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«Non voglio posti, discutere non è un dramma»
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(07 settembre 2008) - fonte: l'Unità - Ninni Andriolo - inserita il 07 settembre 2008 da 31
«Massimo, diamoci una mossa», la frase campeggia sullo striscione che accoglie D’Alema all’inizio del viale della festa. «Ormai è diventata una parola d’ordine», commenta l’ex ministro degli Esteri, mentre fa il giro degli stand e saluta i vecchi "compagni". C’è chi gli ricorda «Di Pietro che facemmo eleggere nel Mugello e che oggi…". "Oggi Veltroni gliene ha dette un bel po’ da Firenze...», rincuora "Massimo".
Altro che "depressione" alla festa democratica di Pisa: il segretario provinciale del Pd rintuzza i giornali sciorinando i numeri di quanti hanno visitato gli stand e dei volontari che li mandano avanti. «Ci sono tutte le condizioni per ripartire», assicura Ivan Ferrucci. Nonostante la partita della Nazionale il tendone dibattiti è gremito. «Ho visto che Veltroni, a Firenze, ha detto che i dirigenti devono saper vivere in mezzo al popolo - attacca D’Alema - io questo l’ho imparato qui, in questa provincia, anche quando andavo alla Piaggio di Pontedera a parlare con gli operai...». Replica al discorso fiorentino del segretario Pd a poche ore, e a un centinaio di chilometri, di distanza. E tributo, anche, alla città dove D’Alema ha vissuto «una stagione straordinaria, quella che si snodò tra il ’67 e il ’75», segnata dalla "crescita della sinistra e della nostre idee...». E l’ex ministro degli Esteri cita Berlinguer orgoglioso di «essere rimasto fedele agli ideali della sua gioventù». «Per noi è piu’ complicato perché è cambiato molto - commenta D’Alema - Ma, in definitiva, le nostre ragioni di allora rimangono valide, seppure con simboli diversi».
Botta e risposta a distanza, tra Pisa e Firenze in questo sabato di feste democratiche. Marco Damilano, che intervista il presidente di Italianieuropei, chiede un commento sul "va benissimo" di Veltroni al D’Alema che vuole dare "una mano" al Pd. «Come è noto non faccio parte del gruppo dirigente del partito, anche per mia scelta - risponde l’ex ministro degli Esteri - Pensavo fosse giusto dare responsabilità dirette a una generazione piu’ giovane». Dopo la premessa, poi, il chiarimento sull’esortazione a giocare "in" e per la squadra del Pd, fatta da D’Alema nei giorni scorsi. Alla quale erano stati opposti molti "niet". «In un momento difficile come questo, in cui c’è bisogno di chiamare tutti a raccolta, ho detto che sono pronto a dare una mano - spiega D’Alema - Non ho chiesto di occupare cariche, perché non è questo che voglio». Quello che chiede l’ex ministro degli Esteri, in sostanza, è di «essere impegnato». E una scelta di questo genere - dare una mano, ad esempio, «in una situazione particolare o una regione dove magari si litiga, e ce ne sono molte» - non si può compiere "privatamente", serve un «gruppo dirigente che formalizzi un incarico». Non c’è un problema di "collocamento" di D’Alema, in ogni caso. Perché, e qui viene fuori la nota autostima del personaggio, «io mi sono sempre collocato da solo». E il ricordo va a quando «mi dimisi di mia iniziativa da Presidente del Consiglio e, il giorno dopo, costituii una fondazione culturale». Dare "tutti una mano al Pd", quindi. In un momento difficile dove serve "spirito di squadra". Questo, però - il messaggio è inviato allo stato maggiore dei democratici - non significa tapparsi la bocca. «C’è bisogno di discutere del risultato elettorale, perché questo ha segnato una svolta nella storia del Paese - spiega D’Alema - E questo perché, dopo 15 anni, Berlusconi ha vinto un lungo braccio di ferro». E non c’è nulla da "drammatizzare" nel fatto che una discussione la si voglia portare avanti. Qui il riferimento sembra diretto esplicitamente al segretario del Pd. «Dopo il 2001 abbiamo avuto un dibattito molto piu’ drammatico di quello di adesso - ricorda D’Alema - Ci fu un congresso che ci vide spaccati…direi che oggi la discussione è molto piu’ tranquilla». Non si drammatizzi la voglia di discutere, quindi. Perché "è naturale che una forza sconfitta rifletta". A condizione, ovviamente, che la discussione sia volta a "costruire" e non "a distruggere".
L’analisi di D’Alema parte dal fatto che il Pd «ha avuto un risultato importante», ma che - malgrado questo - «si è rilevato il piu’largo distacco tra vincitore e sconfitto da quando si è realizzato in Italia il bipolarismo». Discutere di questo non «significa che voglio litigare», sottolinea D’Alema. «La politica non può che muovere da un’analisi della realtà - continua - E la sensazione è che la destra si stia insediando sempre piu’ nel Paese e che nel Mezzogiorno potrebbe determinarsi addirittura un rischio valanga». Possiamo «nascondere questa realtà, se vogliamo mettere in campo poi una sfida capace di aggredire il blocco che si sta formando?». Per ripartire, comunque, occorre porsi l’obiettivo di «riconquistare la parte piu’ umile del Paese, quel popolo profondo che vive la politica da lontano». E il dovere «di chi ha le maggiori responsabilità», deve essere «guardare allo spessore reale dei problemi». Perché «se devi scalare una montagna non puoi dire che sei in pianura, altrimenti rischi di mettere il piede in fallo».
Cambiare classi dirigenti nel Pd? Mettere in campo facce nuove per la leadership di domani? «Sono del tutto d’accordo - risponde l’ex ministro degli Esteri - e in Italia ci sono diverse personalità capaci di entrare in campo». Quanto a D’Alema, «fin quando sarò in grado di produrre delle idee continuerò imperterrito». Lippi che torna a guidare la Nazionale? «In politica come nel calcio i ritorni sono l’eccezione, la regola infatti è il ricambio».
Fonte: l'Unità - Ninni Andriolo | vai alla pagina » Segnala errori / abusi