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Dichiarazione di Marco PANNELLA

Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU  (Gruppo: ALDE) 


 

Vicenza, Berlusconi dice no al referendum. Un assurdo atto di non democrazia.

  • (09 settembre 2008) - fonte: Liberazione - Maurizio Mequio - inserita il 09 settembre 2008 da 31

    «La consultazione popolare da lei indetta si manifesta ancora più gravemente inopportuna», queste le sibilline parole contenute nella lettera firmata "Silvio Berlusconi" e arrivata venerdì scorso nelle mani del sindaco di Vicenza, Achille Variati.
    Secondo il premier il referendum del 5 ottobre sulle sorti del raddoppio della base americana sul territorio veneto «avrebbe una pesante ricaduta perché si porrebbe in diretto contrasto con l'azione del governo, e con le valutazioni della magistratura. Rischierebbe, infine, di fomentare ulteriori tensioni interne ed esterne non facilmente prevedibili». Una presa di posizione che ha lasciato in molti perplessi, anche perché scoccata alla vigilia di una manifestazione movimentata, quella del Comitato No Dal Molin di sabato, e poche ore dopo le cariche della polizia a dei pacifici ragazzi che cercavano di alzare una piccola torretta di controllo sull'area demaniale dell'aeroporto. Marco Pannella, storico esponente dei radicali, ieri ha commentato la vicenda: «Da una vita credo che nessun referendum possa essere ritenuto inopportuno o pericoloso. Al contempo so che le mie parole non sono un dogma. Che siamo nel mondo della politica, un mondo in cui si valuta di volta in volta. Scusate, ma con che frequenza la corte costituzionale ha operato veri e propri colpi di Stato?
    Berlusconi ha dimostrato di essere solo l'ultimo di una serie. Uno dei tanti che hanno provato a ostacolare importanti momenti di democrazia».

    Secondo il radicale il problema è alla radice: «Più volte la camera dei deputati legifera in direzione opposta alle richieste di consultazione popolare e lo fa all'unanimità. Destra e sinistra insieme. E' una caratteristica italiana. Nel caso specifico, la responsabilità è di tutti coloro che non hanno spostato la discussione a Roma. Si dice la propria solo quando mancano degli accordi, senza aver prima fatto delle vere battaglie in parlamento. I partiti di sinistra dove erano gli scorsi anni? Non ci chiedono nulla, poi come al solito ci troviamo costretti a dare una mano a tanti buoni a niente». Sul Dal Molin: «Sono contrario all'ampliamento della base, ma in questo caso non per pacifismo, per opportunità. Nel senso che la mia posizione personale non è dovuta a un antiamericanismo, ma alle esigenze della cittadinanza. Il discorso mi interessa perché è legato al territorio, alle persone, ma credo anche che oramai non ci sia più tempo. Gli accordi internazionali vanno stilati nelle sedi giuste, in quelle sedi le stesse persone che ora difendono i manifestanti non si sono fatte sentire. E' in questo modo che si mandano "a culo" dei risultati». Intanto a Vicenza il Comitato No Dal Molin denuncia: «C'è un filo logico tra la lettera di Berlusconi e le cariche della manifestazione», afferma Marco Palma del Comitato No Dal Molin. «Pressioni politiche e repressione sono tutte opere del governo centrale. Stanno tentando di far saltare tutto, costruendo dall'alto un clima di terrore diffuso. La nostra preoccupazione resta la stessa: che i lavori inizino in segreto. Perché caricare delle persone per una innocua torretta? Perché si temono occhi indiscreti». Le persone ferite ora stanno meglio: «E' andata bene da questo punto di vista, ma è stato pesante. Ognuno può vedere cosa è successo su Internet. Botte al volto, sulla schiena, sulle gambe. D'altra parte il governo otterrà solo degli effetti contrari: la gente sta continuando ad appoggiarci. Partecipa al nostro Festival e si è resa disponibile per le prossime iniziative di protesta. Mercoledì accoglieremo con rumore il ministro Bondi e per sabato prossimo abbiamo organizzato una grande mobilitazione che partirà dal centro della città fino a arrivare al Dal Molin. Abbiamo intenzione di fare un sopralluogo pacifico».

    Sull'importanza del 5 ottobre: «I cittadini sono chiamati a rispondere se vogliono che il comune avvii la procedura di acquisto del terreno per un uso civile, oppure no. Variati è stato eletto per questo, per tutelare questa data. La vittoria del sì sarebbe l'affermazione della dignità della cittadinanza. Sarebbe la risposta ai diversi tentativi di negazione della libertà di espressione e della partecipazione sulle scelte che riguardano il territorio».
    Gli esponenti locali del Prc denunciano un rischio astensionismo: «Il sindaco ha parlato di un quorum a 35mila abitanti, quando per questo tipo di consultazioni non esiste un numero di votanti che renda valido il voto», afferma Ezio Lovato. «Vicenza ha sole 105mila anime e visti i dati delle ultime partecipazioni in materie referendarie... inoltre il comitato del Sì ha fatto il suo ennesimo ricorso al Tar. Ci vogliono cassare». Emilio Franzina, consigliere provinciale, si è detto pronto a chiedere le dimissioni dell'attuale questore per i fatti di sabato: «Nella sua documentazione ha giustificato la violenza con l'opposizione dei manifestanti. Dice che le forze dell'ordine sono intervenute perché si sarebbe calato del cemento. Non mi sembra che in Italia, un paese dove molti fanno le leggi per risolversi le loro magagne, siano già previste le bastonate per questo tipo di abusi edilizi. Attenzione: non vorrei che si stesse puntando il dito sull'ordine pubblico, per chiedere lo scioglimento del consiglio comunale».

    Fonte: Liberazione - Maurizio Mequio | vai alla pagina
    Argomenti: violenza, usa, Berlusconi, dal molin, basi militari, referendum, radicali, veneto, opposizione, vicenza, non violenza, Pannella Marco | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 10 settembre 2008 da 31
    Il referendum è voluto dai cittadini di Vicenza. E il sindaco della città, giustamente, alla consultazione popolare ci tiene. Il popolo è sovrano o conta soltanto quando gli si chiedono i voti? Non democrazia, è la locuzione usata dall'on. Pannella. Se il Presidente del Consiglio non vuole "tradurla", allora la si chiami imposizione di regime. Ma un regime antidemocratico, in Europa, non fa più molta strada.

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