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Dichiarazione di Andrea CAUSIN

Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Veneto (Gruppo: L' Ulivo) 


 

L'ora di religione.

  • (08 settembre 2008) - fonte: official web site Pd Veneto - inserita il 10 settembre 2008 da 861

    C’è un detto che recita “scherza con i fanti ma lascia stare i Santi”: significa che quando ci si riferisce alla sfera delle cose sacre, lo si deve fare con grande rispetto e attenzione.

    In questi giorni l’Assessore Regionale Elena Donazzan ha avanzato una proposta relativa all’introduzione dell’obbligo dell’ora di religione (i giornali scrivono “cattolica”) nelle scuole del Veneto.

    Nonostante le necessità giornalistiche restringano il dibattito, io credo che meriti di essere sviluppato, quindi desidero esprimere in fondo il mio pensiero su questo argomento.
    Credo che la proposta dell'assessore sia sensata e tutt’altro che fuori del mondo, a patto che ci si intenda su cosa si intende per “ora di religione”.
    L'insegnamento delle religioni e delle tradizioni storiche e culturali che le caratterizzano, aiutano meglio a comprendere le differenze tra le persone e a superare i pregiudizi.
    Il Veneto è una regione particolare, un caso unico in Italia e forse in Europa per la rapidità di crescita delle presenze migratorie, dovuta alle molte opportunità di lavoro che attraggono ogni anno migliaia di persone che provengono da tutti i paesi: 4,5 milioni di abitanti, 650 mila immigrati regolari (gli irregolari non li contiamo, ma rapporti ufficiali ne stimano oltre 50 mila nella sola provincia di Venezia).
    Molti sono qui dai primi anni novanta: hanno ottenuto il ricongiungimento familiare; hanno moglie e figli.
    La scuola veneta - a differenza di quanto sostenuto una settimana fa da qualche mio collega di partito che evidentemente è poco informato o frequenta la regione solo per motivi di “collegio” - sta vivendo un emergenza epocale: i figli dei migranti frequentano quindi le scuole venete con i nostri figli in numero sempre maggiore.
    Ogni mese, secondo le rilevazioni (e le sollecitazioni allarmate) dell'ufficio scolastico regionale, nelle scuole primarie e in quelle secondarie, avvengono migliaia di iscrizioni ad anno in corso.
    Tra la proposta di ghettizzare i figli degli immigrati – riducendo opportunità di crescita e conoscenza anche ai nostri figli - e quella di favorire l’eliminazione dei pregiudizi che spesso sono legati alla sfera della religione e dei comportamenti, mi pare che la seconda sia più efficace e intelligente.
    L'abbattimento dei pregiudizi e delle barriere linguistiche, realizzati attraverso l’insegnamento della religione e l’inserimento di figure educative preparate, rappresentano un modo per costruire una scuola migliore, più sostenibile e più efficace nel compito educativo di formare la persona.
    Per tali ragioni, l'investimento nell'insegnamento delle religioni, della loro origine, storia, evoluzione antropologica e culturale, insieme all'inserimento di figure capaci di farsi carico della mediazione linguistica e culturale, possono risultare strumenti determinanti per affrontare positivamente l'emergenza e trasformare un problema (perché di problema si tratta) in una opportunità.
    In queste ore, anche nel mio partito ho ravvisato levate di scudi ideologiche che francamente fanno rabbrividire. Qui non è in discussione la laicità dello Stato. Anzi.

    La laicità dello Stato è il terreno fertile in cui possono e devono convivere le differenze tra le persone e tra i gruppi etnici che compongono le società moderne, che sono intrinsecamente multiculturali.
    La laicità dello Stato rappresenta la garanzia dell’espressione religiosa, che è anche un diritto costituzionale, ma allo stesso tempo rappresenta anche il confine che tutela le singole persone dalla stessa libertà di espressioni religiose, che in alcuni casi potrebbero lederli (pensiamo ad esempio a pratiche religiose, che non appartengono solo all’Islam, che ledono l’integrità fisica degli individui).
    Ho colto, nelle frasi di qualcuno che si è voluto confrontare con me (e di questo gliene sono grato), una deriva pericolosa che lascia trasparire un desiderio di eliminare la “dimensione religiosa dell’uomo”. Un tentativo utopico che anche nella storia moderna è stato realizzato e non è stato foriero di lieti eventi; basti pensare all’applicazione politica delle ideologie del Novecento.
    La negazione della dimensione religiosa dell’uomo è una bestialità, poiché è la negazione di un dato intrinseco all’uomo e alla donna di tutti i tempi. È una dimensione culturale? Forse, ma non solo.
    È anche una dimensione antropologica, definisce cioè e costituisce naturalmente l’essenza stessa dell’Uomo. Nessuno di noi è in grado di dire perché l’uomo ha da sempre pensato a se stesso in maniera “trascendente”, cioè perché da sempre ha cercato Dio (Allah, Javè, gli Dei delle civiltà elleniche e romane….) ma è un dato di fatto, e la storia e la realtà lo testimoniano, che l’uomo ha cercato e, da sempre cerca Dio.
    Negare questa dimensione e pensare che essa sia uno strumento di lettura opzionale per la crescita delle persone è fare un cattivo servizio alla comunità. Affermare questa dimensione, conoscerla e governarla, anche per chi è “a–teo”, diviene uno strumento determinante per poter comprendere quella che è oramai una civiltà “meticcia”.
    Qualcuno è in grado di affermare forse che la conoscenza della evoluzione storica e culturale dell’Islam è meno importante della conoscenza di un equazione di secondo grado?
    Voglio chiudere questa comunicazione con un paio di riflessioni che serviranno ulteriormente a chiarire il mio pensiero.
    L’insegnamento obbligatorio della religione cattolica in tutte le scuole, nella situazione del Veneto è u–topica, nel suo significato letterale “fuori luogo”.
    In alcune zone del Veneto, nelle scuole primarie vi è la presenza anche del 40% di figli di immigrati: Islamici, Indù, Sik, Buddisti, ma anche molti Animisti. Non sarebbe giusto insegnare solo la religione cattolica, ma sarebbe corretto che, nella trattazione della storia delle religioni, loro sapessero che si trovano a vivere in un Paese la cui storia e cultura è stata profondamente segnata dal Cristianesimo.
    Infine rimane aperto il tema inedito del confronto con le altre Religioni.
    Io sono battezzato e in virtù del mio Battesimo appartengo alla Chiesa Cattolica. L’unica prospettiva con cui posso e voglio confrontarmi con chi professa altre religioni è quella della mia consapevolezza di essere Cristiano, con le implicazioni personali e sociali, che questa dimensione comporta. Una dimensione che può crescere in spazi di culto, di educazione, e di formazione, che pur avendo spesso assunto nella storia Italiana un valore pubblico, rimangono nella sfera del privato, del rispetto della laicità dello Stato e della libertà di scelta delle persone.

    Fonte: official web site Pd Veneto | vai alla pagina
    Argomenti: immigrati, chiesa, scuola, laicità, pd, veneto, regione veneto, religioni | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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