Ci aspettano 2 mesi pieni di voti di fiducia? Parlamento ingolfato

Con diversi decreti legge da convertire nell’arco di 46 giorni a cui si aggiunge la discussione sulla legge di bilancio, il parlamento nelle prossime settimane sarà chiamato ad un vero è proprio tour de force. Questo potrebbe spingere il governo a fare ampio uso del voto di fiducia.

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Dopo una pausa di quasi due mesi l’esecutivo è tornato a porre la questione di fiducia per “agevolare” la conversione dei suoi decreti legge. È successo per la prima volta lo scorso 27 novembre con il cosiddetto decreto immigrazione e di nuovo questa notte con il senato che ha approvato un’unica legge che ingloba i contenuti dei decreti ristori, bis, ter e quater.

L’iter di tali decreti tuttavia non è finito. Essi infatti dovranno essere approvati anche dalla camera in tempi molto brevi. Il decreto immigrazione infatti scade il 20 dicembre mentre il primo dei decreti ristori una settimana dopo. Non è quindi da escludere che l’esecutivo ricorra alla fiducia anche a Montecitorio per velocizzare i tempi.

Una situazione tra l’altro che potrebbe ripresentarsi molto spesso nelle prossime settimane dato che sono 7 in totale i decreti legge che dovranno essere convertiti nel giro di 46 giorni. A questo si deve aggiungere il fatto che le camere, nello stesso periodo, dovranno approvare legge di bilancio. Iter che deve concludersi necessariamente entro il 31 dicembre.

7 i decreti legge che il parlamento deve trattare nell’arco di 46 giorni.

Questa situazione riporta d’attualità un tema molto delicato. Quello cioè di come il governo, attraverso l’uso di strumenti emergenziali come decreti legge e questioni di fiducia, tenda a monopolizzare l’agenda del parlamento che si ritrova quindi con un ridottissimo margine di manovra.

Il ruolo del parlamento durante l’emergenza

Come abbiamo raccontato in queste settimane la gestione dell’emergenza sanitaria è stata molto complessa ed ha visto una pluralità di soggetti coinvolti. Per molto tempo però il parlamento è stato spettatore di tutto questo.

Infatti la maggior parte delle norme pubblicate per far fronte all’emergenza non ha visto un coinvolgimento diretto di camera e senato. Questo perché i provvedimenti presi sono stati per lo più di natura amministrativa e non legislativa. Ciò rappresenta un primo elemento critico: infatti durante lo stato di emergenza è possibile operare in deroga a molte norme. E con la scelta di non passare dal vaglio dalle camere (e del Quirinale), i controlli sulle scelte fatte dagli operatori chiamati a gestire l’emergenza risultano ancora più ridotti.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 14 Dicembre 2020)

Ma anche laddove il parlamento avrebbe potuto intervenire, e cioè nel processo legislativo, le sue possibilità di manovra sono state minime. Questo perché l'agenda dei lavori è stata quasi del tutto monopolizzata dalla necessità di convertire in legge i numerosi decreti varati dal governo.

A questo si deve aggiungere che l'esecutivo ha fatto frequente ricorso alla questione di fiducia riducendo sensibilmente le possibilità per il parlamento di intervenire nel processo decisionale.

La proliferazione dei decreti legge

Abbiamo detto che un primo aspetto critico è rappresentato dallo scarso coinvolgimento di camera e senato nel processo decisionale. Un secondo elemento è legato al massiccio uso che il governo ha fatto dei decreti legge. Da quando è stato dichiarato lo stato d'emergenza infatti l'esecutivo ne ha emanati complessivamente 30 (da questo conteggio sono esclusi i provvedimenti non strettamente collegati con l'emergenza come il decreto Milano-Cortina o il decreto immigrazione).

30 decreti legge deliberati per affrontare l'emergenza Coronavirus.

