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Dichiarazione di Giancarlo GALAN

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Veneto (Partito: FI)  - Consigliere Regione Veneto (Lista di elezione: FI) 


 

Settimana corta lavorativa. «Regalare 10 giorni allo Stato provocazione "etica", serve ottimismo» - INTERVISTA

  • (27 dicembre 2008) - fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti - inserita il 28 dicembre 2008 da 31

    «Proposta condivisibile: è il Nordest che non piange. Come Kennedy: chiediamoci cosa possiamo fare per il Paese»

    VENEZIA - Fuori dalla finestra di casa vede i colli Euganei coperti dalla neve caduta durante la notte, e il cielo pulito come non mai: «È inevitabile, dopo il maltempo viene sempre il sereno». Giancarlo Galan applica una metafora climatica alla situazione economica, e la sua convinzione ottimistica è rafforzata dalla "provocazione" lanciata la vigilia di Natale da Andrea Tomat nell’intervista al Gazzettino: «Altro che settimana corta - aveva detto il presidente della Fondazione Nordest e prossimo leader di Confindustria veneto - questo è il momento di lavorare di più, e magari anche gratis per qualche giorno da regalare al Paese per risanare il deficit. È il momento di investire e non di frenare». Il governatore del Veneto raccoglie la sfida di Tomat, e ne dà un’interpretazione "etica".
    È una proposta o una provocazione?
    «Io la leggo come una provocazione etica, perché richiama a un atto individuale, a una scelta personale, quasi volontaria. Non so nemmeno se l’idea di lavorare dieci giorni in più per "regalarli" alle casse dello Stato abbia una consistenza dal punto di vista economico, nè mi interessa saperlo. Magari si tradurrebbe in una cifra sostanzialmente insignificante».
    Allora, a che servirebbe?
    «A dimostrare nei fatti la volontà di crescere. Mi ha colpito quel "lavoriamo di più, impegnamoci di più": dà il senso di quello che è stato e continua ad essere il vero valore del Nordest, qui viene fuori l’anima profonda del Veneto che non piange, si rimbocca le maniche, agisce quasi in contropiede. Qui è il senso etico, civile, di chi si mette a fianco dello Stato per risolvere i problemi di tutti. Senza questa cultura, questa formazione mentale, il Nordest non avrebbe fatto la strada che ha fatto. È un incoraggiamento a non essere passivi».
    Sul tavolo del dibattito politico ed economico c’è però anche una proposta per certi versi "contraria": lavorare di meno per lavorare tutti, con le giornate perse pagate dalla Cassa integrazione dello Stato.
    «Non credo che si esca dalla crisi arretrando. I posti di lavoro si creano producendo di più e meglio».
    Ma quando è il caso, si deve anche saper giocare in difesa: e questo sembra essere il caso...
    «Si può e si deve giocare in difesa eliminando gli sprechi. Una crisi può fare anche bene se finalmente si eliminano i parassitismi che appesantiscono la situazione economica del Paese».
    Si riferisce a ciò che emerge dalla ricerca della Fondazione Nord Est, che disegna sostanzialmente un Paese allo sbando tranne quest’area nella quale sarà difficile far digerire ancora situazioni come quella dell’Alitalia o di certe amministrazioni del Sud?
    «Mi auguro che la questione Alitalia sia stata una scelta obbligata, analoga a quelle prese un po’ in tutto il mondo per alcune aziende-chiave. Il presupposto per far tabula rasa di tutto ciò è il federalismo fiscale. La sua attuazione immediata potrebbe salvare il Paese se governata nel modo giusto. Responsabilità non è una parola vuota: si traduce in efficienza e risparmio. Il Veneto ha 2.500 dipendenti regionali, la Sicilia 18mila: non serve continuare...».
    Intanto la Provincia di Trento ha inserito a bilancio 800 milioni, pari al 5% del Pil trentino, da destinare a sostegno di imprese e lavoratori. Se potesse farlo il Veneto, sarebbero 7 miliardi e mezzo di euro.
    «Trento fa ciò che è nei suoi poteri. Con Dellai abbiamo rapporti estremamente positivi, ma io continuo a sentirlo come un privilegio inaccettabile. Ecco perché reclamo un federalismo fiscale immediato».
    Il ministro Calderoli garantisce che sarà operativo, ma non prima di cinque anni.
    «No, bisogna accelerare. Perché altrimenti non ne veniamo fuori: ci sono molti segnali preoccupanti. Se gli enti locali non sono in grado di affiancare il loro territorio in momenti fondamentali, come avviene in Trentino... Il massimo che noi abbiamo potuto fare è stato modellare i nostri strumenti sulle esigenze delle imprese: Veneto strade, Veneto sviluppo, Veneto agricoltura servono a questo. Fanno scelte per lo sviluppo, non dettate dal clientelismo e dal malaffare. Purtroppo altrove c’è un malaffare esterno alla Pubblica amministrazione che sa come succhiare risorse, e una classe politica sottomessa a quel malaffare».
