Atti di sindacato ispettivo, quanto il governo rende conto al parlamento Coronavirus

Nelle ultime settimane il centrodestra ha accusato il premier di non condividere i provvedimenti con il parlamento. Su informative e comunicazioni il confronto non è mancato, ma restano problemi sul coinvolgimento delle camere nell’emergenza.

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La scorsa settimana i lavori della camera sono stati interrotti da una protesta dei deputati dell’opposizione che hanno occupato l’aula, costringendo il presidente di turno Fabio Rampelli a sospendere la seduta. Negli stessi minuti, il presidente del consiglio Giuseppe Conte stava presentando in conferenza stampa i provvedimenti contenuti in un nuovo Dpcm in vista delle festività natalizie.

Proprio questo sarebbe stato il motivo delle recriminazioni. Il centrodestra infatti aveva chiesto che il premier riferisse in aula le misure adottate dal governo prima di annunciarle pubblicamente.

Qualcuno potrà dire che, ieri, il ministro Speranza è venuto qui a rendere comunicazioni sul Dpcm: peccato, signor presidente, che il ministro Speranza ci abbia parlato del vaccino, ci abbia detto cose generali e confuse, ma esattamente cosa succederà nelle prossime settimane noi oggi non lo sappiamo. E, quindi, che cos’è, se non disprezzo del parlamento e delle istituzioni, il fatto che, mentre la seduta è convocata, il presidente del consiglio faccia una diretta Facebook per informare tutti quelli che stanno fuori da qua su che cosa succederà, senza che noi lo sappiamo e senza che noi ci possiamo esprimere

Una delle critiche mosse all’esecutivo negli ultimi mesi è stata infatti proprio quella di accentrare tutte le decisioni su di sé, relegando ad un ruolo di secondo piano il principale organo democratico del paese. Allo stesso tempo il premier Conte è stato accusato a più riprese di sottrarsi al confronto con il parlamento. Tuttavia, come vedremo, se la prima critica appare fondata sul secondo punto l’operato dell’esecutivo è in linea con quello dei suoi predecessori.

Atti Covid e ruolo del parlamento

Come abbiamo sottolineato in più occasioni, il parlamento ha svolto un ruolo di secondo piano nella gestione della pandemia. Infatti dalla dichiarazione dello stato di emergenza risalente al 31 gennaio scorso, il governo ha assunto poteri preponderanti. Lo ha fatto sia direttamente sia attraverso organi che fanno comunque riferimento a palazzo Chigi, come il dipartimento della protezione civile o la struttura del commissario straordinario Domenico Arcuri.

Lo stato di emergenza è una condizione giuridica che può essere attivata al verificarsi o nell’imminenza di eventi eccezionali. In questa condizione è possibile derogare alle norme di legge e gli operatori possono agire con minori limitazioni riguardo ai vincoli di bilancio e trasparenza. Vai a "Che cos’è lo stato di emergenza"

Degli oltre 430 “atti Covid” pubblicati per far fronte all’avanzata del virus infatti solo il 2,7% ha visto il coinvolgimento diretto di Montecitorio e palazzo Madama. Questo perché il resto dei provvedimenti è di natura amministrativa. Non essendo quindi atti aventi “forza di legge” non necessitano del via libera del parlamento (né tanto meno del presidente della Repubblica) per essere adottati.

FONTE: dati ed elaborazione openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 14 Dicembre 2020)

Tale scelta è stata giustificata dall’esecutivo con la necessità di agire rapidamente per contrastare l’espandersi del contagio. Tuttavia, con la ripartenza dei lavori dopo il lockdown, il presidente del consiglio aveva promesso un maggiore coinvolgimento dell’organo legislativo.

97,3% gli atti adottati per affrontare l’emergenza che non hanno visto un coinvolgimento diretto del parlamento.

Ma nonostante le ripetute dichiarazioni di intenti, il parlamento ha potuto intervenire in maniera concreta esclusivamente sui decreti legge presentati dal governo alle camere per essere convertiti. Abbiamo visto tuttavia che anche in questo caso ci sono delle criticità legate ad un frequente uso della questione di fiducia che di fatto imbriglia i poteri di intervento dei parlamentari.

