Il ruolo delle regioni nell’emergenza attraverso i bandi Covid Contratti pubblici

Le regioni, includendo anche società di acquisto e aziende sanitarie, hanno messo a bando il 27% degli importi per l’emergenza. Un ruolo centrale nella crisi, da monitorare con attenzione. Tra le procedure regionali hanno ancora più peso quelle senza pubblicazione del bando.

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Nella crisi di questi mesi il ruolo delle regioni è stato centrale. Una presenza visibile nell’organizzazione della risposta all’emergenza, e quindi anche nel reperire gli approvvigionamenti necessari: mascherine, tamponi, apparecchiature mediche.

Attraverso la piattaforma web bandi Covid, emerge come il 16% degli importi banditi (al netto degli accordi quadro) sia stato emanato dalle regioni e dalle centrali di committenza regionali, e un ulteriore 11% dalle aziende sanitarie. Complessivamente quindi, circa il 27% degli importi messi a bando per l’emergenza deriva dal livello regionale.

Le spese per l’emergenza.

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Il motivo, come abbiamo avuto modo di sottolineare, è che l’emergenza Coronavirus ha riguardato due degli ambiti dove i poteri di stato e regioni sono concorrenti: la protezione civile e, soprattutto, la tutela della salute.

Fin dai primi giorni di emergenza, la scelta politica di fondo è stata non avocare le competenze regionali e cercare quanto più possibile un coordinamento tra livelli istituzionali. Una coesistenza spesso non semplice da realizzare, come mostrano gli scontri tra il governo e i presidenti di alcune regioni, tra cui la Calabria.

Non c’è la minima efficacia nell’avocare a livello centrale le competenze delle Regioni. Sottrarre competenze alle Regioni sarebbe un errore. Sarebbe disfunzionale, non lo si può fare a emergenza in corso.

Come conseguenza di questo assetto, oltre agli approvvigionamenti nazionali, le regioni hanno acquistato, in autonomia, forniture massicce dei beni e servizi necessari per l’emergenza, come dispositivi di protezione, macchinari e altri servizi connessi.

Dopo le numerose amministrazioni statali coinvolte (che cubano insieme il 71% degli importi messi a bando), sono le regioni l’altro attore fondamentale. In primo luogo, attraverso le centrali di acquisto regionali: società pubbliche incaricate di provvedere agli approvvigionamenti per la regione. In secondo luogo, ovviamente, attraverso le aziende sanitarie, enti pubblici gestiti dalle regioni per erogare i servizi sanitari.

FONTE: openpolis, osservatorio bandi Covid
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Luglio 2020)

27% degli importi banditi provengono dalle regioni o da strutture che fanno capo ad esse, come società di acquisto e aziende sanitarie.

Ma quanti soldi sono stati messi a bando nelle diverse regioni? E ci sono differenze nelle procedure seguite per gli acquisti? Possiamo ricostruire questi aspetti attraverso la piattaforma web Bandi Covid.

I territori più ricorrenti nei bandi

L'emergenza ha spaccato il paese. Le regioni del nord, e in particolare la Lombardia, sono state colpite da subito e in modo più intenso. Su circa 246mila casi accertati, oltre il 70% si concentra nelle 4 maggiori regioni settentrionali.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ministero della salute
(ultimo aggiornamento: martedì 28 Luglio 2020)

Alla luce di questi dati, un primo elemento da valutare è quali siano le aree del paese più frequenti nei diversi bandi. Per provare a ricostruirlo, abbiamo classificato tutte le stazioni appaltanti (statali, regionali e locali) in base alla regione di appartenenza.

Ovviamente questa classificazione non è generalmente possibile per le amministrazioni centrali, che procedono ad acquisti su scala nazionale (ad esempio il dipartimento protezione civile della presidenza del consiglio). Ma è invece possibile per tutte le articolazioni dello stato sul territorio: dalle prefetture ai comandi regionali dell'arma dei carabinieri, solo per fare alcuni esempi.