Dovendo essere convertiti entro 60 giorni dalla loro pubblicazione infatti questi provvedimenti hanno la precedenza nel calendario dei lavori delle camere. Queste si ritrovano quindi con l'agenda piena zeppa di norme da approvare rapidamente per evitare la loro decadenza e non avranno modo di entrare nel merito dei provvedimenti in maniera approfondita.

I decreti legge devono essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Se non vengono convertiti le norme in essi contenute perdono di efficacia fin dal momento della loro pubblicazione. Vai a "Che cosa sono i decreti legge"

Per evitare che le norme decadano a causa della mancata conversione dei decreti legge, l'esecutivo ha adottato due soluzioni: il frequente ricorso alla questione di fiducia e la riproposizione dei contenuti dei decreti decaduti in testi successivi. Eventualmente anche accorpandoli, come abbiamo visto nel caso dei decreti ristori. Una soluzione discutibile ma che è servita per evitare che il parlamento affrontasse i 7 decreti legge ancora da convertire con sessioni di voto distinte ed inevitabile allungamento dei tempi.

 

Lo stato dei decreti legge ancora da approvare

DecretoStato dell'iterScadenza
ImmigrazioneApprovato con fiducia alla camera; inizio della discussione in senato il 17 dicembre20 dicembre
RistoriApprovato al senato con legge che ingloba tutti i decreti ristori. 27 dicembre
Ristori bisApprovato al senato con legge che ingloba tutti i decreti ristori.8 gennaio
Nomina commissario della sanità in CalabriaApprovato alla camera; assegnato alla commissione igiene e sanità del senato (non ancora iniziata la discussione)9 gennaio
Ristori terApprovato al senato con legge che ingloba tutti i decreti ristori.22 gennaio
Ristori quaterApprovato al senato con legge che ingloba tutti i decreti ristori.29 gennaio
NataleAll'esame dell'assemblea della camera ma non ancora caldarizzato31 gennaio

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: mercoledì 16 Dicembre 2020)

Le norme contenute in decreti non convertiti entro la scadenza sono state recuperate in decreti successivi. Una pratica non molto corretta.

Quello dei decreti ristori non è, peraltro, un caso isolato. È successo ad esempio anche per i Dl 9, 11 e 14 i cui contenuti sono stati riproposti all'interno del Cura Italia. Mentre i decreti legge 129 e 148 sono stati abrogati ancora prima della loro scadenza e le norme in essi contenute recuperate con la legge di conversione del decreto 125 sulla proroga dello stato di emergenza.

Si tratta di una pratica non molto corretta, come ha segnalato anche il Comitato per la legislazione della camera:

Si ricorda che il comitato ha costantemente raccomandato al governo di evitare forme di intreccio tra più provvedimenti d’urgenza, atteso che la confluenza in un unico testo di più articolati attualmente vigenti – che originano da distinte delibere del Consiglio dei ministri e distinti decreti del Presidente della Repubblica – appare suscettibile di ingenerare un’alterazione del lineare svolgimento della procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge.

Tale escamotage è servito per evitare che le misure contenute in decreti legge non convertiti fossero vanificate. Infatti il sovraccarico di lavoro per il parlamento ha già comportato delle conseguenze con 8 decreti legge non convertiti in tempo dall'inizio dell'emergenza. Ci riferiamo nello specifico ai decreti:

  • 9 sul sostegno a imprese e famiglie;
  • 11 sulla giustizia;
  • 14 sul servizio sanitario nazionale;
  • 29 sulle scarcerazioni;
  • 52 sulla proroga della cassa integrazione;
  • 103 sulle modalità operative per le elezioni regionali e referendum costituzionale;
  • 111 sul sostegno economico per l'avvio dell'anno scolastico;
  • 117 sulla pulizia e disinfezione dei seggi elettorali.

8 i decreti legge Covid decaduti prima della loro conversione.

Decreti legge e questioni di fiducia

Il quadro che abbiamo sin qui delineato evidenzia tutte le difficoltà che intercorrono nel rapporto tra governo e parlamento in questa fase. Da una parte infatti c'è la necessità di agire rapidamente per mettere in campo tutte le misure necessarie a fronteggiare l'emergenza, dall'altra il ruolo marginale svolto dal parlamento in questa fase desta qualche perplessità.

