I voti ribelli in parlamento Governo e parlamento

In Italia i parlamentari sono liberi di votare in piena coscienza, senza alcun vincolo di mandato. In generale tuttavia ci si aspetta che seguano le indicazioni del proprio gruppo politico. Quando non lo fanno parliamo di voto ribelle.

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Nelle scorse settimane ci siamo occupati di diversi indicatori che si trovano sulla nuova versione di Openparlamento. Tra questi l’indice di compattezza, con cui misuriamo quanto le forze politiche votano in modo coeso nelle aule parlamentari. L’indice prende in considerazione sia la non partecipazione al voto dei parlamentari (per varie ragioni) sia i cosiddetti voti ribelli, ovvero le posizioni espresse in contrasto rispetto al proprio gruppo.

Quanto i parlamentari partecipano alle votazioni è certamente un elemento rilevante, sia di per sé sia quando si cerca di monitorare la compattezza delle forze politiche. Tuttavia sono i voti ribelli a esprimere l’effettivo dissenso di un parlamentare rispetto alla propria formazione politica.

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Quanti voti ribelli e dove

In questa prima fase della legislatura il fenomeno dei voti ribelli non si è manifestato in modo molto evidente. Tuttavia iniziare a monitore il fenomeno serve a conoscere la situazione attuale anche per confrontarla con fasi politiche che potrebbero essere diverse. Attualmente, in media, ogni parlamentare ha espresso 26,4 volte un voto in dissenso con il proprio gruppo.

26,4 la media dei voti ribelli espressi da ciascun parlamentare dall’inizio della legislatura.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare (visti i numeri più ridotti della maggioranza al senato) è a palazzo Madama che sono stati espressi più voti in dissenso. Qui infatti, in media, ogni senatore si è espresso 33,8 volte diversamente rispetto alla linea del gruppo, mentre alla camera il dato si ferma a 22,3.

In ogni caso si tratta di dati piuttosto bassi considerando che le votazioni, tra camera e senato, superano le 11.300. Si può dire dunque che in media si contano 1,4 voti ribelli per votazione.

Nelle aule di camera e senato sono molte le ragioni per cui si può arrivare a una votazione e non tutte hanno la stessa importanza. Il tipo di atto su cui più spesso deputati e senatori votano in dissenso con il proprio gruppo sono gli ordini del giorno. Si tratta di atti che impegnano il governo ad assumere un certo comportamento, senza però avere un effetto realmente vincolante. In questo caso la media è di 1,7 ribelli ad ogni votazione.

I voti ribelli sono espressi più spesso su ordini del giorno o emendamenti, mentre è più raro che avvengano sul voto finale a un provvedimento.

Al secondo posto invece gli emendamenti, con 1,4 ribelli per votazione. Questo tipo di voto è importante perché si riferisce di solito ad atti aventi forza di legge. Tuttavia gli emendamenti possono anche riguardare aspetti specifici dei provvedimenti. È comprensibile quindi che alcuni parlamentari abbiano una posizione diversa dal proprio gruppo, salvo poi uniformarsi quando si tratta di votare l’atto intero. Non a caso quando si passa al voto finale su un provvedimento, il numero medio di ribelli si riduce a 0,5 per votazione.

Voti ribelli e gruppi

Il gruppo in cui risultano più voti ribelli è Per le autonomie al senato, una formazione che però ha natura piuttosto composita. Al gruppo infatti sono iscritti due esponenti del Südtiroler Volkspartei, due senatori a vita e due esponenti eletti nelle liste del Partito democratico. Peraltro questi ultimi sembra abbiano aderito alla formazione proprio al fine di raggiungere il numero legale necessario alla sua formazione.

Piuttosto elevato poi risulta il dato medio sia dei componenti di Italia Viva (Iv – sia alla camera che al senato) che di Azione (presente solo alla camera). D’altronde il valore non è riferito al gruppo ma ai suoi componenti e al loro comportamento riferito al momento del voto. Visto che fino allo scorso 20 novembre Azione e Italia viva appartenevano al medesimo gruppo che si è poi diviso a causa delle divergenze politiche, non stupisce un alto numero di voti ribelli tra i loro esponenti.

