Scadenze Pnrr, un quadro sempre più politico e meno tecnico #OpenPNRR

Tra pochi giorni finirà il terzo trimestre del 2023, ma il governo non sembra preoccuparsi più di tanto per il conseguimento delle scadenze Pnrr. L’obiettivo farsi approvare dall’Ue la revisione del piano, in un contesto di scarsa trasparenza.

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Venerdì scorso il governo italiano ha inviato alla commissione europea la richiesta per ricevere la quarta rata di fondi per il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Un passaggio preceduto dal via libera – arrivato a fine luglio – alla proposta di modifica di 10 scadenze relative al primo semestre 2023 e all’invio della terza rata. Si tratta di 18,5 miliardi di euro, che aspettavamo dalla fine del 2022 e che coprono gli interventi conseguiti tra giugno e dicembre dello stesso anno.

Intanto il focus principale resta la revisione complessiva del piano e l’integrazione del capitolo energetico RepowerEu. Inviata a Bruxelles a fine luglio, la commissione sta ancora valutando la proposta del governo Meloni.

Le modifiche devono essere giustificate da circostanze oggettive. Vai a “Quanto e come può essere modificato il Pnrr”

È importante chiarire che finché le modifiche non saranno approvate, resta in vigore l’agenda attuale che l’Italia è tenuta a realizzare, per accedere alle prossime tranches di fondi. Tuttavia, come abbiamo sottolineato anche alla fine del primo semestre del 2023, il governo sta agendo in altro modo. Da quando ha avviato incontri e negoziati per la revisione del piano, ha rallentato in modo evidente il lavoro di conseguimento di milestone e target.

11 su 27 le scadenze europee del Pnrr del primo semestre 2023, che non risultano completate in base alle informazioni a disposizione.

Nonostante i ritardi, l’esecutivo ha appena inviato la richiesta per la quarta rata, relativa proprio ai primi 6 mesi dell’anno. Com’è possibile? Da un lato, le verifiche tecniche sulla realizzazione del piano hanno gradualmente perso rilevanza, lasciando spazio a trattative e negoziati di carattere politico tra il governo italiano e la commissione europea. Dall’altro, su tutti questi processi e sul conseguimento delle scadenze c’è sempre meno trasparenza. Dunque i dati e le informazioni pubbliche che consideriamo nella nostra attività di monitoraggio possono essere incomplete, insufficienti a capire il reale stato di avanzamento degli interventi.

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Le scadenze del terzo trimestre

Tra 5 giorni si chiuderà il terzo trimestre del 2023. Da cronoprogramma originale il governo avrebbe dovuto conseguire 6 scadenze di rilevanza europea tra luglio e settembre. Anche se la prossima verifica da parte della commissione europea sull’operato italiano sarà a fine anno, stare al passo con la programmazione trimestrale aiuterebbe a distribuire l’impegno in modo più funzionale.

2 su 6 le scadenze europee completate del terzo trimestre 2023.

Questo è ciò che risulta dalla nostra attività di monitoraggio su OpenPNRR, aggiornata al 14 settembre scorso. I 2 interventi conseguiti sarebbero l’entrata in vigore della riforma del codice della proprietà industriale e l’aggiudicazione degli appalti pubblici per lavori nelle reti di distribuzione dell’acqua.

Le 4 scadenze ancora da raggiungere difficilmente verranno completate entro il 30 settembre. Tuttavia ci sono delle distinzioni tra l’aggiudicazione degli appalti per investimenti in infrastrutture idriche, che possiamo considerare a buon punto, e gli altri 3 interventi che sono invece in corso, cioè lontani dal conseguimento. Il primo prevede il compimento di valutazioni tecniche, economiche ed energetiche su musei e altri siti culturali statali. Il secondo riguarda la selezione del progetto di sviluppo di infrastrutture off-shore (in ambiente marino) per la produzione di energia elettrica. L’ultimo infine è relativo all’aggiudicazione dei contratti pubblici per la costruzione di nuove scuole.

Il quadro annuale

Ampliando l’analisi allo stato di avanzamento di tutti gli adempimenti previsti dall’inizio del 2023 a oggi, si conferma un quadro fortemente caratterizzato da ritardi.

I dati tengono già conto delle modifiche approvate dalle istituzioni europee a 10 scadenze Ue relative al primo semestre 2023 (T1 e T2). Una scadenza è completata quando rispetta i meccanismi di verifica concordati con la commissione europea. Se questo avviene dopo il termine previsto, è considerata completata in ritardo. Se la scadenza è quasi conseguita è a buon punto e se è lontana dal raggiungimento è in corso.

