I cambi di gruppo parlamentare nella XVIII legislatura Valzer parlamentare

Per quanto del tutto legittima, la pratica dei cambi di appartenenza è generalmente condannata. Specie quando raggiunge dimensioni molto rilevanti. Per questo, in vista del voto, è utile ripercorrere quanto avvenuto negli ultimi anni.

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Quella che ci stiamo per lasciare alle spalle è stata una legislatura ricca di momenti significativi. Negli ultimi anni infatti governo e parlamento si sono trovati a dover fronteggiare prima l’emergenza Covid e successivamente l’esplosione della guerra in Ucraina. Con le note conseguenze dal punto di vista umanitario ed economico.

Non sono mancati poi i momenti di grande rilievo dal punto di vista politico. Passaggi che – incluse le recenti dimissioni di Mario Draghi – hanno avuto un grande impatto sui partiti. Tra le conseguenze più dirette in questo senso vi è quella dei cambi di gruppo parlamentare. Un fenomeno che tra il 2018 e il 2022 ha raggiunto livelli molto importanti.

456 i cambi di gruppo registrati nel corso della XVIII legislatura.

Per quanto la scelta di cambiare collocazione politica sia del tutto legittima, questa dinamica non è ben vista dall’opinione pubblica ed è spesso condannata dagli stessi addetti ai lavori. Questo perché in genere viene vissuta come un “tradimento” della volontà degli elettori. I quali si ritrovano spesso a scegliere un rappresentante che poi cambia schieramento dopo il voto. In molti casi passando anche dal centrodestra al centrosinistra e viceversa.

Le defezioni parlamentari costituiscono una minaccia al legame tra elettori ed eletti perché alterano il mandato elettorale trasmesso al momento del voto (quando ciascun candidato si era presentato all’interno della lista di uno specifico partito) e rendono più difficile l’accountability al termine del mandato (perché la specifica accoppiata partito-candidato non esiste più).

Questi passaggi di gruppo peraltro non sminuiscono solo i singoli parlamentari ma arrecano anche un danno di immagine e credibilità alle formazioni coinvolte. Ci sono inoltre anche dei risvolti pratici. La capacità di una forza politica di mantenere compatti i propri esponenti in parlamento e non “subire” defezioni è infatti un elemento assai rilevante. Più un gruppo parlamentare è numeroso, ad esempio, e maggiore sarà la sua capacità di indirizzare l’agenda politica. Per questo le defezioni rappresentano un problema per i partiti. Da questo punto di vista la vicenda del Movimento 5 stelle, i cui gruppi si sono sostanzialmente dimezzati dall’inizio della legislatura, è emblematica.

Anche per questo motivo, nel nuovo regolamento del senato sono stati introdotti degli accorgimenti che puntano a scoraggiare il fenomeno, pur senza vietarlo espressamente. L’analisi dei dati sui cambi di gruppo quindi può fornire indicazioni utili in vista delle elezioni del prossimo 25 settembre.

Come i cambi di gruppo hanno stravolto il parlamento

I cambi di gruppo, pur se con intensità diversa, hanno caratterizzato tutta la legislatura fin dal suo inizio nel marzo del 2018. Alcuni passaggi politici particolarmente rilevanti però hanno impresso un’impennata al fenomeno. Ad esempio, i due cambi di governo hanno comportato significativi stravolgimenti nella geografia parlamentare. Anche la rielezione al Quirinale di Sergio Mattarella ha avuto un impatto rilevante da questo punto di vista.

Significative in questo senso anche le recenti dimissioni di Mario Draghi. Molti parlamentari infatti hanno cambiato gruppo ancora nelle ultime settimane prima della pausa estiva. Tra questi, hanno destato particolarmente scalpore gli abbandoni di tre volti storici di Forza Italia come i ministri Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Renato Brunetta che hanno lasciato il partito in polemica con la scelta di contribuire alla caduta del governo.

Considerando la legislatura nel suo complesso, i cambi di gruppo totali sono stati 456 di cui 297 alla camera e 159 al senato. I parlamentari coinvolti invece sono 217 deputati e 87 senatori. La discrepanza tra il numero totale di cambi di gruppo e i parlamentari coinvolti è dovuta al fatto che ogni deputato o senatore può cambiare gruppo una quantità illimitata di volte.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 6 Settembre 2022)

Alcuni gruppi si sono ridotti rispetto all’inizio della legislatura, altri invece si sono ingranditi, inoltre ne sono nati di nuovi in corso d’opera. Da questo punto di vista la forza che si è indebolita di più è il Movimento 5 stelle che, rispetto al 2018, ha perso ben 171 esponenti tra camera e senato.

Il M5s ha espulso chi non votò la fiducia a Draghi, salvo poi farlo cadere un anno e mezzo dopo.

