Fedriga è il nuovo presidente della conferenza delle regioni Mappe del potere

Con la nomina di Fedriga a presidente e di Emiliano a vicepresidente sono stati rinnovati i vertici della conferenza delle regioni. Un esponente della Lega dunque va a ricoprire un ulteriore incarico istituzionale in un organo che in questi mesi ha assunto un’inedita centralità.

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Nei giorni scorsi Massimiliano Fedriga (Lega), presidente del Friuli Venezia-Giulia, è stato nominato presidente della conferenza delle regioni. L’esponente leghista ha quindi preso il posto di Stefano Bonaccini (Pd), presidente dell’Emilia-Romagna, che era in carica dal 2015. Che la presidenza quest’organo andasse a un presidente di regione di centro-destra era abbastanza scontato. Era meno ovvio invece che la scelta ricadesse proprio su Fedriga.

Sono diversi anni ormai che le regioni hanno assunto un ruolo rilevante nella politica Italiana, e con loro la conferenza che le riunisce. Con l’arrivo del coronavirus però le regioni hanno assunto un’inedita centralità a causa della competenza concorrente che la costituzione gli attribuisce in campo sanitario.

Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

L’importanza della conferenza delle regioni durante la pandemia

La conferenza delle regioni è nata nel 1985 ma è dopo la riforma del titolo V della costituzione, approvata nel 2001, che quest’organo ha assunto maggiore importanza.

La conferenza delle regioni è la sede in cui si incontrano i presidenti di regione per adottare una linea comune nei confronti dei provvedimenti espressi dal governo nazionale. Vai a "Che cos’è la conferenza delle regioni e delle autonomie locali"

Infatti con l’attribuzione di alcune competenze concorrenti tra stato e regioni, queste hanno assunto molta più rilevanza negli ultimi 20 anni rispetto al periodo precedente. Peraltro la materia più importante su cui le regioni esercitano la propria competenza è quella sanitaria. Per questo il loro ruolo è diventato ancora più centrale in questo anno caratterizzato dalla lotta al coronavirus.

 la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha acquisito un ruolo centrale nella concertazione istituzionale, reso ancora più evidente in questi mesi vissuti all’insegna dell’emergenza per una pandemia che non ha dato tregua.

Ma se è nella conferenza delle regioni che i presidenti cercano una mediazione tra le loro opinioni è poi nella conferenza stato-regioni che queste devono cercare di armonizzare le proprie posizioni con quelle del governo centrale.

La conferenza stato-regioni, rappresenta la principale sede di confronto e coordinamento tra le prerogative dello stato e quelle degli enti regionali. Vai a "Che cos’è la conferenza stato-regioni"

Il conflitto di competenze

Nonostante questi due organi e il lavoro di mediazione svolto dall’ex presidente Bonaccini, riconosciuto come molto positivo anche dal suo successore Fedriga, nel corso di questo difficile anno sono stati molti i contrasti tra le regioni e il governo centrale.

La crisi da Covid-19 ha fatto emergere molti conflitti di attribuzioni tra le competenze dello stato e delle regioni.

Infatti se da un lato l’articolo 117 della costituzione attribuisce allo stato in ambito sanitario solo la determinazione dei principi fondamentali, lasciando invece alle regioni la potestà legislativa, dall’altro molti altri articoli della costituzione indicano piuttosto chiaramente che in una situazione di emergenza come quella che stiamo attraversando sono le competenze dello stato centrale a prevalere. È sempre l’articolo 117 infatti a indicare in maniera esplicita che lo stato ha competenza esclusiva in tema di profilassi internazionale.

Nonostante questo i confini specifici delle competenze statali e regionali sono risultati poco chiari in molte occasioni e nella maggior parte dei casi è stata proprio la conferenza stato-regioni la sede in cui sono stati discussi questi profili di incertezza.

Corte costituzionale

Questi organi hanno quindi svolto una funzione fondamentale anche se non sempre è risultata sufficiente. Non a caso è stata necessaria una sentenza della corte costituzionale per ribadire il primato dello stato nella gestione della pandemia.

L’equilibrio politico tra le regioni

Il mandato di Stefano Bonaccini, iniziato nel 2015 si sarebbe dovuto concludere alla fine del 2020. Tuttavia, vista la situazione di emergenza e la mancanza di un accordo unitario sul successore, è stato deciso di prorogare il mandato del presidente dell’Emilia-Romagna per alcuni mesi.

Già dall’ultima tornata di elezioni regionali però era diventato ovvio che il successore di Bonaccini sarebbe stato di centro destra, e con tutta probabilità un esponente della Lega. Il centro destra infatti governa ormai la maggioranza assoluta delle regioni ed è la Lega il partito con il maggior numero di presidenti.

15 su 21 i membri della conferenza appartenenti al centrodestra.

