I vincoli Pnrr sull’assunzione di donne e giovani sono poco efficaci Priorità trasversali

Sono ancora una minoranza i beneficiari di fondi Pnrr che rispettano i vincoli di assunzione di donne e giovani. Un risultato negativo, che si inserisce in un quadro più ampio di disparità che il piano aveva la priorità di abbattere.

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Abbiamo già parlato in passato delle 3 priorità trasversali del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): la parità di genere, quella generazionale e l’abbattimento dei divari territoriali.

Ogni misura Pnrr è associata a una o più priorità.

Tra il 2021 e il 2022 il governo Draghi aveva pubblicato due relazioni sugli obiettivi del Pnrr di miglioramento delle condizioni di giovani e donne. A quasi 3 anni dall’avvio del piano però, non sappiamo quali siano stati gli effetti finora e, rispetto alle disparità tra territori, non abbiamo proprio nessuna informazione.

Quello che sappiamo è che l’intenzione del Pnrr è di intervenire sulle condizioni socio-economiche di donne e giovani, puntando innanzitutto a un aumento del loro tasso di occupazione. Per questo motivo tra i vari interventi, dal 2021 è in vigore un vincolo di assunzione per gli operatori economici che vincono gare d’appalto finanziate dal piano. Sono infatti tenuti ad assumere almeno un 30% di giovani sotto i 36 anni e un altro 30% di donne.

Avevamo già analizzato i dati sul rispetto di questo vincolo nel 2023, rilevando che il 69% dei bandi aperti fino ad allora non aveva previsto quote di assunzioni riservate a donne e giovani. A distanza di un anno – l’ultimo aggiornamento dei dati è del 4 aprile 2024 – e con molti più bandi e gare aperte, la situazione purtroppo è rimasta pressoché invariata.

64% dei bandi finanziati dal Pnrr non prevede vincoli di assunzione su giovani e donne.

Il quadro normativo

È l’articolo 47 del decreto legge 77/2021 ad aver disposto le quote di assunzione su giovani e donne. In particolare, come anticipato, almeno il 30% delle assunzioni connesse alla vittoria di un appalto finanziato dal Pnrr deve essere destinato a giovani sotto i 36 anni e un altro 30% alle donne. Per gli operatori economici (aziende, cooperative, società) questo vincolo si sostanzia, al momento della stipula del contratto, nel deposito di una dichiarazione con cui l’azienda aggiudicataria si impegna ad assumere giovani e donne in un numero tale da rispettare tali proporzioni.

1 su 3 i contratti pubblici per progetti finanziati dal Pnrr, che dichiarano di rispettare i vincoli di assunzione di donne e giovani.

Come abbiamo anticipato, l’ampia maggioranza dei contratti non prevede nessuna quota di assunzione, né per i giovani né per le donne. Al 4 aprile 2024 sono 151.863, pari al 64% del totale, e l’indicazione relativa all’assenza di tali vincoli è inclusa nei contratti stessi. Gli altri si dividono tra quelli che prevedono delle quote inferiori al 30% per le donne e/o per i giovani (7.554, pari al 3%) e quelli che rispettano l’obbligo di legge prendendosi l’impegno di assumere il 30% di donne e il 30% di giovani (76.118, pari al 32%).

Gli operatori economici possono avvalersi di deroghe.

Il mancato rispetto delle quote è reso possibile dalle deroghe previste per alcuni specifici casi. Per esempio se l’oggetto del contratto, il mercato di riferimento, l’entità dell’importo o altri elementi indicati dalla stazione appaltante, rendono le clausole inapplicabili o in contrasto con determinati obiettivi. Cioè quelli di universalità, socialità, efficienza, economicità e qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Sta alla stazione appaltante decidere di avvalersi o meno della deroga e comunicare la sua decisione ad Anac (autorità nazionale anticorruzione), specificando le motivazioni che l’hanno portata a questa scelta.

I motivi di deroga

Anac rinnova periodicamente il dataset su quote di inclusione ed eventuali deroghe alla norma sulle pari opportunità. Come anticipato, l’ultimo aggiornamento risale al 4 aprile di quest’anno. Al di là della quota di contratti che rispettano o non rispettano i vincoli di assunzione, è interessante approfondire le motivazioni dichiarate dalle stazioni appaltanti che si avvalgono della deroga.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anac
(ultimo aggiornamento: giovedì 4 Aprile 2024)

Il 42% delle stazioni appaltanti che hanno fatto ricorso alla deroga per non assumere il 30% di donne e di giovani hanno dichiarato come motivo l’importo ridotto del contratto. Cioè (volendo interpretare) le risorse a disposizione sono giudicate insufficienti per assumere personale o, in ogni caso, per sottostare a dei vincoli su eventuali assunzioni. Il generico “Altro” (39%) rappresenta poi un’ampia parte delle deroghe richieste. Non sappiamo cosa comprenda tale fattispecie, ma è indicativa del fatto che le motivazioni a disposizione degli operatori sono numerose.

