Che cosa sono i gruppi parlamentari

Rappresentano la proiezione nelle istituzioni dei partiti che ottengono seggi alle elezioni. Oggi ricoprono un ruolo centrale non solo per i lavori in aula e nelle commissioni ma anche perché gestiscono ingenti risorse pubbliche.

Definizione

I gruppi parlamentari rappresentano la proiezione all’interno degli organi istituzionali dei partiti che hanno ottenuto seggi alle elezioni ma queste due entità non coincidono. Formalmente infatti partito di appartenenza, lista elettorale e gruppo in parlamento rappresentano 3 organizzazioni distinte. I gruppi sono ricreati ex novo in ogni legislatura ed è richiesto un numero minimo di componenti per la loro istituzione.

Generalmente le forze politiche maggiori, che non hanno problemi a superare la soglia minima di aderenti per la creazione di un gruppo autonomo, tendono a riproporre all’interno del parlamento la stessa denominazione del partito. La situazione però cambia per i rappresentati delle formazioni minori. In questi casi infatti il gruppo può essere costituito dalla fusione di più forze politiche.

Non c’è nemmeno un legame diretto tra la lista con cui un parlamentare viene eletto e la sua successiva adesione al gruppo. L’articolo 67 della costituzione prevede infatti il divieto di mandato imperativo. Da ciò deriva che ogni parlamentare può, assumendosi la responsabilità politica di questa scelta, iscriversi al gruppo che preferisce senza nessun vincolo rispetto alla forza politica che lo ha candidato.

Nel nostro ordinamento questi organi svolgono un ruolo fondamentale. Tramite la conferenza dei presidenti di gruppo infatti contribuiscono a definire l’agenda dei lavori delle camere. Inoltre coordinano l’attività politica dei propri membri. È all’interno del gruppo infatti che si definiscono gli interventi durante il dibattito dell’aula. Spetta ai gruppi inoltre assegnare i propri appartenenti alle varie commissioni.

Gruppi e partiti non sono la stessa cosa. La scelta del gruppo è libera per i parlamentari.

Le norme per la loro costituzione e funzionamento sono contenute nei regolamenti di camera e senato. Ogni gruppo deve redigere entro 30 giorni dalla costituzione un proprio statuto (regolamento al senato). Inoltre nella prima riunione deve eleggere un presidente, uno o più vicepresidenti e un comitato direttivo alla camera mentre al senato devono essere scelti presidente, uno o più vice presidenti ed uno o più segretari. Devono inoltre essere previsti organi per la gestione amministrativa.

Data la loro funzione ai gruppi sono assegnate, a carico del bilancio della camera di appartenenza, le risorse necessarie allo svolgimento della loro attività. A seguito dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, questa è diventata una delle principali fonti per il sostentamento delle varie forze politiche.

In seguito al taglio dei parlamentari introdotto con la legge costituzionale 1/2021 i regolamenti di entrambe le camere sono stati modificati, anche se con tempi e modalità diverse. A palazzo Madama il numero minimo di senatori richiesto per creare un gruppo è sceso a 6 aderenti (ma sono previste delle eccezioni). I senatori devono comunicare la loro appartenenza entro 3 giorni dalla prima seduta dell’aula.

A partire dalla XIX legislatura, è stata introdotta anche la figura del senatore non iscritto ad alcun gruppo. Di base questa opportunità è riservata ai senatori a vita. Col passare del tempo però possono risultare non iscritti anche quegli esponenti che si dimettono dal gruppo di appartenenza o coloro che ne sono espulsi e che entro 3 giorni non abbiano comunicato l’adesione a una nuova formazione.

A Montecitorio invece la situazione è più complessa. Non essendo stata portata a conclusione la revisione del regolamento entro la fine della XVIII legislatura, il numero minimo per la costituzione di un gruppo è rimasto di 20 deputati. Anche se gli attuali componenti della camera sono scesi da 630 a 400. Per ovviare a questa criticità, nel nuovo regolamento è stata introdotta una norma transitoria che consente al presidente dell’aula di autorizzare la costituzione di gruppi sotto soglia. A partire dalla prossima legislatura invece il numero minimo richiesto scenderà a 14. I deputati devono comunicare il gruppo di appartenenza entro 2 giorni dalla prima seduta della camera. Se non lo fanno, sono iscritti d’ufficio nel gruppo misto. Questa formazione, presente in entrambi i rami del parlamento, accoglie tutti quegli esponenti che non desiderano aderire a nessun altro gruppo.

Sia alla camera che al senato infine è prevista la possibilità di costituire delle componenti interne al misto per quelle forze politiche che non raggiungono la soglia minima per costituire un gruppo autonomo. Ciò serve per garantire a queste formazioni maggiore coordinamento è capacità di incidere, sia all’interno delle dinamiche d’aula che nel gruppo stesso.