FONTE: elaborazione openpolis su dati conferenza delle regioni
(ultimo aggiornamento: martedì 13 Aprile 2021)

La nomina di Fedriga alla presidenza

Secondo alcune ricostruzioni, dopo un mandato da vicepresidente della conferenza, il governatore della Liguria Toti (Cambiano) sarebbe stato interessato alla guida dell'organo collegiale delle regioni. Tuttavia gli equilibri politici all'interno della conferenza delle regioni suggerivano piuttosto chiaramente che sarebbe stato un presidente leghista ad assumerne la guida.

Zaia era considerato il candidato più ovvio per succedere a Bonaccini.

In molti però avevano avanzato l'ipotesi che il posto sarebbe stato occupato dal presidente del Veneto, Luca Zaia che a settembre era stato rieletto nella sua regione con il 76% dei voti. Anche per questo però Zaia è considerato un potenziale avversario interno del segretario nella leadership del partito. Secondo molti quindi Salvini non avrebbe gradito la nomina di Zaia in una posizione che conferisce una certa visibilità a livello nazionale.

Sulla carta un'altra possibilità sarebbe stata che la scelta ricadesse su Attilio Fontana, presidente della Lombardia. Un'altra regione molto importante da cui peraltro proviene Matteo Salvini. Tuttavia la contestata gestione della grave crisi sanitaria da parte della giunta Fontana ha reso questa strada impercorribile e alla fine la scelta è ricaduta su Fedriga.

La nomina di Emiliano alla vicepresidenza

Le dinamiche dei rapporti interni a partiti e coalizioni nel rinnovo della conferenza delle regioni non sono state osservate soltanto nel centro destra. Oltre al presidente infatti la conferenza ha nominato anche un vice che, per prassi, viene scelto tra gli esponenti della minoranza politica all'interno dell'organo.

Michele Emiliano e Vincenzo De Luca si sono contesi il ruolo di vicepresidente.

Nel contesto attuale quindi la vicepresidenza doveva andare a un esponente di centro sinistra, magari di una regione del mezzogiorno. Proprio per questo fino a poco prima dell'elezione erano i presidenti della Puglia, Michele Emiliano, e quello della Campania, Vincenzo De Luca, entrambi del Partito democratico (Pd), a contendersi la posizione.

La scelta dei presidenti alla fine è ricaduta su Emiliano, forse anche a causa dell'atteggiamento piuttosto conflittuale che in varie occasioni ha caratterizzato il rapporto tra il presidente campano e il governo centrale. Contrasti che a pochi giorni di distanza dal rinnovo dei vertici della conferenza delle regioni hanno portato De Luca a ipotizzare un boicottaggio della conferenza stato-regioni.

Se per aprile non arriveranno in Campania i duecentomila vaccini in meno che ci hanno sottratto nei tre mesi che abbiamo alle spalle, prenderemo misure clamorose. Intanto non parteciperemo più alle riunioni della conferenza Regioni-Stato, perché non intendiamo più essere presi in giro.

Il rapporto col governo centrale

Quando con la scorsa tornata di elezioni regionali è diventato evidente che la conferenza delle regioni sarebbe stata guidata dal centro destra, è sorta la questione di come si sarebbero svolti i rapporti tra quest'organo e il governo giallo rosso guidato da Giuseppe Conte.

Certo è successo in molte occasioni che il governo nazionale e la presidenza della conferenza delle regioni fossero di colore opposto, ma come abbiamo visto non era mai capitato prima che quest'organo assumesse un ruolo così centrale nelle dinamiche istituzionali. Inoltre anche con Bonaccini come presidente non erano mancati i contrasti con il secondo governo Conte.

Con la nascita del governo Draghi cambia anche il ruolo politico che la Lega può giocare attraverso la conferenza delle regioni.

Tuttavia la nascita del governo Draghi ha completamente cambiato il contesto. La Lega è entrata a far parte della maggioranza ed esprime diversi ministri all'interno della compagine di governo. Inoltre se con il precedente esecutivo il ruolo di ministro per gli affari regionali era svolto da Francesco Boccia (Pd), oggi è un'esponente di Forza Italia a ricoprire questo incarico, Maria Stella Gelmini.

Se nel contesto precedente la presidenza leghista aveva le caratteristiche per diventare uno strumento di contestazione delle politiche del governo centrale, oggi questa dinamica deve essere letta in modo diverso.

Certo nel primo incontro con il governo in sede di conferenza stato-regioni Fedriga ha presentato delle proposte di linee guida per la riapertura di alcuni settori. Un passo che probabilmente sarà stato apprezzato dal leader della Lega Salvini che ha puntato molto sulle riaperture, almeno da un punto di vista comunicativo. Detto questo però dall'altra parte del tavolo, oltre alla ministra Gelmini, Fedriga ha trovato e troverà in futuro altri ministri appartenenti al centro-destra, se non alla stessa Lega. Sarà quindi interessante capire quale approccio adotterà in queste interlocuzioni e quali saranno le ripercussioni sulla maggioranza di governo e tra gli alleati di centro-destra.

 

Foto Credit: Massimiliano Fedriga - Facebook

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