Sindacato ispettivo, quanto il governo rende conto al parlamento Rapporto fiduciario

Camera e senato non svolgono solo la funzione legislativa ma anche un’attività di controllo sull’operato del governo. Tale attività si svolge attraverso i cosiddetti “atti di sindacato ispettivo”. Non sempre gli esecutivi però rispondono alle istanze dei parlamentari.

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Nelle ultime settimane abbiamo assistito alle numerose informative urgenti che diversi esponenti del governo hanno presentato al parlamento a proposito della crisi ucraina. Quella delle comunicazioni rivolte dall’esecutivo alle camere è una prassi che negli ultimi anni è diventata sempre più frequente. Una dinamica chiaramente condizionata dall’esplosione della pandemia da coronavirus.

Ma comunicazioni e informative non sono l’unico strumento attraverso cui le camere possono chiedere conto al governo del suo operato. Deputati e senatori infatti possono presentare una serie di atti detti “di sindacato ispettivo”, attraverso cui possono chiedere informazioni agli esponenti del governo in merito a temi di loro interesse.

30,6% le risposte fornite dal governo Draghi agli atti di sindacato ispettivo del parlamento.

Anche se questi atti hanno indubbiamente un importante valore simbolico, non sempre il governo dà seguito alle richieste di chiarimento presentate dai parlamentari. Per quanto riguarda l’attuale esecutivo ad esempio, gli atti di sindacato ispettivo prodotti sono stati 5.760. Ma solo 1.762 di questi hanno ricevuto una risposta da parte dell’esecutivo. Un dato piuttosto basso, anche se in linea con quello dei governi precedenti.

L’attività di controllo parlamentare

Il parlamento dunque non ha solo la funzione di approvare le leggi. In quanto principale organo rappresentativo del paese infatti svolge anche un’importante attività di controllo sull’operato dell’esecutivo.

Il governo è chiamato a riferire in parlamento ogni volta che questo lo richieda.

In base all’articolo 94 della costituzione il governo è legato al parlamento da un rapporto fiduciario. Se questo legame viene meno, l’esecutivo è costretto a rassegnare le dimissioni. Una diretta conseguenza di questo rapporto è legata al fatto che il presidente del consiglio e i ministri sono chiamati a riferire alle camere ogni volta che queste ne facciano richiesta.

Questo potere può essere esercitato attraverso l’utilizzo di tre strumenti principali:

  • le interrogazioni, mediante le quali un membro del parlamento può chiedere ad un esponente dell’esecutivo se è un fatto è vero, se ne abbia notizia e se il governo intenda prendere dei provvedimenti a riguardo. Questo strumento può prevedere una risposta scritta oppure una risposta immediata da fornire in aula o in commissione;
  • le interpellanze: domande scritte sui motivi della condotta del governo le cui risposte vengono fornite in assemblea;
  • le informative urgenti rese dai membri del governo su iniziativa propria o su richiesta dei gruppi parlamentari su questioni di particolare rilievo e attualità.

In questo particolare momento storico, caratterizzato dall’emergenza Covid ma anche dalla crisi ucraina, è il terzo strumento ad aver assunto una particolare rilevanza.

Informative e comunicazioni del governo al parlamento

Come abbiamo già sottolineato in precedenti approfondimenti, camera e senato hanno svolto un ruolo tutto sommato marginale nella gestione dell’emergenza pandemica e della conseguente crisi economica. Tuttavia il governo ha sempre dovuto rendere conto alle camere del proprio operato. Lo strumento privilegiato da questo punto di vista è stato quello dell’informativa.

Le informative sono sensibilmente aumentate negli ultimi anni.

È stato infatti utilizzato sia dal Conte II che dal governo Draghi non solo per aggiornare i parlamentari sulla gestione dell’emergenza ma anche, ad esempio, sull’andamento delle trattative che si sono svolte a livello europeo a proposito dei fondi del Next generation Eu. Altri temi oggetto di informative urgenti sono stati i fatti avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e quelli avvenuti nella sede romana della Cgil a seguito delle violenze dei manifestanti “no-vax”. Da ricordare inoltre che, a seguito dell’approvazione della legge 35/2020, il governo è tenuto a riferire in aula anche ogni qualvolta decida di adottare un decreto del presidente del consiglio dei ministri come strumento di contrasto alla pandemia.

Alla luce di queste evoluzioni possiamo osservare che, tra comunicazioni e informative, i governi della XVIII legislatura si sono rivolti al parlamento in 167 occasioni. Com’è possibile vedere anche dal grafico, il numero delle informative rese al parlamento è sensibilmente incrementato a partire dal marzo 2020. Quando cioè il parlamento ha ripreso la propria attività dopo lo stop dovuto al Covid. L’attuale esecutivo in particolare ha presentato finora 45 comunicazioni, di cui 27 informative.

Le comunicazioni e le informative urgenti possono essere resa da membri del governo, su iniziativa propria o su richiesta dei gruppi parlamentari, su questioni di particolare rilievo e attualità. Alla camera e al senato le comunicazioni del governo hanno nomi leggermente differenti. Alla camera si parla di “comunicazioni” e “informative urgenti”. Al senato invece di “comunicazioni” e “informative”. Inoltre a palazzo Madama ci si riferisce alle relazione annuale sullo stato della giustizia come “relazione” e non come “comunicazione” così come avviene alla camera. Nel grafico tali relazioni sono state come classificate come comunicazioni (si sono tenute rispettivamente il 23 gennaio 2019, il 28 gennaio 2020 e il 19 gennaio 2022).