Dati

Nell’attuale legislatura, la XIX, i gruppi costituiti sono 9 alla camera e altrettanti al senato. In entrambi i rami del parlamento il gruppo più numeroso è quello che accoglie gli esponenti di Fratelli d’Italia (118 deputati e 63 senatori). Seguono Partito democratico (69 deputati e 37 senatori) e Lega (66 deputati e 29 senatori). Attualmente non ci sono senatori non iscritti a gruppi parlamentari. I senatori a vita infatti si sono divisi tra gruppo per le autonomie e misto.

La composizione dei gruppi tiene conto dei cambi di appartenenza registrati fino al 12 giugno 2023.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera e senato
(ultimo aggiornamento: martedì 25 Luglio 2023)

La composizione dei gruppi parlamentari però non è stabile. Come abbiamo detto infatti deputati e senatori non sono obbligati a iscriversi nel gruppo che rappresenta il partito di elezione così come non sono obbligati a rimanere nella stessa formazione per tutta la legislatura. Questa prerogativa dei parlamentari, che serve a tutelare la loro autonomia decisionale rispetto al rischio di imposizioni esterne, ha avuto una deriva negativa. Quella del cosiddetto trasformismo politico.

Nel corso degli ultimi anni infatti i parlamentari non solo hanno cambiato più di un gruppo all’interno della stessa legislatura ma sono anche passati dalla maggioranza all’opposizione e viceversa. Tale fenomeno ha raggiunto il suo culmine nel corso della XVII legislatura (2013-2018). In questo periodo infatti si sono registrati ben 529 cambi di gruppo complessivi con 348 parlamentari coinvolti.

Deputati e senatori esercitano la loro funzione senza vincolo di mandato. Un principio alla base della nostra democrazia rappresentativa, ma che con il forte incremento dei cambi di gruppo in parlamento viene messo costantemente in discussione.
Il grafico rappresenta il numero totale di cambi di gruppo. Un deputato o un senatore possono essere stati protagonisti anche di più di un cambio di gruppo all’interno della legislatura.
La XII legislatura e la XV sono durate solamente 2 anni. Rispettivamente dal 1994 al 1996 e dal 2006 al 2008.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera e senato
(ultimo aggiornamento: mercoledì 12 Ottobre 2022)

Pur non raggiungendo questi livelli, anche nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022 il fenomeno è stato molto intenso. Nella XVIII legislatura infatti i cambi registrati sono stati 464 e i parlamentari coinvolti 306.

Analisi

Il tema del trasformismo politico è stato frequentemente al centro del dibattito pubblico negli ultimi anni. Per questo motivo al senato sono stati introdotti alcuni accorgimenti per cercare di scoraggiare il fenomeno. La possibilità di cambiare gruppo rimane a tutti gli effetti ma porta a delle conseguenze.

In particolare chi ricopre incarichi all’interno del consiglio di presidenza, della giunta per il regolamento, di quella per le elezioni o di quella per le immunità se decide di cambiare gruppo decade automaticamente dal ruolo.

La perdita dell’incarico però non scatta nel caso in cui il senatore sia espulso. Oppure quando il gruppo di appartenenza si scoiglie o si fonde con altre formazioni. Sono previsti anche ulteriori disincentivi di natura economica. Questi però vanno a impattare più sui gruppi che non sui singoli senatori.

Al fine di disincentivare i trasferimenti ad altro gruppo parlamentare […] il consiglio di presidenza stabilisce la riduzione del 50 per cento del contributo proporzionale, determinato ai sensi dell’art. 16, comma 1, primo periodo, del regolamento, nei confronti del gruppo del quale il senatore cessa di far parte, attribuendo il 30 per cento del contributo proporzionale iniziale al gruppo di destinazione.

La novità introdotta – di difficile interpretazione – apparentemente andrebbe a tutelare quelle formazioni che perdono aderenti. In questo caso infatti la diminuzione della quota dovuta alla riduzione della consistenza numerica del gruppo sarebbe meno che proporzionale. D’altra parte invece l’attribuzione di nuove risorse al gruppo di approdo sarebbe ancor più limitata.

Alla camera ancora mancano disincentivi per i cambi di gruppo.

Alla camera invece tali disincentivi non sono ancora presenti. Come già anticipato infatti, a Montecitorio non si è riusciti a ultimare la revisione del regolamento prima della fine della scorsa legislatura. Di conseguenza i componenti della giunta per il regolamento hanno optato per suddividere il procedimento in 2 tronconi. Un primo blocco di riforme contenente solamente i correttivi indispensabili per assicurare il funzionamento della camera a ranghi ridotti. E un “secondo binario” che prevede una revisione più organica del regolamento. Questa seconda fase però è ancora ai primi passi.

Il tema del trasformismo politico è quindi tutt’altro che risolto e anzi potrebbe tornare prepotentemente d’attualità nel caso di eventuali crisi di governo che, come la storia del nostro paese ci insegna, sono sempre dietro l’angolo. Per questo sarebbe importante affrontare il problema il prima possibile e non attendere, colpevolmente, che questo ritorni urgente e al centro dell’attenzione.

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