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Sono oltre 600mila i bambini e i ragazzi che abitano in Piemonte, di cui oltre 120mila nella sola Torino.

Parliamo della fascia d’età che, nell’ultimo anno e mezzo, pur risentendo marginalmente delle conseguenze sanitarie relative al Covid, ne ha ampiamente pagato gli effetti educativi e sociali. Dalle restrizioni agli spostamenti, alla chiusura delle scuole, che hanno inciso sulle opportunità di apprendimento e di socialità. Fino agli effetti economici di una crisi rivelatasi particolarmente dura per i bambini e le loro famiglie.

Con la conseguenza che chi oggi ha meno di 18 anni sta attraversando le fasi cruciali dello sviluppo in un momento storico particolarmente difficile.

639.522 residenti con meno di 18 anni in Piemonte nel 2020.

Il Covid ha riproposto questioni di lungo periodo nell’offerta di servizi rivolti ai minori.

Per valutare l’impatto della crisi sui minori, è necessario ricostruire quanto ciascun territorio fosse preparato alle sfide poste dall’emergenza. Partendo dal presupposto che, anche nella fase che stiamo vivendo, per contrastare la povertà educativa sia cruciale la presenza diffusa di presidi educativi e reti comunitarie.

Affrontare l’emergenza con un tessuto sociale solido, e una rete di servizi educativi di qualità, è stato un valore aggiunto, soprattutto per bambine e bambini. Basti pensare come le problematiche poste dal Covid siano in molti casi andate a “stressare” questioni aperte da lungo periodo. Un esempio su tutti è dato dall’edilizia scolastica: il distanziamento in classe, con la necessità di riadattare gli spazi nelle scuole, ha riproposto il tema della condizione del patrimonio edilizio delle scuole.

Il report in formato pdf

Tra i vari indicatori che si possono confrontare, va segnalato come in Piemonte ad esempio si registri una percentuale di edifici scolastici classificati come “vetusti” (cioè con un’età superiore ai 50 anni) ampiamente superiore rispetto alla media nazionale (17,8%).

43,7% edifici scolastici classificati come vetusti in Piemonte.

Se un’elevata età media non pone di per sé una criticità, è comunque necessario monitorarla anche in relazione alla necessità di interventi di manutenzione e ammodernamento. Anche e soprattutto alla luce della forte variabilità nella presenza di strutture antiche sul territorio piemontese: dal 62% della provincia di Alessandria al 33,5% della città metropolitana di Torino.

Un altro tema tornato in primo piano è la questione dei trasporti per raggiungere la scuola, con la necessità da un lato di rispettare le norme anti-contagio e dell’altro di garantire a tutti gli studenti e le studentesse di poter arrivare a scuola facilmente. In questo caso i dati della regione sono largamente superiori alla media nazionale. In Piemonte infatti il 97% degli edifici scolastici è raggiungibile con almeno un mezzo alternativo all’auto privata. Oltre 10 punti al di sopra della media nazionale (86%).

Sugli asili nido, Piemonte a 3 punti dall’obiettivo Ue dei 33 posti ogni 100 bambini.

L’emergenza Covid ha riacceso l’attenzione pubblica sulla necessità di disporre di una rete capillare servizi educativi per la prima infanzia. Non solo come conciliazione dei tempi familiari, messi in forte tensione nella pandemia. Ma anche come investimento di lungo periodo sull’occupazione femminile e sull’apprendimento dei bambini nei primi 1.000 giorni di vita. In Piemonte il livello di copertura potenziale di posti in asilo nido e servizi integrativi per la prima infanzia pubblici e privati è superiore alla media nazionale (26,9%), anche se non ha ancora raggiunto l’obiettivo europeo di garantire 33 posti in asilo nido ogni 100 bambini.

30,1 posti nei servizi prima infanzia ogni 100 bambini in Piemonte.

I mesi di didattica a distanza poi hanno dimostrato quanto agenda digitale e contrasto della povertà educativa siano legate in modo determinante. Si pensi alla possibilità di seguire la didattica a distanza nei territori con connessioni insufficienti. Sotto questo aspetto, in base ai dati precedenti l’emergenza, il 61% delle famiglie piemontesi risultava raggiunto da una connessione di banda larga veloce su rete fissa (pari almeno a 30 Mbps, contro una media nazionale del 68,5%).

7 su 20 la posizione del Piemonte rispetto alle altre regioni per quanto riguarda le connessioni ultraveloci.

Mentre nella banda larga ultraveloce (connessioni superiori a 100 Mbps) il dato piemontese (37% delle famiglie potenzialmente raggiunte) era assolutamente in linea con la media italiana (36,8%). Con forti differenze interne: dal 51% della città metropolitana di Torino al 10% della provincia di Verbania-Cusio-Ossola.

I dati appena visti devono essere approfonditi in chiave comunale e subcomunale.

Come emerge dai pochi aspetti appena passati in rassegna, il territorio della regione presenta dati spesso fortemente variabili al loro interno. In molti casi, la faglia determinante è quella tra le città maggiori, come i capoluoghi, in cui i servizi sono più diffusi, e i centri minori, specialmente montani e periferici, dove le carenze sono più ampie.

Alla luce di tale tendenza, nel corso del report approfondiremo gli aspetti più salienti di questa fase (come connessioni, scuole e asili nido) in chiave locale, confrontando le differenze a livello provinciale e comunale, con il metodo proprio dell’osservatorio povertà educativa #conibambini.

Un metro di analisi che, come vedremo nel caso di Torino, in molti casi è addirittura insufficiente e rende necessario un approfondimento di tipo subcomunale. Confrontando le 8 circoscrizioni in cui è suddiviso il comune capoluogo di regione e le sue 94 zone statistiche. Di fatto, in molti casi, vere e proprie città nella città.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat, Agcom, Miur
(ultimo aggiornamento: martedì 6 Luglio 2021)

Foto credit: Flickr massimo ankor - Licenza

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