L’accesso all’istruzione pre-primaria in Italia e in Ue #conibambini

A livello europeo cresce la pressione per rendere universale (o quasi) l’educazione tra 3 e 5 anni. L’Italia ha superato il vecchio obiettivo Ue, ma non quello nuovo. Inoltre l’istruzione pre-primaria spesso supplisce anche alle carenze nell’offerta di servizi prima infanzia.

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Con la fine di giugno, come di consueto dopo la conclusione delle lezioni nelle scuole dell’obbligo, si avviano al termine anche quelle nelle scuole d’infanzia. Una fase del percorso di studio considerata sempre più centrale per la crescita dei minori.

Nel novembre dello scorso anno, una raccomandazione dell’Unione europea ha ribadito la necessità di estendere ulteriormente l’accesso all’istruzione pre-primaria. Parliamo di quella che riguarda i bambini tra 3 e 6 anni, una fascia d’età che nel nostro paese è coperta dalle scuole dell’infanzia.

96% i bambini tra i 3 anni e l’età di inizio dell’istruzione primaria obbligatoria che dovrebbero partecipare all’educazione e cura della prima infanzia entro il 2030 in Ue.

Questo nuovo obiettivo mostra la direzione intrapresa negli ultimi anni a livello europeo: rendere di fatto universale la possibilità di accesso all’istruzione pre-primaria.

Da questo punto di vista l’Italia, pur in ritardo sull’offerta di asili nido e di servizi tra 0 e 3 anni, si pone in una posizione molto migliore rispetto alla fascia d’età successiva, tra 3 e 5 anni.

Allo stesso tempo, non va sottovalutata la pressione degli anticipi sulla scuola dell’infanzia. Come approfondiremo nell’articolo, si tratta di un indicatore del fatto che l’offerta 0-6 anni deve essere ulteriormente potenziata.

Il confronto Italia-Ue sull’accesso all’istruzione pre-primaria

Nel 2021 la partecipazione all’istruzione e cura della prima infanzia nella fascia d’età tra i 3 anni e l’obbligo scolastico si è attestata al 91% nel nostro paese. Un dato positivo, se letto alla luce del primo obiettivo stabilito a livello europeo, nel consiglio europeo di Barcellona del 2002.

In quella sede era stato previsto che almeno il 90% dei bambini e delle bambine di 3-5 anni fosse coinvolto in attività di educazione e cura. Nel 2021 il nostro paese si è collocato un punto al di sopra rispetto a questo target.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: giovedì 25 Maggio 2023)

Allo stesso tempo, nell’ambito della revisione degli obiettivi sull’istruzione successiva all’emergenza Covid, l’Unione europea ha deciso di aggiornare il target. Prevedendo che almeno il 96% dei minori vi prendano parte entro il 2030. La nuova soglia è stata stabilita e ribadita in diversi documenti. Dapprima nel febbraio 2021, con la risoluzione del consiglio che ha indicato il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, in vista del 2030. Successivamente il nuovo target del 96% è stato recepito anche nella revisione degli obiettivi di Barcellona, alla fine dell’anno scorso.

Gli obiettivi Ue di Barcellona riguardano la diffusione di nidi, servizi e scuole per l'infanzia, da offrire ad almeno il 33% dei bimbi sotto i 3 anni e al 90% di quelli tra 3 e 5 anni. Dopo il Covid sono stati innalzati al 45% e al 96%. Vai a “Che cosa prevedono gli obiettivi di Barcellona sugli asili nido”

Si tratta di obiettivi quindi piuttosto recenti, e con di fronte l’orizzonte temporale di questo decennio per raggiungerli. Tuttavia, rispetto a questo target, l’Italia risulta molto più indietro: mancano infatti 5 punti per raggiungerlo. Senza contare che alcuni paesi – come la Francia – hanno già reso o stanno rendendo di fatto universale l’accesso a questo livello di istruzione.

Inoltre, non è questo l’unico motivo di criticità. Rispetto al 2020, quando l’indicatore si era collocato al 94,6%, l’Italia registra un arretramento. Un calo certamente legato alla situazione emergenziale, ma che non va comunque sottovalutato. Perché comporta il passaggio del nostro paese dall’essere al di sopra della media Ue al collocarsi sotto questo riferimento. Per di più in un ambito in cui tradizionalmente l’Italia si posiziona ai vertici tra i paesi Ue.

Inoltre resta una criticità interna al nostro paese, che l’indicatore europeo non coglie. La scuola dell’infanzia in molti casi si fa carico delle carenze esistenti nel livello precedente dell’educazione e cura della prima infanzia. Quello tra 0 e 3 anni.

Quanti sono gli iscritti alle scuole dell’infanzia in Italia

Nell’anno scolastico 2020/21 sono stati 1,3 milioni i bambini iscritti alle 22.476 scuole dell’infanzia sul territorio nazionale. Ovvero la quasi totalità dei minori di età compresa tra 3 e 5 anni: 1,4 milioni nello stesso periodo.