Quando un governo pone la questione di fiducia lega il suo destino all'approvazione del provvedimento. Nasceva per ricompattare la maggioranza in situazioni eccezionali, ma viene sempre più utilizzato per velocizzare il dibattito e assicurare l’approvazione di proposte critiche. Vai a "Che cosa sono i voti di fiducia"

Oltre alla possibilità per deputati e senatori di intervenire sulle norme emanate dal governo ci sono però altri strumenti attraverso cui il parlamento può chiedere conto all'esecutivo della propria azione. Si tratta dei cosiddetti atti di sindacato ispettivo.

Gli atti di sindacato ispettivo

Il parlamento non ha solo la funzione di approvare le leggi ma, in quanto principale organo rappresentativo del paese, ha anche un rapporto fiduciario con il governo, come stabilito dall'articolo 94 della costituzione. Se questo legame viene meno, l'esecutivo è costretto a rassegnare le dimissioni.

Il governo è chiamato a riferire in parlamento ogni volta che questo lo richieda.

Una diretta conseguenza di questo rapporto è legata al fatto che il presidente del consiglio e i ministri sono chiamati a riferire in parlamento sul loro operato ogni volta che questo ne faccia richiesta.

Il parlamento ha quindi il potere di acquisire tutte le informazioni necessarie alla valutazione dell’attività dell'esecutivo. Questo potere può essere esercitato attraverso l'utilizzo di tre strumenti principali:

  • Le interrogazioni mediante le quali un membro del parlamento può chiedere ad un esponente dell’esecutivo se è un fatto è vero, se ne abbia notizia e se il governo intenda prendere dei provvedimenti a riguardo. Questo strumento può prevedere una risposta scritta oppure una risposta immediata da fornire in aula o in commissione;
  • Le interpellanze: domande scritte sui motivi della condotta del governo le cui risposte vengono fornite in assemblea;
  • Le informative urgenti rese da i membri del governo su iniziativa propria o su richiesta dei gruppi parlamentari su questioni di particolare rilievo e attualità.

In questo particolare momento caratterizzato dall'emergenza Covid è il terzo strumento ad aver assunto particolare rilevanza.

Le informative urgenti e le comunicazioni del governo

Abbiamo visto dunque che il parlamento ha avuto una possibilità molto ridotta di intervenire concretamente sui vari provvedimenti presi per contrastare l'emergenza. Tuttavia deputati e senatori avrebbero a disposizione altri modi per chiedere conto al governo delle proprie azioni. Da questo punto di vista lo strumento privilegiato è stato quello dell'informativa urgente.

Le informative sono state usate dal governo per esporre in parlamento le proprie iniziative contro il Covid.

È stato infatti utilizzato dal presidente del consiglio e dai vari ministri per illustrare le misure prese nei settori di loro competenza ma anche per aggiornare i parlamentari sull'andamento delle trattative che si sono svolte a livello europeo sui fondi di Next generation Eu.

A questo si deve aggiungere che, a seguito della conversione in legge del decreto lockdown, l'esecutivo è tenuto a presentarsi in parlamento per esporre le misure che intende mettere in campo attraverso lo strumento del decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm).

Il presidente del consiglio dei ministri o un ministro da lui delegato illustra preventivamente alle camere il contenuto dei provvedimenti da adottare ai sensi del presente  comma, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati.

Questo quadro normativo ha imposto al governo di presentarsi in aula con molta frequenza. Da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza infatti i membri dell’esecutivo si sono recati in parlamento 60 volte per una media di circa 5,5 interventi al mese. I mesi più “intensi” da questo punto di vista sono stati aprile e ottobre con 10 presenze in parlamento ciascuno. Nove invece gli interventi, fra informative e comunicazioni, a maggio e luglio.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: venerdì 4 Dicembre 2020)

5,5 gli interventi al mese del governo in parlamento dall’inizio dell’emergenza.

Quello che è intervenuto di più è stato il presidente del consiglio Giuseppe Conte, con 26 interventi (oltre il 43% del totale), seguito dal ministro della salute Roberto Speranza con 17 (oltre il 28%). Al terzo posto i ministri Bonafede e Azzolina con 3 interventi ciascuno (5%).

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: venerdì 4 Dicembre 2020)

Indubbiamente su questo dato pesa enormemente l’effetto del Covid-19: certamente nel 2019 non era avvertita come adesso l’esigenza che il governo riferisse in parlamento con una tale frequenza. Ma forse proprio per questo è significativo lo sforzo fatto.

