L’istruzione è fondamentale per ridurre i divari nei percorsi Ict #conibambini

In Italia le laureate nei percorsi inerenti le tecnologie dell’informazione sono il 16,8%. Per colmare questa differenza con i laureati, che incide sulle prospettive lavorative delle ragazze, è importante agire sull’educazione sin dai primi anni di età, abbattendo gli stereotipi di genere.

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Le competenze digitali hanno acquisito una tale centralità nella vita di ogni giorno, nella possibilità di comunicare, accedere alle informazioni, formarsi, lavorare, che la loro mancanza rappresenta una vera e propria compromissione del diritto di cittadinanza. Si tratta anche delle competenze che, nell’ambito più generale delle tecnologie e delle scienze, consentono di accedere ad alcuni dei percorsi professionali più solidi e maggiormente retribuiti nel mondo del lavoro attuale. Per questa ragione non sono da trascurare le disparità che restano nel loro apprendimento. Disparità ricollegabili all’età, così come al genere. In media, tra gli utilizzatori di internet, gli uomini raggiungono più spesso delle competenze digitali almeno di base (47,3%) rispetto alle donne (44,2%).

Questa tendenza però si sta invertendo tra le generazioni più giovani: tra 20 e 24 anni, le ragazze raggiungono competenze digitali almeno di base nel 62,5% dei casi (60,9% tra i maschi). E il vantaggio femminile è ancora più ampio tra 16 e 19 anni: 59,1% a fronte del 52,9% dei ragazzi. In media, per l’intera fascia 16-24 anni, parliamo di quasi 4 punti di differenza tra le competenze digitali femminili e quelle maschili. Eppure, come approfondiremo attraverso i dati, a questo vantaggio femminile nelle capacità di padroneggiare l’ambiente digitale non corrispondono i successivi percorsi di studio e di lavoro, ancora fortemente segmentati per genere e che vedono un’incidenza maschile preponderante (superiore all’80%).

3,7 i punti percentuali di vantaggio femminile nelle competenze digitali tra 16 e 24 anni.

A fronte di questo vantaggio nelle competenze digitali, sono ancora poche le ragazze che intraprendono un percorso di studi nel settore Ict (information and communication technology), un ambito innovativo in cui si preparano gli studenti a professioni richieste nel mercato del lavoro ed economicamente solide. Si tratta dello sviluppo di tutte quelle tecnologie che permettono di creare, immagazzinare e scambiare informazioni in ambito digitale. Questo si riflette inevitabilmente sul numero di donne che ricoprono posizioni di specialisti Ict (il 16% degli occupati nel settore).

Tale sottorappresentazione è in gran parte conseguenza degli stereotipi di genere che attraversano la società e la famiglia e che condizionano bambine e ragazze a prediligere percorsi di studio umanistici e sociali al contrario di quelli scientifici e matematici, con un impatto sul futuro lavorativo delle donne sia in termini di occupazione che di stabilità economica. Questi preconcetti vanno dunque abbattuti in modo trasversale e la scuola in questo senso gioca un ruolo fondamentale.

La posizione dell’Italia nel quadro europeo

Nonostante le competenze digitali stiano progressivamente aumentando nelle generazioni più giovani, a livello europeo l’Italia risulta complessivamente ancora indietro in questo ambito. Stando ai dati del 2023, nell’Unione europea il 53,9% degli individui di età compresa tra i 16 e i 74 anni ha almeno delle competenze di base. Si tratta di 8,3 punti percentuali in più dell’incidenza registrata in Italia (45,6%), quartultimo paese del continente davanti solo a Polonia (42,9%), Bulgaria (31,2%) e Romania (27,8%).

Questo ritardo che l’Italia ha accumulato si riflette anche sul mondo del lavoro, dove le competenze digitali sono sempre più richieste. Si parla delle figure di specialisti Ict, ovvero tutte le professioni per cui è prevista una preparazione nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Nell’Unione europea, questi professionisti compongono il 4,6% degli occupati. Un dato che in Italia si riduce al 3,9%.

L’Italia si colloca in questo contesto dietro alle principali economie continentali. I paesi che registrano percentuali inferiori sono Bulgaria (3,8%), Croazia (3,7%), Polonia (3,6%), Romania (2,8%) e Grecia (2,5%).