FONTE: openpolis, osservatorio bandi Covid 
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Luglio 2020)

Le stazioni appaltanti con sede in Lombardia sono quelle, come prevedibile, che hanno messo a gara i maggiori importi. Quasi mezzo miliardo, se si escludono gli accordi quadro (ovvero il perimetro contrattuale entro cui saranno fatti gli affidamenti veri e propri).

Con l’accordo quadro si definisce una classifica di operatori abilitati a ricevere parte dell’appalto. In seguito la stazione appaltante assegna dei lotti agli operatori precedentemente definiti senza riaprire una competizione. Vai a "Cosa sono le procedure di scelta del contraente"

Seguono Emilia Romagna (342 milioni), Toscana (269 milioni) e Veneto (216 milioni).

Oltre a valutare la quantità degli importi banditi dalle stazioni appaltanti sul territorio, un altro aspetto interessante è quanta parte di questi siano stati messi a gara dalla regione e quanti da altri soggetti con base regionale.

In questa elaborazione, tra le stazioni appaltanti classificate come “Stato centrale” sono considerate solo quelle chiaramente riconducibili ad un territorio (ad esempio le articolazioni territoriali dello stato).

I lotti di stazioni appaltanti di livello nazionale (ad esempio il dipartimento di protezione civile) non sono considerati, in quanto non è possibile ricondurli ad una specifica regione.

FONTE: openpolis, osservatorio bandi Covid 
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Luglio 2020)

In quasi tutte le regioni, gran parte delle somme messe a bando per cui è possibile ricostruire il livello territoriale sono state emanate da strutture collegate alla regione stessa (gli uffici dell'ente, le centrali di acquisto, le aziende sanitarie e ospedaliere). In 14 su 20 queste quote sommate superano il 90%. Solo in Liguria e Lazio non arriva a 3/4 del totale. In quest'ultima regione in particolare è forte l'incidenza delle aziende partecipate che hanno la loro sede a Roma, tra le altre Enel, Rete ferroviaria italiana, Rai, Sogei, Poste italiane, Terna.

Nelle regioni piccole, come Valle d'Aosta e Molise, spicca l'assenza (o quasi) di stazioni statali. Su questa tendenza incide anche il fatto che le articolazioni regionali dello stato possono avere sede nella regione limitrofa più grande. Ad esempio i comandi dell'arma dei carabinieri rispecchiano la divisione regionale, senonché proprio queste 2 regioni fanno capo rispettivamente alla sede di Torino e a quella di Chieti.

Cosa viene acquistato da regioni e aziende sanitarie

Dal momento che l'emergenza non ha colpito tutte le regioni nello stesso modo, ciascuna ha dovuto organizzare una propria risposta alla crisi, coordinandosi con lo stato. Nello specifico, quali materiali e forniture sono stati messi a bando per l'acquisto dalle regioni?

Per valutarlo, abbiamo isolato gli importi delle sole stazioni appaltanti propriamente regionali, ovvero gli enti regione, le loro centrali di acquisto e le aziende sanitarie. In media, oltre il 70% di questi importi messi a gara dalle regioni riguardano l'acquisto dei dispositivi di protezione: mascherine, guanti, camici.

70,3% degli importi a base d'asta delle regioni e strutture connesse riguardano l'acquisto dei dispositivi di protezione.

Con un ampia variabilità: si va dall'89% della Toscana al 25% della Calabria. Sopra la quota media, oltre alla Toscana, altre 4 regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia e Veneto.

FONTE: openpolis, osservatorio bandi Covid 
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Luglio 2020)

Il secondo settore in termini di importi, in base agli oggetti dei lotti, sono le spese per prodotti e servizi di analisi (tamponi, test e sistemi diagnostici). Questo comparto rappresenta in media il 14% delle somme messe a bando dalle regioni (il 63% in Calabria, mentre la quota è inferiore al 50% in tutte le altre regioni, anche in questo caso con grande variabilità).

