Il governo non ha chiesto la quarta rata di fondi Pnrr #OpenPNRR

L’Italia non ha completato le scadenze previste e non può chiedere nuovi fondi all’Ue. Una situazione grave, che si aggiunge alla mancata ricezione della terza rata e a un processo di revisione del piano su cui non c’è trasparenza.

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Il 30 giugno si è concluso il primo semestre del 2023. Da cronoprogramma, il governo Meloni dovrebbe chiedere alla commissione europea la quarta rata di risorse per il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Ogni sei mesi la commissione controlla che i paesi abbiano completato le scadenze Ue previste. In caso di verifica positiva, procede all’erogazione di nuovi fondi. Vai a “Come l’Ue verifica l’attuazione dei Pnrr negli stati membri”

Come abbiamo raccontato in precedenza però, l’esecutivo sta lavorando a una proposta di revisione complessiva del piano. Con modifiche che riguarderebbero anche molti degli interventi di questo semestre appena concluso. Un elemento che ha messo chiaramente in stand-by la realizzazione dell’agenda, come conferma il nostro monitoraggio delle scadenze su OpenPNRR, aggiornato al 27 giugno.

17 su 27 scadenze ancora da completare entro il 30 giugno, sul totale di quelle europee previste per il primo semestre 2023.

L’invio della domanda per ricevere la quarta rata al momento è saltato e stiamo ancora aspettando di ricevere i fondi della terza rata, che il governo ha richiesto a fine 2022.

Inoltre continua a non essere per niente chiaro l’iter che questo processo di revisione seguirà. Né le conseguenze che avrà sulla realizzazione del piano e sulla ricezione delle risorse. Ma in questo contesto il governo Meloni continua a sostenere che non ci siano ritardi e a negare le evidenti criticità.

Il quadro complessivo

Come già anticipato, le scadenze che il nostro paese avrebbe dovuto portare a compimento entro il 30 giugno 2023 sono 27. Riguardano la transizione ecologica (7), la pubblica amministrazione (4), l’inclusione sociale e lavoro e imprese (3).

Sono solo 10 le scadenze che risultano completate, anche se tra le 17 ancora da conseguire, 4 possono essere considerate a buon punto. Cioè vicine al completamento, in base alle informazioni disponibili.

Molte scadenze in ritardo riguardano la transizione ecologica.

Una di queste riguarda l’entrata in vigore della riforma del codice dei contratti pubblici, per la quale attualmente mancano all’appello 3 decreti attuativi. Per la riforma del pubblico impiego invece manca ancora un decreto del presidente della repubblica che vada a modificare il precedente Dpr 487/1994 riguardante i concorsi pubblici. Sempre a buon punto è la scadenza legata all’erogazione alle imprese delle risorse del fondo impresa donna. In questo caso il governo dichiara che le aziende ammesse a finanziamento sono 743 (l’obiettivo da raggiungere era di 700), ma non vi è nessuna evidenza del fatto che i fondi siano stati effettivamente erogati, come richiesto dalla scadenza.

La classificazione delle scadenze per tema è frutto di una elaborazione originale Openpolis. Nel grafico è stata mantenuta la categoria “a buon punto” per evidenziare i milestone e i target che, in base alle informazioni disponibili, possono essere considerati in stato più avanzato rispetto agli altri. Ciò nonostante, non essendo stata comunque rispettata la scadenza del 30 giugno, anche questi debbono considerarsi in ritardo.

FONTE: elaborazione openpolis su dati OpenPNRR, governo e parlamento
(ultimo aggiornamento: martedì 27 Giugno 2023)

Considerando le altre scadenze in ritardo, la transizione ecologica è la categoria che ne conta di più (4). Come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, questi interventi (3 su 4) saranno oggetto di rimodulazione, almeno secondo le intenzioni del governo. Per quanto riguarda pubblica amministrazione, impresa e lavoro, scuola, università e ricerca e infrastrutture, riportano ciascuno 2 scadenze non completate.

