L’importanza degli investimenti nel sistema scolastico #conibambini

L’istruzione è uno degli asset strategici per affrontare le sfide che ci attendono nel prossimo futuro. Nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni, però, gli investimenti pubblici italiani, stando ai dati del 2018, non sono ancora tornati ai livelli precedenti la crisi del 2008.

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In un’epoca caratterizzata dalla crisi legata al Covid-19 e da profondi cambiamenti sia ambientali che sociali, la conoscenza rappresenta una delle risorse fondamentali su cui puntare.

As countries struggle to respond to economic, environmental and social transformations – including technological advances, climate change and migration – intellectual capital has become the most valuable asset of our time. The core of intellectual capital is knowledge.

Proprio per garantire un futuro alle giovani generazioni è fondamentale quindi che gli stati investano una parte significativa delle loro risorse nel sistema scolastico. Non solo per garantire a tutti (a prescindere dalla condizione socio-economica di origine) l’accesso a un percorso educativo di qualità ma anche per fornire tutte quelle competenze, specie in ambito digitale, che saranno indispensabili nei prossimi anni.

Questo offrirebbe ai giovani maggiori possibilità di trovare un’occupazione stabile all’interno di un mercato del lavoro sempre più competitivo. Con ricadute positive anche sull’economia. La pandemia globale che stiamo vivendo inciderà ovviamente anche su questi aspetti. Da questo punto di vista saranno fondamentali i dati che usciranno l’anno prossimo sul 2020 per valutare l’impatto delle misure Covid sul sistema scolastico.

Perché monitorare il livello di spesa in educazione

Il diritto allo studio è riconosciuto a livello internazionale come prerogativa fondamentale per il benessere di tutti i bambini e i ragazzi. Quando questo diritto non viene garantito, ci troviamo di fronte a casi di povertà educativa.

Un minore è soggetto a povertà educativa quando il suo diritto ad apprendere, formarsi, sviluppare capacità e competenze, coltivare le proprie aspirazioni e talenti è privato o compromesso. Vai a "Quali sono le cause della povertà educativa"

Ogni anno i vari paesi destinano una parte cospicua delle loro risorse al mantenimento del sistema scolastico. Ma la quantità di spesa da sola non è una garanzia né tantomeno un indicatore della qualità di un sistema educativo. Si tratta comunque di un aspetto fondamentale da monitorare nel tempo. Questo perché la quota di spesa in un settore anziché in un altro è un indice indiretto delle priorità del decisore politico e, più in generale, dell’intero paese.

La crisi economica del 2008 ha posto una forte pressione sui bilanci pubblici, portando i governi a ridurre le spese.

In secondo luogo, perché gli anni seguiti alla crisi economica hanno visto un contenimento della spesa pubblica, che spesso è stato pagato proprio dal comparto dell’istruzione. Come segnala Ocse, però, non sempre ad una riduzione delle entrare segue un efficientamento del sistema. In alcuni casi i tagli agli investimenti possono tradursi in una migliore allocazione delle risorse ma in altri possono incidere negativamente sulla qualità dell’istruzione.

I dati, se messi in fila, quindi ci possono dire molto sulle scelte fatte dai vari stati e che possono avere delle ricadute pesanti sulle opportunità che si pongono davanti ai più giovani. Questo, a lungo termine, può avere un impatto negativo anche sulla crescita economica del paese.

Scarsi investimenti in istruzione possono avere ripercussioni negative sull’economia di un paese.

Come detto infatti il sistema educativo è chiamato a trasmettere nuove competenze a dei ragazzi che si troveranno di fronte ad un mondo del lavoro sempre più competitivo, a maggior ragione dopo questa crisi innescata dal coronavirus, dove le competenze specie in ambito tecnologico saranno indispensabili.

Quanto spende l’Italia in istruzione

Purtroppo, da questo punto di vista, le performance del nostro paese non sono soddisfacenti. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili infatti l’Italia non è ancora tornata ai livelli di spesa in istruzione antecedenti la crisi economica del 2008. Gli investimenti in istruzione si sono progressivamente ridotti passando dai quasi 71,5 miliardi di euro investiti nel 2009 ai 65,7 miliardi del 2014. Le risorse sono poi tornate ad aumentare stabilmente a partire dal 2016. Investimenti che, comunque, ancora non sono tornati ai livelli pre-crisi.

Da questo punto di vista sarà molto importante monitorare i dati sul 2020 che usciranno l’anno prossimo. In questo modo sarà possibile fare una valutazione analitica dell’impatto delle misure Covid sul sistema scolastico.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 7 Maggio 2020)

-5,8 mld la diminuzione di spesa per l'istruzione in Italia tra il 2009 e il 2014.

Quanto incide l'istruzione sulla spesa pubblica

Ma quanto incidono gli investimenti in educazione sulla spesa pubblica? Questo è un dato molto importante da monitorare. Infatti, anche se in modo indiretto, ci informa su quanto la spesa in un settore sia considerata più o meno strategica dai decisori ai vari livelli. Un dato che assume ancor più rilevanza se paragonato a quello degli altri paesi europei.

L'Italia è ultima in Europa per investimenti in educazione sul totale della spesa pubblica.

