Come abbiamo già raccontato nella nostra guida alle elezioni, la gran parte dei parlamentari uscenti è stata ricandidata dalle varie forze politiche. Di questi 619 deputati e senatori, circa la metà è stata confermata e contribuirà a comporre le camere della XIX legislatura.

302 i parlamentari della XVIII legislatura che sono stati rieletti.

In questo quarto capitolo ripercorreremo l’attività degli esponenti “confermati” attraverso due indicatori: il tasso di partecipazione ai lavori delle camere e gli eventuali cambi di gruppo. Si tratta di dati rilevanti, non solo perché godono sempre di grande attenzione presso media e opinione pubblica, ma anche perché possono fornirci qualche indicazione utile sul possibile andamento della legislatura appena iniziata.

Come noto infatti l’attuale parlamento è composto da un numero ridotto di rappresentanti. Di conseguenza un’alta partecipazione ai lavori delle camere sarà fondamentale per assicurare la piena funzionalità di tutti gli organismi che le compongono.

Per quanto riguarda i cambi di gruppo invece, possiamo osservare che molti tra i parlamentari uscenti e ricandidati si erano riposizionati nella scorsa legislatura. Pochi tra questi però hanno effettivamente ottenuto un seggio. In un parlamento dove molti gruppi hanno numeri ridotti, valutare il rischio di possibili abbandoni è un elemento molto importante per le stesse forze politiche.

I dati sulle presenze nella XVIII legislatura dei parlamentari rieletti

Per valutare l’effettiva presenza in aula di deputati e senatori è possibile conteggiare la partecipazione ad ogni singola sessione di voto (purché avvenga in modalità elettronica). Ciò perché all’interno di una seduta si possono svolgere anche più votazioni e non è detto che un parlamentare partecipi dall’inizio alla fine.

Per analizzare compiutamente questi dati tuttavia è importante tenere presente due elementi. Il primo riguarda il fatto che i regolamenti di camera e senato non prevedono la registrazione del motivo di un’assenza al voto. Non è quindi possibile distinguere l’assenza ingiustificata da quella, ad esempio, per ragioni di salute. Inoltre è importante fare una distinzione tra assenze tout court e missioni. Rientrano in questa seconda tipologia tutte le mancate partecipazioni attribuibili ad impegni istituzionali (come ad esempio le assenze dovute a incarichi di governo). Per questi motivi ci concentreremo sulla percentuale di presenze piuttosto che su assenze e missioni. Pur con i limiti che questo indicatore comporta.

Tra i 302 parlamentari “rieletti” il livello di partecipazione alle sedute delle camere è molto eterogeneo. Si passa infatti da esponenti con un’altissima percentuale di presenze a chi invece in parlamento non c’è quasi mai andato. Considerando complessivamente entrambe le camere, possiamo osservare che la maggior parte degli esponenti confermati (162) ha una percentuale di presenze in aula compresa tra il 75,1% e il 100%. C’è una quota consistente di rieletti però che nella legislatura precedente ha fatto registrare una quota di partecipazione inferiore al 50%.

61 su 302 i parlamentari rieletti con una percentuale di presenze inferiore al 50% nella XVIII legislatura. 

Tra questi, 15 hanno una percentuale di presenze inferiore al 25%. La Lega è la forza politica che ha rieletto il maggior numero di parlamentari (9) con un tasso di partecipazione compreso tra lo 0% e il 25% durante la scorsa legislatura. Il Carroccio d’altra parte ha anche rieletto il maggior numero di parlamentari che rientrano nella più alta fascia di partecipazione (38). Valori simili però anche per Fratelli d’Italia (36) e Movimento 5 stelle (34). Il Partito democratico è invece quello che ne ha eletti di più (13) nella fascia 25,1%-50%.

I dati relativi alle presenze possono essere ricavati dalla partecipazione alle votazioni elettroniche. I parlamentari possono infatti risultare, per ogni singola votazione: presenti, assenti o in missione (quando non partecipano al voto perché occupati in compiti istituzionali). Non sono presenti i dati sul gruppo misto del senato perché nessuno dei suoi componenti (fatta eccezione per tre senatori a vita) faceva già parte di palazzo Madama nella XVIII legislatura. Rispetto ai primi capitoli di questo esercizio sono variati i numeri del gruppo misto alla camera e sono nati due nuovi gruppi “Alleanza Verdi-Sinistra” e “Noi moderati”.