Molte riforme risultano in ritardo a causa dei decreti attuativi mancanti.

Tra i vari adempimenti in ritardo, vale la pena citare l’entrata in vigore della riforma della giustizia. Anche in questo caso il problema è legato alla mancata pubblicazione dei decreti attuativi. Un aspetto che non ha solo un valore burocratico ma un impatto rilevante, come abbiamo sottolineato in questo articolo. Da completare anche la scadenza che prevedeva l’aggiudicazione di tutte le gare d’appalto per l’abilitazione al cloud della pubblica amministrazione. In questo caso risulta ancora aperto un bando la cui chiusura è prevista per il 21 luglio.

Infine, è interessante il caso dell’assegnazione di borse di studio per corsi specifici di medicina generale. In questo caso il ministero della salute, organizzazione responsabile della misura, ha fatto sapere che le risorse disponibili sono state ripartite tra le regioni, addirittura lo scorso ottobre 2022. Tuttavia non c’è nessuna indicazione riguardo all’assegnazione effettiva delle borse.

Le scadenze critiche

Nella terza relazione del governo al parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, l’esecutivo fa esplicito riferimento ad alcune scadenze del primo semestre del 2023, che presentano criticità, ritardi e necessità di rimodulazione.

5 le scadenze del primo semestre 2023 su cui lo stesso governo evidenzia difficoltà di vario tipo.

Una è l’aggiudicazione degli appalti per l’acquisto di treni puliti, limitata da debolezze generali sull’utilizzo dell’idrogeno come vettore di energia rinnovabile. Altre difficoltà sono legate agli interventi di costruzione e riqualificazione degli asili nido. Entro fine giugno i contratti dovevano essere aggiudicati, ma i soggetti attuatori sono ancora in fase di stipula e alcuni sono fermi alla progettazione.

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Le altre 3 scadenze individuate come problematiche sono tutte di titolarità del ministero dell’ambiente. E sono già state oggetto di discussione con i tecnici della commissione europea in una riunione tenutasi lo scorso 19 aprile.

La prima riguarda la ristrutturazione edilizia con superbonus e sismabonus, su cui le modifiche servirebbero a evitare l’ineleggibilità di alcune tipologie di spese. La seconda prevede l’aggiudicazione di tutti gli appalti per stazioni di rifornimento a base di idrogeno. Secondo la relazione, sono stati aggiudicati 35 progetti sui 40 previsti. Dunque il ministero vorrebbe chiedere una riduzione del target di 5 interventi, per allinearlo a quanto già conseguito. Infine, la terza è l’installazione di torrette per la ricarica di veicoli elettrici. Su questo intervento l’ente titolare segnala ritardi dovuti alla necessità di approfondimenti da condurre con il gestore dei servizi energetici (Gse).

L’approccio del governo Meloni

Un ultimo aspetto da sottolineare sulle scadenze critiche è l’evidente cambio di approccio tra la bozza diffusa online e ripresa da diversi media il 1 giugno e la versione ufficiale del documento, trasmessa dal governo al parlamento il 7 giugno. Se nella bozza infatti i riferimenti a difficoltà e ritardi erano più espliciti, nel documento ufficiale appaiono ammorbiditi, meno chiari.

La relazione ufficiale ha un approccio più ottimista della bozza.

Un esempio su tutti riguarda la firma del contratto per la costruzione di 9 studi cinematografici a Cinecittà. Nella versione ufficiosa della relazione il governo segnalava “possibili ritardi nella sottoscrizione di alcuni contratti legati al rispetto dei criteri DNSH“. Nella versione ufficiale invece si legge che “sono regolarmente in corso le attività richieste per il conseguimento della milestone prevista per il 30 giugno 2023“. Considerando che, sempre nella relazione ufficiale, risulta firmato 1 solo contratto dei 9 previsti, sembra più plausibile la previsione della bozza.