    Ritorniamo alla "provocazione" di Tomat: come si giustifica, dal momento che la produzione ha rallentato drasticamente? Si andrebbe a lavorare, ma il lavoro non c’è.
    «Non c’è lavoro perché c’è paura, una paura diffusa dalle banche a chi va a fare la spesa. Per questo è fondamentale il messaggio di ottimismo: il "New Deal" di Roosvelt aveva già nel nome "nuovo corso", il senso della prospettiva. E il boom degli anni Sessanta è stat legato all’euforia che ha pervaso tutta la società italiana. Nella proposta di Tomat leggo la stessa volontà di reazione».
    Uno può essere ottimista finchè si vuole, ma quando vede i prezzi nei negozi raddoppiati rispetto a sei anni fa e li confronta con gli stipendi che sono rimasti praticamente uguali...
    «È vero, ci sono state speculazioni. Ma non ho elementi per analizzarle tecnicamente: la mia è una sensazione superficiale, analoga a quella secondo la quale vedo ovunque ristoranti affollati o stazioni sciistiche esaurite. Ma non bastano le sensazioni per stabilire la realtà».
    Sul nuovo sito internet del Gazzettino i lettori si sono divisi sulla proposta di Tomat: nel sondaggio prevalgono i favorevoli, ma nei commenti si leggono molti contrari anche con motivazioni drastiche. C’è chi dice che siamo ritornati ai tempi dell’"oro alla Patria".
    «Io ci leggo Kennedy, non Mussolini: "Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, ma cosa puoi fare tu per il tuo Paese". È uno scatto d’orgoglio, un contropiede».
    C’è anche chi replica invitando piuttosto gli imprenditori a vendere auto e ville di lusso.
    «La stragrande maggioranza dell’imprenditoria del Nordest è composta da persone che prima erano dipendenti, operai; gente che si è fatta da sola, con la propria forza, creatività, determinazione».
    E cosa dovrebbero fare, adesso, quegli imprenditori?
    «Quel che stanno dicendo in queste settimane i Tomat, i Riello: non spaventarsi, crederci, cercare tutti i sostegni possibili, dialogare con le istituzioni, fare esattamente il contrario dei sedicenti sindacati che l’altro giorno hanno bloccato Fiumicino. Non chiudersi in loro stessi ma guardare avanti. Non c’è nulla di retorico in questo».
    E basterà?
    «Ciò che succederà nel Nordest non dipenderà certo solo da noi. Gli Stati Uniti di Obama dovranno ripensare il loro ruolo internazionale, e da ciò ne seguiranno anche nuove scelte economiche. Mi auguro che dalla crisi si rafforzi la cooperazione internazionale e si sviluppino orizzonti di pace nel mondo; è da scenari di pace che le imprese possono ricavare benefici, non dalla guerra. L’Europa politicamente non è forte, è divisa: ma è un gigante economico. La costituzione di regioni economiche integrate su scala continentale possono dare una svolta in senso positivo alla crisi che stiamo vivendo. Perciò confido che siano abbattuti gli ostacoli che si frappongono alla costituzione dell’Euroregione».
    Ma di fronte a questi scenari, a cosa possono servire dieci giorni di lavoro in più "donati allo Stato"?
    «Non ha importanza. Ciò che conta è il segnale: e per chi lo sa leggere è un segnale di ottimismo».

    Fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti | vai alla pagina
    Argomenti: nord est, lavoro, stipendi, europa, veneto, confindustria, euroregione, produttività, imprenditori, cooperazione, crisi economica, settimana corta lavorativa | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 28 dicembre 2008 da admin
    Lasciamo stare Kennedy e visto che ci siamo, anche Marilyn Monroe. Sta di fatto che conosco molte persone che dicono: "A questo Paese abbiamo sempre dato e nel dare, siamo stati anche ostacolati. Perchè dovremmo continuare a pagare i lussi di tanti altri che, altrimenti, non ce la farebbero a sopportare la crisi? Cominciamo a dimezzare i parlamentari ed a quelli rimasti, dimezziamo lo stipendio. Stessa cosa per tutte le amministrazioni. Solo questo ci farebbe risparmiare centinaia di milioni di euro l'anno. La Democrazia non ne risentirebbe, anzi. Avremmo un Parlamento più snello e meno burocrazia nel locale. Resterebbero disoccupati? 10.000 più, 10.000 meno, tra centinaia di migliaia. O adesso, o mai più". Questo Galan (e non solo Galan) sarebbe un bel segnale! Altro che chiedere sempre e sempre agli stessi!

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