FONTE:  dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 6 Settembre 2022)

Nell’analizzare questi dati è sempre importante tenere presente che molti tra i parlamentari con un basso livello di partecipazione ai lavori delle camere hanno avuto un ruolo in uno dei tre governi che si sono succeduti nell’ambito della XVIII legislatura. Altri invece, pur non facendo parte dell’esecutivo ricoprivano incarichi di vertice all’interno del loro partito.

In questi casi è difficile, se non scorretto, parlare di assenteismo. Tuttavia, con i parlamentari ridotti a 600 la mancata partecipazione ai lavori, giustificabile o meno che sia, può presentare aspetti problematici per il funzionamento delle camere. Valutare come si sono comportati i parlamentari uscenti può fornire indicazioni utili in questo senso.

I parlamentari meno presenti nel dettaglio

Analizzando i dati relativi ai 15 deputati e ai 15 senatori confermati con la più bassa percentuale di partecipazione, troviamo molti nomi noti anche al grande pubblico. Alla camera il dato più basso in assoluto è quello di Michela Vittoria Brambilla (0,81%) storica esponente di Forza Italia ma attualmente appartenente al gruppo misto. Seguono Antonio Angelucci (attualmente in forza alla Lega, 3,23%) e Lorenzo Guerini (Pd, 10,26%).

Chi ha incarichi di governo partecipa poco ai lavori delle camere.

Oltre all’ex ministro della difesa, tra i deputati con una bassa percentuale di partecipazione ai lavori della camera, troviamo molti esponenti che hanno ricoperto incarichi di governo nel corso della XVIII legislatura. Tra questi Mara Carfagna (Azione-Iv – 18,62%), Giancarlo Giorgetti (Lega – 20,21%), Roberto Speranza (Pd – 25,06%) e Paola De Micheli (Pd – 28,25%). 

Tra i nomi noti con un basso tasso di partecipazione e che non avevano impegni di governo troviamo invece, Marta Fascina (Fi – 24,14%), Maria Elena Boschi (Azione-Iv – 27,48%) ed Enrico Letta (Pd – 28,83%).

Pur non rientrando in questa graduatoria è interessante rilevare che anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni nel corso della XVIII legislatura, pur essendo sempre stata all’opposizione, ha fatto registrare un livello di partecipazione modesto.

35,1% il tasso di partecipazione ai lavori della camera di Giorgia Meloni durante la XVIII legislatura.

Il senatore “rieletto” con il livello di partecipazione più basso tra il 2018 e il 2022 è invece Alessandro Morelli (12,19%). Seguono Gian Marco Centinaio (17,2%) e Massimo Garavaglia (20,4%). In questo caso è interessante notare che i primi 6 senatori confermati con il più basso livello di partecipazione durante la XVIII legislatura appartengono tutti alla Lega. Dopo quelli già citati troviamo infatti Giulia Bongiorno (20,6%), Umberto Bossi (21,2%) e il segretario Matteo Salvini (23,3%).

Considerando anche la camera, gli esponenti della Lega in questa categoria sono ben 15. La seconda forza politica che ne conta di più è il Partito democratico con 6.

I parlamentari che hanno cambiato gruppo nella XVIII legislatura

Per quanto riguarda i cambi di gruppo invece, possiamo osservare che molti dei parlamentari che si erano riposizionati nella scorsa legislatura sono stati candidati nuovamente ma non sono moltissimi quelli effettivamente eletti. Parliamo di 42 esponenti su 170 (il 25% circa).

Si tratta di un elemento molto interessante. Senza dubbio la pratica del cambio di casacca, per quanto del tutto legittima, non è ben vista dall’opinione pubblica. Ma nemmeno dagli stessi partiti. Infatti, alcuni parlamentari probabilmente hanno cambiato appartenenza per assicurarsi maggiori probabilità di una ricandidatura. D’altra parte, per i gruppi è importante incrementare il loro numero per poter pesare di più nelle dinamiche d’aula.