FONTE: elaborazione e dati OpenPNRR
(ultimo aggiornamento: giovedì 14 Settembre 2023)

Tenendo conto dell’approvazione delle modifiche mirate alle scadenze del primo semestre, risultano comunque 11 gli interventi ancora da completare sui 27 previsti per la prima metà dell’anno. Alcune sono scadenze legate a investimenti sull’idrogeno come vettore di energia rinnovabile. Un settore indicato come problematico anche nella terza relazione del governo al parlamento sull’attuazione del Pnrr e che rientra nella proposta di revisione complessiva del piano. Altri adempimenti in ritardo riguardano l’entrata in vigore – quindi la pubblicazione in gazzetta ufficiale – di riforme e relativi strumenti attuativi. È il caso della riforma del processo civile e penale.

A una situazione già lacunosa, va aggiunta l’elevata probabilità che in questi pochi giorni che mancano alla fine di settembre, anche le 4 scadenze non ancora raggiunte del terzo trimestre non siano completate in tempo e finiscano per risultare in ritardo. Passando così da 11 a 15 adempimenti mancati.

I dati che cominciano ad affluire sono positivi e confortanti, bisogna lavorare perché questi possano migliorare e la revisione del Piano è un elemento importante.

I dati appena descritti dovrebbero allarmare il governo rispetto alla valutazione che la commissione europea darà alla richiesta della quarta rata e dunque alle scadenze del primo semestre 2023. Sono infatti ancora 11 quelle non in linea con i meccanismi di verifica. Inoltre a fine anno l’esecutivo dovrà inviare la richiesta anche della quinta rata di finanziamenti, relativa al secondo semestre del 2023. Perdere risorse Pnrr non è solo un rischio per la realizzazione del piano in sé, ma anche per il bilancio dello stato, nel quale quei fondi sono previsti. Tuttavia non sembra esserci alcuna preoccupazione.

Quanto sono rischiosi i ritardi

I motivi di questo ottimismo sono piuttosto chiari. Da un lato l’esecutivo sta puntando all’approvazione della proposta di revisione. Tra le modifiche richieste, molte riguardano la riduzione dei target previsti dalle misure o la possibilità di spendere le risorse tramite crediti d’imposta alle industrie, piuttosto che distribuirle tra progetti gestiti dai comuni. In altre parole, l’esecutivo spera di ottenere una rimodulazione e una semplificazione del piano, per facilitare la realizzazione degli interventi.

Il piano è sempre più politico e meno tecnico.

Dall’altro lato, come abbiamo già spiegato in precedenza, la valutazione delle istituzioni europee sull’operato italiano e il conseguente invio di risorse è subordinato a dinamiche politiche che superano i meccanismi di verifica. E lasciano all’Italia un raggio d’azione più ampio rispetto ai soli criteri tecnici di conseguimento delle singole scadenze.

Sono infatti diverse le questioni attualmente oggetto di trattativa tra Roma e Bruxelles, che possono pesare indirettamente sulla partita del Pnrr. Dalla ratifica del meccanismo europeo di stabilità (Mes) alla procedura d’infrazione sulle concessioni ai balneari, fino alle elezioni del parlamento europeo a giugno. Un evento che interessa da vicino anche la commissione europea, con la presidente Ursula von der Leyen che non è certa di essere nominata per un secondo mandato.

Infine, alle singole partite in gioco si aggiunge una considerazione più generale: l’Italia è il paese membro a cui sono destinate le risorse più ingenti per il Pnrr. Si tratta di 191,5 miliardi di euro, oltre 1/4 di tutto il dispositivo di ripresa e resilienza (723,8 miliardi). Ne consegue che il fallimento del piano italiano costituirebbe un fallimento per l’intero progetto a livello europeo. La commissione in primis ha interesse a evitare questo esito e dunque a valutare in modo meno rigido l’operato italiano.

La mancata trasparenza

Non sappiamo ancora quanto tempo passerà prima che le istituzioni europee approvino la proposta di revisione del Pnrr italiano. Per ora l’agenda attuale resta in vigore e questo prevede, per i mesi da ottobre a dicembre, il completamento di ben 63 scadenze europee. In gioco c’è la possibilità di richiedere la quinta rata di fondi alla fine del 2023. Intanto, si vedrà come la commissione europea valuterà la richiesta della quarta rata, appena inviata.

C’è sempre meno trasparenza sui processi.

È importante ribadire che tutti questi passaggi, verifiche, incontri sono collocati in un quadro di totale mancanza di trasparenza. Una conseguenza anche della minor centralità affidata agli aspetti tecnici, in favore di dinamiche politiche, più difficili da monitorare. Le informazioni a disposizione sulle modifiche al Pnrr, sulla richiesta e invio di risorse, sono ricavabili solo da comunicati stampa e dichiarazioni da parte del governo italiano e della commissione europea. Non sono disponibili documenti né dati ufficiali e questo rende difficile, se non impossibile, monitorare la reale attuazione del piano.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: GovernoLicenza

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