Un confronto con i governi precedenti

Per farci un'idea più accurata di cosa vogliano dire questi numeri possiamo confrontare le performance dall'attuale esecutivo con quelle dei suoi predecessori. Abbiamo detto che le informative urgenti sono state lo strumento privilegiato dal governo per informare le camere sulle proprie iniziative ma quanto è stato utilizzato questo strumento ad esempio dal governo Conte I?

Affinché il confronto risulti omogeneo tra l'operato dei due governi della XVIII legislatura abbiamo selezionato lo stesso arco temporale per il 2019 e il 2020: da febbraio (da quando cioè è stato dichiarato lo stato di emergenza) ad agosto (quando nel 2019 è finita l'esperienza del Conte I). Analizzando i dati di questi 7 mesi notiamo che l'attuale esecutivo ha reso 42 interventi a fronte dei soli 13 (meno di un terzo) del Conte I.

Il grafico mostra il confronto tra i due governi Conte in merito all’utilizzo dello strumento delle informative urgenti. Affinché il confronto risultasse omogeno è stato utilizzato uno stesso periodo temporale sugli anni 2019 e 2020: da febbraio (quando nel 2020 è stato dichiarato lo stato di emergenza) ad agosto (quando nel 2019 si è conclusa l’esperienza del Conte I.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: venerdì 4 Dicembre 2020)

Su questi dati ovviamente pesa la sopravvenuta emergenza legata al Coronavirus e il già citato emendamento al decreto lockdown. Abbiamo visto però che esistono altri strumenti con cui il parlamento può chiedere conto al governo del suo operato. Si tratta delle interrogazioni e delle interpellanze. C'è da dire però che non sempre i membri dell'esecutivo forniscono una risposta a questi atti. Specie quando si tratta di richieste che non prevedono una risposta immediata.

L'aumento delle informative è dovuto all'emergenza e all'obbligo di comunicare i contenuti dei Dpcm.

Da questo punto di vista possiamo dire che il governo gialloverde ha fatto meglio dell’attuale. Durante il primo governo Conte infatti, a fronte di 6.960 atti di sindacato ispettivo presentati, quelli a cui il governo ha dato risposta sono stati 2.299, il 33%. Il Conte II invece si ferma al 27,9% con 1.975 risposte date a fronte di 7.088 atti complessivi presentati.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: venerdì 4 Dicembre 2020)

Entrambi gli esecutivi hanno percentuali di risposta molto elevate per quanto riguarda le interrogazioni a risposta immediata e le interpellanze urgenti mentre per le altre tipologie le percentuali scendono sotto al 30%.

27,9% le risposte fornite dal governo Conte II a interrogazioni e interpellanze.

Allargando il confronto anche ai governi della XVII legislatura notiamo come il Conte II rappresenti l’esecutivo con la percentuale di risposte più bassa tra gli ultimi 5. Al primo posto troviamo il governo Renzi con il 33,2%, seguito proprio dal Conte I e dal governo Gentiloni (32%). Più indietro invece il governo Letta con il 29,7%. Tra il governo Renzi e il Conte II notiamo una differenza di 5,3 punti percentuali.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: venerdì 4 Dicembre 2020)

Il vero problema del parlamento

In conclusione possiamo dire che l'attuale governo ha perfomance peggiori rispetto ai suoi predecessori per quanto riguarda le risposte fornite agli atti di sindacato ispettivo più "tradizionali". Accanto a questa carenza però va sottolineato l'aumento esponenziale delle informative urgenti rese in parlamento.

Il governo non si è sottratto al confronto con il parlamento. Ma i poteri di indirizzo di quest'ultimo sono molto limitati.

Da un punto di vista di interventi in aula, il governo non si è sottratto al confronto con le camere. Allo stesso tempo però sono pochissime le norme emanate per fronteggiare l'emergenza a cui il parlamento ha potuto dare un contributo diretto. Ci riferiamo nello specifico alla conversione dei decreti legge. Un margine di intervento per altro che è stato ulteriormente ridotto dall'ampio ricorso che il governo ha fatto in questi mesi alle questioni di fiducia.

Un altro aspetto da considerare è poi quello delle comunicazioni relative alle misure da adottare tramite Dpcm. Abbiamo già visto infatti che, solitamente, il passaggio parlamentare del governo è seguito dalla presentazione di alcune risoluzioni. Sia da parte della maggioranza che dell'opposizione. Risoluzioni il cui reale peso politico è tutto da valutare.

Foto credit: Twitter Antonio Palmieri - Licenza

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