Quando un parlamentare vota diversamente dal proprio gruppo politico esprime un voto ribelle. Per ciascun gruppo è stata fatta la media tra il totale dei voti ribelli dei suoi componenti e la numerosità del gruppo stesso. Non è stato incluso il gruppo misto perché non prevede, per natura, che i suoi componenti agiscano in modo uniforme. Discorso analogo per il gruppo Per le atuonomie vista la sua natura composita. L’elevato valore attribuito ad Azione e Italia Viva è, almeno in parte, dovuto al fatto che gli esponenti di queste formazioni fino allo scorso 20 novembre facevano parte di un unico gruppo che poi si è sciolto proprio a causa di divergenze politiche.

FONTE: Openparlamento
(ultimo aggiornamento: mercoledì 10 Aprile 2024)

Quanto al Partito democratico (Pd) è interessante notare come si registrino molti più dissensi al senato che alla camera. A palazzo Madama infatti la media è di 59,2 voti ribelli per senatore, mentre a Montecitorio di 19,6 per deputato.

L’esatto opposto invece sembra accadere ai parlamentari di Forza Italia (FI) che al senato, in media, registrano 7,9 voti ribelli ciascuno e alla camera 44,5. Un fenomeno che si rileva anche per gli esponenti della Lega. Anche se in questo caso la forbice è meno ampia (5,8 al senato e 26,3 alla camera).

Molto bassa in entrambi i rami invece la media dei voti ribelli degli esponenti di Fratelli d’Italia (6,4 alla camera e 7,3 al senato).

Gli atti più divisivi

I voti su cui, da inizio legislatura, si sono registrate più ribellioni riguardano 2 ordini del giorno (Odg) relativi alla legge di conversione del decreto rave, carceri, giustizia e obblighi di vaccinazione. Entrambi gli Odg (9/705/119 e 9/705/113) sono stati presentati da esponenti del Movimento 5 stelle ricevendo parere favorevole da parte del governo. Nonostante questo nel primo caso 37 esponenti di maggioranza hanno votato contro (16 della Lega, 11 di FI, 9 di FdI e 1 di Noi moderati) e nel secondo 35 (17 di FdI, 12 di FI, 4 della Lega e 2 di Noi moderati).

Al terzo posto il voto su un articolo del disegno di legge in materia di interventi di sicurezza stradale. La votazione, avvenuta alcuni giorni fa, ha visto voti ribelli (34) sia della maggioranza (17), che dell’opposizione (17).

Tuttavia se limitiamo l’analisi ai voti più importanti il numero delle ribellioni si riduce notevolmente. Così ad esempio guardando ai voti finali con cui vengono approvate le leggi il massimo che si raggiunge è di 9 ribelli nel voto alla camera sul Ddl Maternità surrogata reato universale. Il dissenso in questo caso ha riguardato componenti del gruppo di Azione che, all’epoca, includeva anche gli esponenti di Italia viva.

Sette voti ribelli invece si sono registrati sulla votazione finale con cui la camera ha approvato il Ddl contro la carne sintetica. Anche in questo caso a dividersi sono stati gruppi di opposizione. Infatti mentre la maggior parte dei componenti di Azione si è astenuto sul provvedimento, in 3 hanno votato a favore e uno contro. Diverso il caso del Pd che ha visto 3 esponenti votare contro, assumendo quindi una posizione di maggiore contrarietà al provvedimento rispetto al resto del gruppo, che si è astenuto.

Rimanendo su atti particolarmente importanti è interessante anche il caso di una risoluzione di maggioranza sul sostegno all’Ucraina, su cui il Pd si è astenuto ma 6 senatori hanno votato a favore.

Infine per quanto riguarda i voti di fiducia, non risultano casi in cui esponenti di maggioranza abbiano votato contro. D’altronde una situazione del genere avrebbe significato il loro passaggio all’opposizione.