Se si divide per genere, si può notare come in tutta Europa si tratti di lavori principalmente ricoperti dagli uomini. Anche in questo caso, l’Italia riporta uno tra i risultati più bassi, con il 16% degli specialisti Ict di sesso femminile. È un’incidenza più bassa della media europea di 2,9 punti percentuali. I paesi che registrano l’incidenza maggiore sono Bulgaria (28,9%), Romania (25,2%), Estonia (24,5%) e Finlandia (23,8%).

Il dato mostra l’incidenza maschile e femminile tra gli specialisti Ict ovvero tutte le professioni per cui è prevista una preparazione nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati commissione europea
(consultati: martedì 26 Marzo 2024)

Il ruolo dell’istruzione nel colmare il divario

C’è quindi una differenza tra le competenze digitali registrate da ragazzi e ragazze e le effettive posizioni lavorative che ricoprono da adulti. Il motivo è da ricercare nei percorsi di istruzione.

Alla base di questi divari ci sono dei diffusi stereotipi di genere.

Questa segmentazione inizia nei primi anni di vita e si alimenta attraverso gli stereotipi di genere. Secondo le rilevazioni Ocse, concorrono, tra gli altri elementi, la maggiore fiducia dei genitori nelle capacità dei figli maschi di portare a compimento un percorso di tipo scientifico. Si tratta di un pregiudizio che si eredita a livello generazionale e si diffonde anche tra gli stessi minori, tanto da minare la fiducia stessa delle bambine di poter portare avanti un percorso scientifico. Questi sono percorsi che offrono maggiori opportunità di lavoro all’interno di settori più innovativi e quindi hanno un’incidenza diretta anche sull’occupazione delle donne e sul loro stipendio.

Le donne si laureano di più degli uomini ma sono di meno quelle laureate in ambiti scientifici.

Per ridurre questi divari che, come abbiamo visto, definiscono il futuro delle bambine su numerosi aspetti, è necessario un investimento sin dai primi anni d’età sulla formazione e sull’abbattimento degli stereotipi. Risulta importante anche nell’ambito universitario, dove tipicamente la partecipazione femminile è maggiore rispetto a quella maschile (nel 2022 rappresentano quasi il 60% del totale dei laureati) ma la tendenza si inverte quando si considerano solo i percorsi di tipo scientifico.

Nel 2022 sono infatti di meno le laureate all’interno di queste aree. I corsi di primo livello in cui l’incidenza è minore sono scienze motorie e sportive (33,4%), ingegneria industriale e dell’informazione (27,0%) e informatica e tecnologie Ict (14,5%). Il gruppo di percorsi Ict risulta anche quello con la percentuale minore anche tra le lauree magistrali (20,6%). Considerando tutti i percorsi di studio Ict, le laureate in Italia si assestano al 16,8%. In termini assoluti, sono 863 ragazze e 4.280 ragazzi. È però interessante anche qui approfondire la situazione a livello di singolo ateneo.

La percentuale di laureate/i Ict si riferisce alla classificazione Isced Field of Education and Training 2013. La mancata registrazione di laureati in un anno accademico non è indice della mancanza di un percorso di laurea specifico. Non sono inclusi i dati delle università telematiche.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i bambini su dati Mur
(consultati: martedì 19 Marzo 2024)

La media nazionale risulta superata solo in 19 atenei sui 41 considerati. Il risultato maggiore in termini percentuali si registra nell’università cattolica del Sacro Cuore, in cui ci sono 10 laureati in questo gruppo di percorsi, di cui 7 donne. Seguono l’università politecnica delle Marche (1 su 2, 50%), l’università commerciale “Luigi Bocconi” (14 su 31, 45,2%) e l’università della Tuscia (7 su 16, 43,8%). In 7 atenei le laureate sono state meno del 10% del totale. In particolare, si segnalano l’università degli studi “Tor Vergata” (3 su 43, 7%), l’università degli studi di Messina (2 su 34, 5,9%) e l’università degli studi di Siena dove si registrano 2 laureati ma nessuna donna.

Risulta evidente che le donne rappresentano sempre una minoranza all’interno dei percorsi Ict. Si conferma quindi importante la necessità di investire sull’istruzione delle bambine in questo ambito, abbattendo gli stereotipi di genere e garantendo prospettive lavorative più solide e remunerative.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi all’incidenza di diplomati (o titolo superiore) nel comune sono stati elaborati incrociando informazioni di fonte Istat (demo.istat e censimento permanente).

Foto: Alena Darmel (pexels)Licenza

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