Ogni parlamentare deve aderire ad un gruppo. Ma può cambiare liberamente nel corso della legislatura assumendosene la responsabilità politica di fronte agli elettori. Vai a “Che cosa sono i gruppi parlamentari”

Tuttavia è possibile che le segreterie di partito puntino a una pattuglia parlamentare che sia il più possibile “affidabile”. Per questo motivo probabilmente chi ha cambiato gruppo in molti casi è stato candidato in una posizione di lista o in collegi che rendevano difficile la rielezione.

Detto questo, considerando le due camere complessivamente, il gruppo che ospita il maggior numero di parlamentari che hanno cambiato appartenenza nella scorsa legislatura è Azione-Italia viva (19). Un dato evidentemente influenzato dalla scissione dal Pd operata da Matteo Renzi e dai parlamentari a lui vicini.

Lega e Partito democratico ne schierano invece 6 ciascuno, mentre Fratelli d’Italia 5.

Il grafico mostra quanti deputati e senatori per ogni gruppo parlamentare formatosi nella XIX legislatura abbiamo cambiato appartenenza almeno una volta durante la legislatura precedente. Non sono presenti i dati sul gruppo misto del senato perché nessuno dei suoi componenti (fatta eccezione per tre senatori a vita) faceva già parte di palazzo Madama nella XVIII legislatura. Rispetto ai primi capitoli di questo esercizio sono variati i numeri del gruppo misto alla camera e sono nati due nuovi gruppi “Alleanza Verdi-Sinistra” e “Noi moderati”.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Ottobre 2022)

Tra i confermati, solamente Daniela Ruffino (che attualmente fa parte del gruppo di Azione-Iv alla camera) ha cambiato gruppo 3 volte. Ha infatti iniziato la XVIII legislatura in Forza Italia, ha aderito poi al gruppo misto e successivamente a Coraggio Italia. Quando il gruppo espressione di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro si è sciolto per la venuta meno del numero minimo di aderenti richiesto dal regolamento, Ruffino è dovuta tornare nel gruppo misto.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Ottobre 2022)

Ci sono poi altri 11 esponenti che hanno cambiato gruppo due volte. Particolarmente interessante il caso della deputata Valeria Sudano che nel 2018 aveva aderito al Pd per poi passare a Italia viva e successivamente alla Lega. Formazione con cui è stata rieletta alla camera.

Un altro caso particolare è quello di Tatiana Rojc. Nel 2021, la senatrice friulana aveva accettato la richiesta del Pd di confluire nel costituendo gruppo degli Europeisti che avrebbe dovuto fungere da stampella al secondo esecutivo Conte. Un modo per rimpiazzare i voti di Italia viva venuti a mancare. Fallito questo tentativo Rojc è tornata nel proprio gruppo di appartenenza.

12 i parlamentari rieletti che hanno cambiato gruppo più di una volta nella XVIII legislatura.

I casi passati in rassegna evidenziano come non tutti i cambi di gruppo abbiano le stesse motivazioni. In alcuni casi possono essere dovuti a esigenze tecniche. Ad esempio, come abbiamo raccontato in questo articolo, il regolamento della camera non è ancora stato riformato per adattarlo ai nuovi numeri ridotti. Perciò molti esponenti di forze politiche minori attualmente presenti a Montecitorio si sono visti costretti ad aderire momentaneamente al gruppo misto. È il caso, ad esempio, degli appartenenti a Noi moderati e all’Alleanza Verdi-Sinistra.

Ciò perché la propria formazione non avrebbe superato la soglia minima dei 20 aderenti richiesta dalle norme vigenti per costituirsi in forma autonoma. La formazione di questi due gruppi è stata autorizzata successivamente in deroga al regolamento. Da ricordare che il bilancio del parlamento prevede l’assegnazione di specifiche risorse a ogni gruppo per assicurarne il funzionamento.

Alla luce di quanto detto diventa molto importante analizzare ogni cambio di gruppo singolarmente per poter distinguere le esigenze tecniche dal mero opportunismo

Foto: Facebook – Azione

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