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera
(ultimo aggiornamento: lunedì 7 Marzo 2022)

Tra gli esponenti dell’attuale esecutivo quello che si è recato più spesso in aula per questo tipo di comunicazioni è stato proprio il presidente del consiglio Mario Draghi, con 16 interventi (il 35,5% del totale), seguito dal ministro degli esteri Luigi Di Maio con 8 (17,7%). Al terzo posto invece il ministro dell’interno Luciana Lamorgese con 5 interventi (11%).

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera
(ultimo aggiornamento: lunedì 7 Marzo 2022)

Gli altri atti di sindacato ispettivo

Abbiamo visto però che esistono altri strumenti con cui il parlamento può chiedere conto al governo del suo operato. Si tratta in particolare di interrogazioni e interpellanze. Da questo punto di vista possiamo dire che nella XVIII legislatura sono stati presentati 21.412 atti di sindacato ispettivo in totale di cui 7.165 (il 33,5%) hanno ricevuto una risposta da parte degli esponenti degli esecutivi che si sono succeduti dal 2018 a oggi.

Per quanto riguarda in particolare il governo Draghi, sono stati presentati 5.760 atti di sindacato ispettivo. Le risposte fornite finora sono state in totale 1.762 (30,59%). I ministeri maggiormente coinvolti sono quelli della salute (791), dell’interno (698) e delle infrastrutture (510).

I dati sono aggiornati al 31 gennaio 2022. Negli atti presentati sono esclusi i ritirati, trasformati e decaduti. Le informazioni relative ai ministeri della cultura, del turismo, della transizione ecologica e delle infrastrutture e mobilità sostenibili sono conteggiati a partire dal 2 marzo 2021. Nel grafico non è rappresentato il ministro per i rapporti con il parlamento a cui è stato sottoposto un solo atto di sindacato ispettivo.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: lunedì 7 Marzo 2022)

In termini assoluti i ministeri che hanno fornito il maggior numero di risposte sono il lavoro (195), l’economia (180) e gli esteri (166). A livello percentuale invece i ministeri più efficienti sono il turismo (83,3% di risposte fornite), gli esteri (60,1%) e la pubblica amministrazione (52,7%).

Il tasso di risposta agli atti di sindacato ispettivo è complessivamente basso.

Come si può notare anche dal grafico, non sempre i membri dell'esecutivo forniscono una risposta a questi atti. Specie quando si tratta di richieste che non prevedono una risposta immediata. Una dinamica rimasta invariata per tutto l'arco dell'attuale legislatura. Confrontando i 3 governi che si sono succeduti dal 2018 a oggi infatti possiamo osservare che interpellanze urgenti e interrogazioni a risposta immediata presentano un’altissima percentuale di risposte fornite. Ciò dipende anche dal meccanismo che prevede specifici momenti nel calendario delle camere per questo tipo di attività e la presenza in aula di uno o più ministri che sostanzialmente non hanno modo di sottrarsi alle richieste dei parlamentari.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: lunedì 7 Marzo 2022)

Al contrario, interpellanze e interrogazioni non urgenti o a risposta scritta presentano una percentuale di risposta molto più bassa. Nel caso dell’attuale esecutivo ad esempio, le risposte fornite alle interpellanze sono state appena il 3,6%. Le interrogazioni a risposta orale hanno raggiunto il 18,8% di evasione in commissione e il 15,4% in aula. Le risposte alle interrogazioni a risposta scritta infine si fermano al 10,5%.

10,5%  le risposte fornite dal governo Draghi a interrogazioni a risposta scritta.

Complessivamente la percentuale di atti di sindacato ispettivo a cui il governo Draghi ha dato risposta si attesta sul 30,5%. Una quota molto bassa anche se sostanzialmente non molto dissimile da quello dei governi precedenti.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera dei deputati
(ultimo aggiornamento: lunedì 7 Marzo 2022)

Estendendo il confronto anche gli esecutivi della XVII legislatura infatti notiamo come il governo Draghi rappresenti quello con la seconda percentuale di risposte più bassa. Solo il governo Letta infatti presenta un dato inferiore (29,7%). Al primo posto invece troviamo il governo Renzi con il 33,2%, seguito dal Conte I e dal governo Gentiloni (32%).

Il vero problema del parlamento

In generale quindi possiamo concludere che l'attuale governo presenta perfomance peggiori rispetto ai suoi predecessori per quanto riguarda le risposte fornite agli atti di sindacato ispettivo più "tradizionali". Accanto a questa carenza però va sottolineato l'aumento esponenziale delle informative urgenti rese in parlamento. C’è da dire inoltre che tutti gli esecutivi presentano dati poco brillanti da questo punto di vista.

Il governo non si è sottratto al confronto con il parlamento. Ma i poteri di indirizzo di quest'ultimo sono molto limitati.

Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza, né il governo Draghi né il suo predecessore si sono sottratti al confronto con le camere. Il vero problema però è che l’effettivo potere di indirizzo delle camere su quanto deciso dall’esecutivo è estremamente limitato. Tale dinamica peraltro si sta confermando anche adesso a proposito della gestione del piano nazionale di ripresa e resilienza. La necessità di approvare le norme rispettando il rigido cronoprogramma imposto dal piano infatti impedisce al parlamento di poter entrare nel merito delle questioni e avere quindi un impatto significativo su quanto sta avvenendo. Un margine di intervento peraltro che è stato ulteriormente ridotto dall'ampio ricorso che il governo ha fatto in questi mesi a decreti legge e questioni di fiducia.

Da ricordare infine che solitamente, a seguito della presentazione da parte del governo di informative o comunicazioni, il parlamento ha presentato una serie di risoluzioni che avrebbero l'obiettivo di indirizzare l’azione del governo. Risoluzioni però il cui reale peso politico è tutto da valutare.

Foto: palazzo Chigi - relazione

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