Nonostante ci sia stato un incremento di 2,2 miliardi rispetto all'anno precedente, il dato del 2018 pone l'Italia all'ultimo posto tra i paesi europei per investimenti in istruzione sul totale della spesa pubblica. Da notare che anche altri importanti paesi europei come Francia e Germania hanno speso in educazione una percentuale di risorse pubbliche inferiore alla media Ue.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 7 Maggio 2020)

69,8 mld la spesa pubblica italiana in istruzione nel 2018.

Nel 2009 l'Italia investiva in educazione circa l'8,9% della propria spesa pubblica. Una quota che si è progressivamente ridotta fino al 2014 per poi risalire leggermente fino all'8,2% del 2018. La Germania ha fatto un percorso speculare, partendo da un livello simile a quello italiano e incrementando costantemente la percentuale di spesa fino al 2014 per poi subire una lieve flessione negli anni successivi. Nel 2018 la percentuale è comunque del 9,4%, superiore anche a quella della Francia la cui spesa in istruzione è rimasta più o meno stabile fino al 2017.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 7 Maggio 2020)

Il rapporto tra spesa in istruzione e pil

Un altro dato che può dirci molto su quanto un paese punti sul proprio sistema scolastico è il rapporto tra spesa in istruzione e pil. Questo rapporto infatti indica quanta parte della produzione economica di un paese viene reinvestita nel sistema scolastico (dalle scuole per l'infanzia alle università).

Anche da questo punto di vista l'Italia non brilla. Il nostro paese infatti, già prima della crisi economica del 2008, si trovava al di sotto della media europea ma, dal 2011, si colloca stabilmente negli ultimi posti. Nel 2018 gli investimenti in educazione rappresentavano circa il 4% del pil.

In 10 anni la spesa pubblica in istruzione rispetto al pil dei paesi europei si è ridotta in media di 0,5 punti percentuali.

Notiamo che, tra i tre stati europei più grandi, solo la Francia investe una percentuale di pil superiore alla media europea. Anch'essa però ha ridotto la quota, passando dal 5,7% del 2009 al 5,1% del 2018. L’Italia, invece, partiva da un livello addirittura superiore rispetto a quello tedesco (4,5% contro 4,3%) ma, a partire dal 2010, la Germania l'ha superata stabilmente.

Nel 2018 l’Italia registra un rapporto spesa pubblica/pil del 4%, inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto alla Germania, di 0,7 punti rispetto alla media Ue e di 1,1 punti rispetto alla Francia.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 7 Maggio 2020)

Inoltre, sebbene anche la Germania - così come l'Italia - investa in educazione una quota di pil inferiore alla media europea, bisogna sempre tenere presente che, a livello assoluto, si tratta comunque di una cifra molto consistente, corrispondente a circa 140 miliardi. Quasi il doppio rispetto alla quota italiana e superiore anche a quella francese (120,5 miliardi).

La spesa nei diversi gradi di istruzione

Un elemento interessante da analizzare è capire come le risorse vengono redistribuite tra i vari gradi di istruzione, in particolare quelli più elevati. La possibilità di accedere a percorsi di istruzione superiore di qualità, infatti, permette generalmente ai giovani di avere accesso a lavori più stabili e meglio retribuiti.

I dati Ocse confermano che in Italia gli adulti con un livello universitario di istruzione guadagnano generalmente il 39% in più rispetto agli adulti con un livello d’istruzione secondario superiore. Un dato che è comunque lontano dalla media Ocse in cui i laureati arrivano a guadagnare fino al 57% in più. Gli investimenti in questo settore rappresentano quindi un parametro da tenere sotto osservazione.

Sebbene la spesa [italiana] per studente aumenti ai livelli superiori di istruzione, il divario rispetto alla media Ocse diventa più ampio in quanto la spesa per l’istruzione aumenta di più in altri paesi.

Analizzando i dati, notiamo che, tra il 2009 e il 2018, sia la spesa per la scuola secondaria che quella per l'università ha subito una riduzione. Complessivamente, il taglio ammonta a circa un miliardo e mezzo. In lieve aumento invece (+318 milioni) la spesa pubblica per la scuola dell'infanzia e primaria.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 7 Maggio 2020)

Perché investire in istruzione

L'emergenza legata al Covid-19 ha purtroppo messo in risalto molte carenze strutturali che da tempo affliggono il sistema scolastico italiano ad ogni livello. Problemi che (dalla didattica digitale all'abbattimento delle barriere architettoniche, solo per fare degli esempi) necessiterebbero di massicci interventi per essere superati.

Come abbiamo visto investire in educazione può avere una duplice valenza: non solo garantire ai giovani uno dei loro diritti fondamentali e cioè quello allo studio, ma anche formare personale qualificato in grado di inserirsi in un mondo del lavoro che, anche per le conseguenze della pandemia, sarà sempre più competitivo e dove le competenze in ambito digitale (e non solo) saranno indispensabili.

La spesa pubblica italiana per il sistema scolastico non è sufficiente in base ai dati più recenti relativi al 2018. Non solo perché ancora inferiore rispetto ai livelli "pre-2008" ma anche perché molto al di sotto degli investimenti fatti dagli altri principali paesi europei. Invertire questa tendenza sarebbe fondamentale per garantire un futuro alle nuove generazioni e per mantenere alta la competitività del nostro paese a livello internazionale.

Foto credit: Unsplash Kyo azuma - Licenza

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