In primo luogo perché, vista la sovrapposizione dei decreti, le norme sono state approvate in tutta fretta e senza un adeguato approfondimento in aula e nelle commissioni. In secondo luogo per il frequente ricorso che il governo ha fatto della questione di fiducia.

Quando un governo pone la questione di fiducia lega il suo destino all'approvazione del provvedimento. Nasceva per ricompattare la maggioranza in situazioni eccezionali, ma viene sempre più utilizzato per velocizzare il dibattito e assicurare l’approvazione di proposte critiche. Vai a "Che cosa sono i voti di fiducia"

Da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza infatti l'esecutivo ha fatto ricorso a questo strumento per ben 23 volte, di cui 11 a Montecitorio e 12 palazzo Madama. Il mese più intenso da questo punto di vista è stato giugno con ben 5 questioni di fiducia poste. Dopo un nuovo picco a settembre, tra i mesi di ottobre e novembre sono state poste solamente tre questioni di fiducia. Nelle prossime settimane tuttavia il governo potrebbe tornare a fare ampio uso di tale strumento.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis.
(ultimo aggiornamento: mercoledì 16 Dicembre 2020)

 

Sono stati sottoposti a questione di fiducia anche 8 dei 13 decreti Covid già convertiti. Come abbiamo detto però il parlamento sarà chiamato ad un autentico tour de force in cui nel giro di circa un mese e mezzo non solo dovrà convertire in legge i decreti ma, allo stesso tempo, dovrà approvare la legge di bilancio (provvedimento che assorbirà buona parte del lavoro fino alla fine dell'anno) il cui esame dovrebbe iniziare venerdì 18 dicembre alla camera.

Dato questo contesto è molto probabile che il numero di fiducie che saranno poste nelle prossime settimane dal governo sia molto alto. Non solo per blindare il contenuto dei provvedimenti ma anche per evitare che questi non vengano approvati entro la data della loro scadenza.

Decreti legge e maxi emendamenti

Fin qui ci siamo concentrati sull'urgenza per la maggioranza di convertire i decreti legge entro la loro scadenza. Ma c'è un altro aspetto che non deve essere trascurato. E cioè quello della ristretta possibilità di intervento del parlamento sulle misure messe in campo dal governo.

Se infatti già l'utilizzo dei decreti legge limita le prerogative del parlamento che ha solo 60 giorni di tempo per esaminarli, la questione di fiducia pone ulteriori problemi. Con questo strumento infatti il governo blinda il provvedimento, congelando il dibattito e impedendo ai parlamentari di apportare eventuali modifiche durante l'iter di conversione.

Un terzo dei decreti legge convertiti è stato approvato con maxi emendamento e doppio voto di fiducia.

Una dinamica che si aggrava ancora di più nel momento in cui l'esecutivo decide di porre la fiducia su un proprio maxi-emendamento con cui rimette mano alla norma da esso stesso emanata. Tale scelta fa decadere tutte le proposte di modifica presentate dal parlamento e concentra il dibattito in un unico momento: quello del voto in aula.

In quest'emergenza è successo già 5 volte: sui decreti Cura Italia, scuola, intercettazioni, semplificazioni e agosto.

Sono stati conteggiati soltanto i decreti volti a fronteggiare l’emergenza da Covid-19.
Sono 7 i decreti che devono ancora concludere il loro iter: i 4 decreti ristori, il decreto Natale, il decreto immigrazione e il decreto per la nomina del nuovo commissario alla sanità in Calabria.
I decreti giustizia, sostegno al Ssn, sostegno a famiglie e imprese, scarcerazioni, cassa integrazione, elezioni 2020, sostegno per l’avvio dell’anno scolastico e pulizia dei seggi non sono stati convertiti.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Dicembre 2020)

In alcuni casi l'esecutivo nella proposizione dei suoi emendamenti ha anche accolto le indicazioni arrivate dal parlamento e altri enti ma questo ha portato alla formulazione di interventi omnibus che sono arrivati anche a stravolgere il provvedimento iniziale. Questo è accaduto ad esempio per il decreto scuola in cui tutti gli articoli iniziali hanno subito una modifica.

