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Dichiarazione di Paolo GIARETTA

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) 


 

L'APPELLO AI DIRIGENTI NAZIONALI: «Basta dibattiti autoreferenziali, il Pd torni a parlare di contenuti» - INTERVISTA

  • (26 agosto 2008) - fonte: Redazione official web site Pd Veneto - inserita il 26 agosto 2008 da 31

    Finite le ferie anche per il sen. Paolo Giaretta, segretario del PD veneto. Che, pur all’estero, non si è perso una delle «stucchevoli» polemicucce piddine sulla stampa nazionale. Vi si sofferma quanto basta per spronare il partito a non perdersi in chiacchiere autoreferenziali e a guardare avanti per affrontare con coraggio le prossime sfide di un autunno che si annuncia “caldo”.

    «Occorre uscire da questo vizio di rinchiudere tutto il dibattito sul contenitore e non sui contenuti – esorta il leader veneto - Rischiamo di fare un dibattito artificiale. Anche invocare il congresso, come fosse una sorta di panacea che risolverebbe tutti i mali, è un modo molto referenziale di affrontare le difficoltà. Penso invece che si debba tornare ai fondamentali: perché è nato il Partito Democratico e a cosa deve servire un partito.»

    Torniamo ai fondamentali, senatore.
    «Un partito serve per proporre un progetto di trasformazione della società italiana, serve per costruire un gruppo dirigente che sia capace, al centro come alla periferia, di rendere vero questo progetto nelle scelte quotidiane, e serve per dare canali di dibattito e di partecipazione alla rete di militanti e di elettori e più in generale all’opinione pubblica. Sono queste le cose su cui dobbiamo concentrarci. Tra l’altro è evidente che c’è uno spazio molto grande di iniziativa politica, che il PD deve saper cogliere».
    Su quali temi e in che modo bisogna lavorare?
    «Questa è una società che ha bisogno di essere rassicurata rispetto ai problemi pesanti che comporta la trasformazione di questa fase sociale ed economica. L’insicurezza genera una forte domanda di politica, che nel momento elettorale si è questa volta maggioritariamente rivolta al centrodestra, verso il quale, però, stanno già emergendo elementi di delusione per le promesse mancate.»
    In primis…
    «In primis, il problema principale del nostro Paese, che cresce troppo poco, che vede accentuati, in modo ormai intollerabile, gli squilibri nella distribuzione della ricchezza, con ceti che stanno vivendo l’impatto dell’inflazione, della perdita del potere d’acquisto, della mancanza di tutele. Sono questi i temi su cui deve lavorare il PD per dare risposte credibili. Nella discussione parlamentare sulla manovra economica sono venute fuori idee alternative importanti sulle priorità del Paese: occorre che queste idee non restino nel chiuso delle aule parlamentari ma diventino argomento quotidiano di informazione e di proposta nei confronti dei cittadini. Se però perdiamo il nostro tempo a parlare di congresso, primarie, equilibri politici interni, è molto difficile diventare competitivi nella domanda politica.»
    Dall’esterno si ha l’impressione che ci siano troppi “galli” nel pollaio e, per giunta, ognuno che canta per conto proprio. Sul federalismo, ad esempio, con chi si deve dialogare, con la Lega al governo o con i governatori di Forza Italia?
    «È evidentemente che si deve dialogare con tutti, non creiamo barriere artificiali. Il PD ha la forza, anche per la responsabilità che ha nella guida di molte regioni, di poter condizionare il governo nel cercare di costruire un’ipotesi condivisa di federalismo. Trovo stucchevole che ci si divida tra chi dice che bisogna interloquire con i governatori e chi dice che bisogna interloquire con il governo. Bisogna interloquire con tutti e due, sapendo che fare il federalismo in una fase di depressione economica è particolarmente complicato e finora il governo ha promesso federalismo e praticato centralismo.»
    Tra il dire e il fare…
    «I tagli pesantissimi agli enti locali e la stessa scelta dell’abolizione totale dell’Ici sulla prima casa sono scelte centraliste perché aboliscono un tributo proprio dei Comuni, che dà loro autonomia finanziaria, senza sostituirlo con altre forme di autonomia. Anche qui abbiamo una contraddizione di un governo che predica federalismo e pratica centralismo e noi dobbiamo incunearci in questa contraddizione. Abbiamo la forza di governare molte grandi regioni e quindi abbiamo anche gli strumenti per essere protagonisti di questo dibattito.»
    Come mai in Veneto non c’è ombra di polemica? Prevale la concordia o è solo un caso?
    «Forse perché viviamo in un territorio più difficile. Pur avendo responsabilità nel governo di enti locali importanti, a partire da tre province e quattro capoluoghi, tuttavia viviamo in un territorio politico più ostile rispetto ad altri, questo forse ci dà meno spazio per polemiche interne. Anche nel Veneto però, in questo momento, c’è un problema di iniziativa politica del Partito Democratico. Abbiamo la necessità di ultimare la fase di insediamento degli organi di partito, a cominciare dall’approvazione definitiva dello Statuto regionale. C’è poi la necessità che alla costituzione formale dei circoli corrisponda in tutto il territorio un’adeguata iniziativa politica. C’è l’importante scadenza della manifestazione del 25 ottobre a cui lavorare, che va preparata attraverso la raccolta delle firme e che dovrà anche essere accompagnata dall’illustrazione all’opinione pubblica di quali sono le nostre proposte alternative per il governo del Paese.»
    Cosa può dire il PD veneto ai rissosi dirigenti nazionali?
    «Ci sarà un autunno molto difficile dal punto di vista economico. Si accentueranno la delusione e la preoccupazione degli italiani, anche in una parte dell’elettorato del centrodestra. Quindi c’è la necessità che la comunicazione esterna del PD avvenga sui problemi concreti e non su un eccesso di autoriflessione che poi rischia di non produrre una proposta politica convincente. Del resto quando lo stesso Prodi riconosce che l’Ulivo è riuscito a vincere due volte le elezioni ma poi per due volte è caduto nella sua esperienza di governo per tensioni interne è la migliore testimonianza che quella fase è una fase che si è esaurita. Si è esaurita proprio perché non è possibile continuare a pensare di vincere le elezioni senza poi essere in grado di governare il Paese per le contraddizioni interne alla maggioranza. Per il PD dunque la strada è obbligata.»
    Qual' è questa strada obbligata?
    «Essere fedele all’obiettivo che è stato alla base della sua nascita e cioè fare una proposta riformista per il Paese. È lì che deve venire la sfida, sui contenuti, sulla capacità di rassicurare l’opinione pubblica, in una proposta che metta insieme in modo efficace la protezione dei ceti che pagano i costi del cambiamento e la capacità di guidare il cambiamento affinché il Paese ritorni a crescere.»

    Fonte: Redazione official web site Pd Veneto | vai alla pagina
    Argomenti: attività politica, pd, veneto, ici, federalismo | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (2)

  • Inserito il 26 agosto 2008 da 31
    «Basta dibattiti autoreferenziali»!? Anche se non è mai troppo tardi...è ben detto. Ma, come giustamente viene ricordato dalla redazione:- "Tra il dire e il fare…"
  • Inserito il 26 agosto 2008 da 861
    Insomma senatore, mi pare di aver capito che in questo pd c'è molto che non va e quindi non è solo un'opinione diffusa già da tempo. Ma in quanto a merito, cosa dite? L'opinione pubblica non vuole politici rissosi, ma neanche incompetenti strapagati. Forse è per questo che Prodi non si è fatto vedere a Firenze.

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