Noi stiamo producendo molte carte cercando di dare continuità a un piano del quale non abbiamo responsabilità. […] Penso che il ministro Fitto sia stato in questi 8 mesi di governo in parlamento diverse volte […] Non ci sono ritardi. C’è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare, senza fare polemica.

Queste sono le dichiarazioni della presidente Meloni al senato, il 28 giugno scorso, durante le comunicazioni in vista del consiglio europeo del 29 e 30 giugno. In particolare sul Pnrr ha replicato all’intervento del senatore del Partito democratico Antonio Misiani. Respingendo le accuse di ritardi e mancata trasparenza e scaricando sul precedente governo Draghi la responsabilità del piano nazionale, in quanto non ideato dall’attuale esecutivo.

In merito ai ritardi, quanto affermato dalla premier non solo viene smentito dai dati raccolti attraverso il nostro monitoraggio, ma contraddice quanto detto dallo stesso governo nella relazione al parlamento. In particolare sulle scadenze critiche che abbiamo appena analizzato. Per quanto riguarda la trasparenza invece, vedremo ora quanto poco chiari e condivisi siano i prossimi passi. Dai tempi e modalità del processo di revisione alla possibilità di ricevere nuove risorse. Tutti aspetti che il governo continua a non esplicitare e che anche nella relazione al parlamento sono stati affrontati in modo molto vago.

I dubbi sul processo di revisione

Da mesi ormai il governo italiano dichiara di essere al lavoro su una proposta di revisione complessiva del Pnrr da inviare entro la fine di agosto 2023. Modifiche che dovrebbero integrare il capitolo sul piano energetico RepowerEu e stralciare le scadenze e i progetti considerati irrealizzabili.

Come abbiamo visto in precedenza, nella relazione sullo stato di attuazione si legge che saranno oggetto di rimodulazione anche le scadenze di questo primo semestre 2023. Una scelta che spiega almeno in parte i gravi ritardi che abbiamo evidenziato – 17 interventi da completare su 27 – ma che lascia non poche perplessità.

Perché modificare le scadenze già del 2023? Se la rimodulazione riguardasse quelle a partire dal 2024, l’esecutivo avrebbe potuto raggiungere i milestone e i target previsti entro fine giugno. Se non la totalità, quasi. Non tutte e 17 le scadenze che risultano in ritardo infatti prevedono interventi irrealizzabili. Per quanto ne sappiamo, solo 5 sono etichettate come critiche. Completando gli interventi da cronoprogramma, l’esecutivo sarebbe stato almeno nelle condizioni di richiedere la quarta rata di finanziamenti. Un segnale positivo, a maggior ragione considerando che la commissione europea non ha ancora approvato l’invio della terza tranche. Fondi che il nostro paese aspetta dalla fine del 2022 e su cui evidentemente ci sono ancora dei dubbi.

Altre perplessità sono inoltre legate proprio al funzionamento di questo processo di revisione in sé. Ammettendo che il governo invii la proposta entro fine agosto e che la commissione approvi le modifiche in pochi mesi, cosa succederà alle scadenze del 2023? Verranno semplicemente eliminate quelle che non sono state raggiunte, o posticipate tutte al 2024? E altrettanti dubbi riguardano le risorse. Non sappiamo se sarà possibile richiedere più di una rata contemporaneamente, o una rata dal valore doppio. Oppure se il rischio è di perdere inevitabilmente una parte dei fondi.

Ciò che è certo del Pnrr è che la situazione è a nostro avviso sempre più grave. Ulteriori ritardi potrebbero accumularsi e permangono le difficoltà di spesa che abbiamo sottolineato in diverse occasioni. Il tutto a fronte di un governo che, nonostante le evidenti criticità, non chiarisce le proprie intenzioni e respinge le osservazioni del parlamento, della corte dei conti e della società civile.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: GovernoLicenza

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