Un problema strutturale

Come abbiamo visto quindi la necessità di adottare misure in tempi rapidi per fronteggiare l'emergenza ha avuto come conseguenza la saturazione dell'agenda del parlamento. Questo sovrapporsi di decreti comporta per di più l'impossibilità di entrare nel merito dei vari provvedimenti che vengono quindi spesso votati a scatola chiusa. A ciò si deve aggiungere che la necessità di approvare i decreti entro la loro scadenza può portare il governo ad abusa del voto di fiducia.

Decreti legge e questioni di fiducia erano molto usate già prima dell'avvento del Covid-19.

Tali pratiche però non sono da addebitare esclusivamente alla situazione eccezionale in cui ci troviamo. Si tratta infatti di prassi adottate anche dai governi precedenti e che l'emergenza ha solamente accentuato. Se osserviamo tutta la vita del governo Conte II infatti notiamo che anche prima dell'avvento del Covid i voti finali del parlamento hanno riguardato in maggior parte la conversione di decreti e la ratifica di trattati internazionali.

Dal suo insediamento l'attuale esecutivo ha emanato complessivamente 46 decreti legge per una media di 3 al mese. Si tratta del dato più alto degli ultimi anni. Questo elemento è certamente influenzato dall'emergenza Covid ma non si tratta di un caso isolato. Infatti anche i governi Letta (2,78) e Monti (2,41) avevano una media superiore ai 2 decreti legge al mese. Analizzando poi i dati relativi ai mesi di governo Conte II precedenti all'inizio dell'emergenza notiamo che la media si attesta al 2,4. Un valore in linea con quello dei suoi predecessori.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Dicembre 2020)

Anche per quanto riguarda le questioni di fiducia i dati sono significativi. Durante tutto il Conte II infatti il rapporto tra fiducie e numero di leggi approvate è arrivato a superare il 40% (dati a novembre 2020).

40,5% il rapporto tra leggi approvate e questioni di fiducia durante il Conte II.

Anche in questo caso il dato è sicuramente influenzato dalla necessità di gestire l'emergenza. Tuttavia non ci troviamo di fronte al dato più alto che rimane quello del governo Monti (45,13%). Inoltre anche i due governi precedenti (Gentiloni e Conte I) avevano un rapporto superiore al 30%.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 15 Dicembre 2020)

Ridare centralità al parlamento

Per queste ragioni il ruolo marginale del parlamento non è da attribuire esclusivamente alla situazione di emergenza che stiamo vivendo. Come abbiamo visto infatti anche i precedenti governi hanno fatto ampio ricorso a strumenti emergenziali come decreti legge e voti di fiducia.

L'ampio utilizzo fatto di tali strumenti in questo frangente sembra essere quasi necessario vista la mole di provvedimenti da approvare in tempi brevi. Ma un calendario pieno di impegni non può certo giustificare l'abuso nell'utilizzo di fiducie da parte del governo che di fatto impedisce al parlamento di svolgere il suo ruolo.

Un calendario pieno di appuntamenti non può essere giustificare l'abuso della questione di fiducia.

Tale ragionamento vale ancora di più se posto nella prospettiva del prossimo parlamento. Se già adesso infatti camera e senato faticano a tenere il passo dell'esecutivo, con delle assemblee ridotte nei numeri sarà ancora più difficile garantire l'efficienza dell'organo. Specie al senato, dove i 200 membri appaiono davvero pochi per poter adempiere a tutte le funzioni richieste.

Un cambio di passo quindi appare necessario, non solo in questa fase, ma più in generale nel concepire l'istituzione stessa. Per evitare che il potere si accentri ancora di più nelle mani degli esecutivi.

Foto credit: Palazzo Chigi - Licenza

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