Il terzo capitolo sono gli acquisti per la terapia intensiva, rianimazione e farmaci. Questi rappresentano circa il 7% degli importi messi a bando (in media) dal livello regionale. Con una quota che va dal 30% della Valle d'Aosta al 3% del Lazio.

Le procedure seguite a livello regionale

La normativa di emergenza, nella necessità di tempi rapidi, ha previsto una serie di deroghe in materia di appalti e procedure negoziali. A partire dall'ordinanza del capo della protezione civile del 3 febbraio scorso, sono state stabilite una serie di deroghe, successivamente ampliate dal decreto Cura Italia.

Uno degli strumenti maggiormente valorizzati sono le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando. Una modalità che di norma è limitata solo a casi particolari o residuali (v. articolo 63 del codice dei contratti), perché prevede un confronto diretto, senza che sia stato pubblicato il bando, tra l'amministrazione e le aziende selezionate.

Con questa procedura, le stazioni appaltanti possono negoziare i termini del contratto con un minimo di 5 operatori economici (se sussistono in tale numero) senza pubblicare preventivamente un bando di gara. Vai a "Cosa sono le procedure di scelta del contraente"

Considerando tutte le somme bandite per l'emergenza a livello nazionale, oltre il 40% dei lotti e degli importi base d'asta sono stati affidati con questa modalità, seguita da affidamenti diretti e affidamenti in adesione ad accordo quadro.

La grande maggioranza degli importi riguarda procedure negoziate senza pubblicazione del bando.

A livello regionale invece è la procedura di gran lunga più utilizzata. Oltre il 70% degli importi banditi da regioni, società di acquisto regionali e aziende sanitarie ha seguito questa modalità. A grande distanza, gli altri più utilizzati sono gli affidamenti in accordo quadro (16%) e affidamenti diretti (4%).

FONTE: openpolis, osservatorio bandi Covid 
(ultimo aggiornamento: venerdì 17 Luglio 2020)

In alcune regioni, quasi la totalità degli importi banditi ha seguito una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando. In particolare alcune di quelle più colpite dall'emergenza, come Lombardia (96%), Veneto (94%) e Emilia Romagna (92%). Indice che questo strumento è stato considerato quello più funzionale dalle stazioni appaltanti, in una fase che ha richiesto tempi rapidi.

Nel mezzogiorno e in alcune regioni del centro-nord spicca la quota di acquisti tramite affidamenti diretti. Parliamo di oltre un quarto degli importi di Valle d'Aosta, Abruzzo, Molise, Calabria. Regioni meno colpite dall'emergenza, ma che hanno fatto maggiormente ricorso ad procedura meno competitiva rispetto alle stesse procedure negoziate. In Toscana invece la quasi totalità degli importi è stata affidata all'interno di un accordo quadro. Una procedura per cui l'affidamento diretto è vincolato ad una graduatoria prestabilita di operatori cui affidare l'appalto, definita attraverso una apposita convenzione.

In generale si osserva l'assoluta irrilevanza delle procedure aperte nella gestione della crisi, già emersa nel caso nazionale. Una tendenza che ovviamente è dovuta ai tempi ristretti in cui tutti i soggetti pubblici, regioni comprese, si sono trovati ad operare. Ma allora, come abbiamo ribadito più volte, deve esserci totale trasparenza sulle scelte fatte.

Purtroppo, ancora adesso di molti bandi conosciamo l'esistenza, ma non l'esito. Del 52% dei lotti censiti sulla piattaforma sappiamo che sono scaduti, ma non se siano stati assegnati, a chi e con quali importi di aggiudicazione. Un grave vulnus per la trasparenza, ma anche per la corretta gestione di un'emergenza che ancora non sembra essere finita.

Foto: regione Lombardia

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