per fascia d’età sono di fonte Istat.

Foto: Kelly Sikkema (Unsplash)Licenza

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