Ulteriori motivi meno frequenti sono legati alla necessità di assumere personale con particolari esperienze e abilitazioni (6%). Una questione che forse svantaggia principalmente i giovani, che avendo meno anni di lavoro alle spalle potrebbero essere manchevoli in questo senso. Altro motivo che viene dichiarato nel 5% dei casi è la scarsa occupazione femminile nel settore di riferimento. Potrebbe essere il caso per esempio del settore edile, della costruzione di infrastrutture, a cui però il Pnrr dedica ingenti risorse che si traducono in numerose gare d’appalto e contratti.

Dai dati disponibili finora è evidente che i vincoli di assunzione previsti per i bandi finanziati dal Pnrr stanno avendo effetti limitati. Questo risultato si inserisce in un contesto più ampio: normativo, culturale e strutturale, su cui la capacità di impatto di un singolo obbligo di legge è quantomeno limitata.

Un quadro più ampio

Abbiamo già affrontato in diverse occasioni il tema della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, le sue cause e le sue conseguenze. Nel 2023 il 42,3% delle donne tra i 15 e i 64 anni di età risultano inattive. Ciò significa che non hanno cercato lavoro nelle quattro settimane precedenti alla rilevazione, o non sono disponibili a lavorare entro le due settimane successive, o entrambe le condizioni. In altre parole: non cercano un’occupazione. Si tratta di una percentuale molto elevata, se si considera che gli uomini inattivi nella stessa fascia d’età sono solo il 24,3%.

Questo è il risultato innanzitutto dei pregiudizi di genere, di una visione ancora radicata nella società che vede la donna come principale responsabile del lavoro di cura della famiglia. Un ruolo aggravato dalla carenza dell’offerta di asili nido e altri servizi educativi per la prima infanzia.

Donne e giovani sono più inattivi del resto della popolazione.

Con un distacco meno netto di quello tra uomini e donne, anche i giovani si distinguono per tassi di inattività maggiori rispetto a quelli della popolazione complessiva: il 48,1% di ragazzi e ragazze tra 15 e 34 anni, contro il 33,3% della popolazione 15-64. Potremmo pensare che l’inattività sia così alta perché in quella fascia di età molti giovani studiano, ma è vero solo in parte.

1 su 4 giovani di 15-34 anni non lavorano e non sono inseriti né in un percorso di studio né di formazione (Neet).

Questo quadro, seppur sintetico, restituisce almeno in parte che il problema della scarsa partecipazione al mondo del lavoro di donne e giovani va oltre la questione occupazionale in sé. È trasversale a diversi ambiti della vita quotidiana. In particolare chiama in causa per le donne, gli storici divari di genere e per i giovani, la possibilità di accedere e completare percorsi di studio e formazione validi.

Tornare alle priorità trasversali

Considerando questi elementi, è più chiaro perché il legislatore abbia previsto la possibilità di deroga. I vincoli di assunzione, se applicati in modo obbligatorio così come sono, si scontrerebbero con una realtà in cui sono irrealizzabili. Tuttavia, sarebbe necessario agire con forza per contrastare i divari di genere e generazionali su altre sfere, oltre a quella lavorativa.

Nell’ambito del Pnrr, ciò può avvenire solo riprendendo in mano concretamente il discorso delle priorità trasversali, pensate proprio per essere associate a diverse riforme e investimenti del piano, dedicati a svariati temi. Dalla scuola al lavoro, attraverso il potenziamento di servizi e opportunità. Con lo scopo di abbattere i divari su 3 livelli: tra uomini e donne, tra giovani e resto della popolazione, tra territori svantaggiati e non. Il governo Meloni finora non ha mai pubblicato documentazione sul tema né chiarito quali sono le sue intenzioni a riguardo, neanche alla luce della recente revisione del piano e dell’aumento di risorse. Che ruolo hanno le 3 priorità strategiche nel nuovo Pnrr? Le modalità in cui perseguirle sono rimaste invariate? C’è un monitoraggio e una valutazione sull’andamento del piano rispetto a questi obiettivi?

Rispondere a queste domande permetterebbe di condurre un’analisi complessiva dell’impatto del Pnrr sul miglioramento delle condizioni sociali ed economiche di donne e giovani, al di là del focus sui vincoli di assunzione. E – non va dimenticato – consentirebbe di fare chiarezza sulla priorità dedicata all’abbattimento dei divari territoriali che attraversano il paese.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Unsplash Remy GielingLicenza

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