Le vicende che hanno portato il M5s a perdere lo scettro di forza più rappresentativa in parlamento (a vantaggio della Lega) sono molteplici. Basti ricordare le numerose espulsioni di quei parlamentari che avevano rifiutato di cedere una parte dei propri compensi per finanziare le iniziative del movimento. O ancora i molti abbandoni a seguito della nascita dell’esecutivo Conte II e, ancora di più, del governo di unità nazionale. In questo secondo caso poi ci furono le espulsioni di quei parlamentari che scelsero di non votare la fiducia a Draghi. Infine, la scissione attuata dal ministro degli esteri Luigi Di Maio che a giugno scorso ha fondato i gruppi di Insieme per il futuro a cui hanno aderito 63 parlamentari. Quasi tutti ex M5s.

ll gruppo di Liberi e uguali è presente solo alla camera mentre Per le autonomie e Costituzione, ambiente, lavoro solo al senato. I gruppi di Italia viva, Insieme per il futuro e Costituzione, ambiente, lavoro sono nati a legislatura in corso. Di conseguenza è fisiologico un loro saldo positivo nel rapporto tra componenti conquistati e persi.

I dati del senato sono aggiornati al 30 agosto 2022.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 6 Settembre 2022)

Le altre due forze politiche che, anche se in misura minore, si sono indebolite a causa dei cambi di gruppo sono Forza Italia (-47 parlamentari) e Partito democratico (-29). I dem in particolare sono stati penalizzati dall’abbandono dell’ex segretario Matteo Renzi che ha fondato Italia viva. Anche se c’è da dire che in parte gli abbandoni sono stati compensati da nuovi ingressi di esponenti provenienti da altre forze politiche.

Nel caso di Fi invece, è possibile che molti abbandoni siano stati dettati dal significativo calo di gradimento nei sondaggi registrato dal partito di Silvio Berlusconi negli ultimi anni. In un contesto in cui i parlamentari eletti saranno solo 600 infatti, è possibile che deputati e senatori siano stati spinti a cercare una nuova collocazione che garantisse loro maggiori probabilità di ottenere un seggio.

I cambi di gruppo nel dettaglio

Se l’abbandono di una forza politica può essere giudicato legittimo quando non c’è più unità di vedute tra parlamentare e gruppo di appartenenza, agli occhi dell’opinione pubblica questa dinamica diventa inaccettabile specialmente quando i riposizionamenti sono di uno, effettuati magari nel giro di poco tempo.

Da questo punto di vista nella legislatura che va a chiudersi sono un centinaio i parlamentari che hanno cambiato gruppo più di una volta. Al primo posto in particolare troviamo due esponenti che hanno effettuato 5 riposizionamenti ciascuno, una alla camera e uno al senato. A Montecitorio troviamo Maria Teresa Baldini. Approdata in parlamento perlatro solo nel 2019, proclamata in sostituzione di Carlo Fidanza. A palazzo Madama invece il senatore che ha cambiato gruppo più volte è Giovanni Marilotti attualmente membro del Pd.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 6 Settembre 2022)

Ci sono poi altri 14 parlamentari che hanno effettuato 4 cambi di gruppo. Molti di questi militano attualmente in Costituzione, ambiente lavoro (Cal), formazione presente solo al senato e composta principalmente da ex 5s che hanno fatto un’opposizione intransigente al governo Draghi. Tra i senatori più noti che ne fanno parte troviamo Barbara Lezzi, ex ministro per il sud nel primo governo Conte. La vicenda di questo gruppo è molto particolare: infatti era stato costituito una prima volta (anche se con una denominazione diversa) nel gennaio scorso durante le concitate fasi dell’elezione per il presidente della repubblica. Ma venne sciolto dopo solamente un giorno. I senatori che vi avevano aderito sono tornati quindi nel gruppo misto, salvo poi fare nuovamente il percorso inverso qualche mese dopo.

Sarebbe opportuno valutare i cambi di gruppo caso per caso.

I cambi di gruppo non sono tutti uguali e a seconda dei casi possono avere ragioni molto diverse tra loro. A volte infatti possono essere dovuti anche ai regolamenti sul funzionamento delle camere. Ad esempio, il gruppo di Liberi e uguali presente alla camera non avrebbe i numeri per costituirsi in forma autonoma in base alle norme vigenti. Ma ne è stata autorizzata ugualmente la costituzione dal presidente Roberto Fico nell’aprile del 2018. I suoi appartenenti, che prima facevano parte del gruppo misto, sono quindi transitati in questa formazione. Compiendo a tutti gli effetti un cambio di gruppo.

Un caso simile ma inverso è quello di Coraggio Italia. Il progetto politico ideato da Giovanni Toti e Luigi Brugnaro infatti si era costituito alla camera nel maggio del 2021. Ma a seguito dell’abbandono di alcuni deputati (in particolare alcuni ex 5s che hanno deciso di aderire a Insieme per il futuro) il gruppo è sceso sotto la soglia minima dei 20 aderenti richiesta dal regolamento e ne è stato quindi decretato lo scioglimento. I deputati che ne facevano parte sono stati quindi “costretti” a transitare nel gruppo misto.

Alla luce di queste considerazioni occorre quindi tenere sempre presente che non ci sono solo motivazioni politiche o di opportunismo che possono portare un parlamentare a cambiare gruppo. Per questo sarebbe importante valutare ogni caso in maniera approfondita. Questa dinamica infatti può influire molto sulla credibilità del singolo ma anche delle forze politiche nel complesso. Valutare l’operato dei singoli candidati è quindi importante, anche per arrivare al voto in maniera più consapevole.

Foto: Facebook - Luigi Di Maio

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