Il 72,9% dei quali iscritti in scuole pubbliche, in gran parte statali (63%) e in un caso su 10 comunali (10% degli alunni). In media gli iscritti alle scuole dell’infanzia private sono circa il 27% del totale.

Tra gli alunni delle scuole d’infanzia c’è una lieve prevalenza maschile: 52% degli iscritti, a fronte del 51,4% dell’utenza potenziale di riferimento. Mentre appaiono sottorappresentati i bambini con cittadinanza non italiana: costituendo il 14,1% dei residenti tra 3 e 5 anni ma solo l’11,5% degli iscritti all’istruzione pre-scolare.

L’accesso all’istruzione pre-primaria sul territorio

Per approfondire la capacità dell’offerta di istruzione pre-primaria di fare fronte all’utenza potenziale, possiamo mettere in relazione il numero di iscritti nelle scuole dell’infanzia con i residenti tra 3 e 5 anni.

1.438.032 i residenti tra 3 e 5 anni in Italia nel 2021.

Con la consapevolezza tuttavia che si tratta di una semplificazione, cui ricorrere con una serie di cautele. Dal momento che – per il fenomeno degli anticipatari, come approfondiremo molto rilevante in alcune regioni – non necessariamente il numero di residenti tra 3 e 5 anni esaurisce l’utenza potenziale. Il Dpr 89/2009, all’articolo 2, comma 2, disciplina infatti la possibilità per i bambini che compiono tre anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento di iscriversi come anticipatari alla scuola dell’infanzia.

Con questa premessa, emerge che il rapporto tra iscritti e residenti è più elevato proprio nelle regioni del mezzogiorno. È infatti di 1 a 1 in Basilicata, e si avvicina a questa soglia in Abruzzo e in Calabria. Il rapporto più basso si rileva invece nel Lazio: 87 iscritti ogni 100 residenti tra 3 e 5 anni.

Approfondendo il dato a livello locale, il rapporto tra iscritti e residenti raggiunge o supera l’unità in 11 province: Vibo Valentia, Oristano, Nuoro, Potenza, Crotone, L’Aquila, Agrigento, Ascoli Piceno, Enna, Avellino e Sondrio.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Mim e Istat
(consultati: giovedì 16 Marzo 2023)

Sono soprattutto i territori del mezzogiorno a mostrare un rapporto più elevato tra iscritti all’istruzione prescolare e residenti tra 3 e 5 anni. Una tendenza che può essere attribuita anche agli anticipatari, fenomeno che – specialmente nelle regioni del sud – è spesso collegato alla carenza di posti nei servizi per la prima infanzia, oppure al costo degli stessi sui bilanci familiari.

Questa tendenza ha fatto sì che, negli anni, le scuole dell’infanzia – in gran parte statali, più capillari sul territorio e maggiormente accessibili rispetto agli asili nido – si facessero carico della domanda latente dei servizi prima infanzia.

Gli aspetti su cui intervenire

Abbiamo avuto modo di raccontare come gli anticipi alla scuola dell’infanzia siano spesso il sintomo di una domanda di servizi che non trova risposta adeguata nell’offerta attuale. Ciò può essere problematico perché i bambini più piccoli vengono accolti in contesto non necessariamente adeguato al loro sviluppo. E questo solo perché l’istruzione pre-primaria presenta costi più contenuti rispetto a quelli sostenuti dalle famiglie per gli asili nido.

Al Mezzogiorno (…) è peraltro particolarmente diffuso il fenomeno dell’iscrizione anticipata alla scuola d’infanzia, che presenta in generale costi più contenuti ma non risulta adeguata alle specifiche esigenze dei bambini sotto i tre anni e non consente la fruizione del bonus.

Per questo motivo, è necessario che – in parallelo con il perseguimento dell’obiettivo del 96% – si guardi all’intera offerta educativa 0-6 anni, con un approccio complessivo. Potenziando l’offerta e l’accessibilità, in termini di costi e non solo, anche per i servizi destinati alla fascia sotto i 3 anni. Non a caso, si tratta dell’altro obiettivo recentemente innalzato dalla raccomandazione Ue.

L’altro aspetto su cui intervenire, in coerenza con quanto già previsto dal Dlgs 65/2017, è l’investimento sulle sezioni primavera: classi delle scuole dell’infanzia, pensate tuttavia specificamente per la fascia tra 2 e 3 anni. Una modalità intermedia che può facilitare transizione in una fase cosi delicata dello sviluppo.

In questo senso, appare cruciale l’attuazione del decreto 65 nella realizzazione di veri e propri poli per l’infanzia: luoghi dove i diversi servizi educativi 0-6 anni possano coesistere nella stessa struttura, dall’asilo nido alla scuola dell’infanzia. In modo da rendere più lineare il percorso di istruzione prescolare.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi all’istruzione prescolare sono stati raccolti da fonte Istat e Mim.

Foto: Allison Shelley per EDUimagesLicenza

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