In 2 casi invece un esponente del M5s (conversione decreto rafforzamento pubblica amministrazione) e uno del Pd (conversione decreto milleproroghe 2024) hanno votato con la maggioranza in dei voti di fiducia. Altri 10 voti ribelli su questioni di fiducia riguardano invece il gruppo Per le autonomie che, come anticipato, non ha un’espressione di voto compatta. Quasi sempre comunque si è trattato di una situazione in cui alcuni hanno votato contro e altri si sono astenuti, senza comunque schierarsi con la maggioranza.

I parlamentari più ribelli

Viste le precisazioni fatte sul gruppo Per le autonomie, non stupisce che tra i 7 parlamentari con più voti ribelli 5 appartengono a questo gruppo (Meinhard Durnwalder con 970 voti ribelli, Elena Cattaneo 754, Juliane Unterberger 306, Luigi Spagnolli 259 e Pietro Patton 213). Altri parlamentari in cima alla classifica appartengono ad Azione o Italia viva (Daniela Ruffino 236 voti ribelli, Dafne Musolino 173, Roberto Giachetti 165 e Naike Gruppioni 165).

Ma sono altri i casi più interessanti. Tra questi Silvana Comaroli, deputata della Lega eletta in Lombardia che si è espressa 433 volte in dissenso con la linea del gruppo (quasi sempre su ordini del giorno). Certo Comaroli non ricopre ruoli chiave in parlamento, tuttavia è una deputata di lungo corso, eletta per la prima volta alla camera nel 2013.

L’onorevole Francesco Cannizzaro, di Forza Italia, ha invece espresso 198 voti in dissenso (tra Odg – 94 – , emendamenti – 66 – e altri voti non finali), nonostante alla camera ricopra il ruolo di vicepresidente del gruppo parlamentare.

Infine da segnalare è il caso del senatore del Pd Dario Franceschini, che si è espresso diversamente dal gruppo in 193 occasioni (quasi sempre su emendamenti). Un caso particolare se si considera che Franceschini è un dirigente storico del Pd che peraltro, nell’ultimo congresso, si è schierato a favore della segretaria attuale.

Certo, in questi tre casi il dissenso non riguarda mai voti particolarmente importanti, come i voti finali o, a maggior ragione, quelli di fiducia. Anche per questo il numero complessivo di voti ribelli ha valore fino a un certo punto. Per capire effettivamente il livello di dissenso tra un parlamentare e il suo gruppo occorre invece valutare nel merito le votazioni, distinguendo per tipo di voto e considerando gli atti a cui fanno riferimento.

FONTE: Openparlamento
(ultimo aggiornamento: martedì 9 Aprile 2024)

Generalmente basso poi è il numero di voti ribelli espressi da esponenti della maggioranza con ruoli chiave al governo o in parlamento. Tra i presidenti di commissione tuttavia spiccano alcuni nomi. Tra questi Marco Osnato, presidente della commissione finanze alla camera, che nel corso della legislatura ha espresso 49 voti ribelli. Ma anche Luca De Carlo presidente della commissione industria al senato, con 24 voti ribelli e Walter Rizzetto, presidente della commissione lavoro alla camera con 22 voti ribelli.

Ancora meno i voti in dissenso di esponenti di governo. Tra i 45 parlamentari che ricoprono anche incarichi nell’esecutivo 13 hanno sempre votato in modo coerente con il gruppo. Altri 16 si sono espressi in dissenso solo una o 2 volte. I casi con più voti ribelli invece riguardano Tullio Ferrante (sottosegretario al ministero delle infrastrutture) con 9, Luca Ciriani (ministro per i rapporti con il parlamento) con 8, Alessandro Morelli (sottosegretario alla presidenza del consiglio) e Anna Maria Bernini (ministra dell’Università) entrambi con 7.

Ad ogni modo, per quanto il voto in dissenso di un esponente di governo o di un presidente di commissione sia un fatto politico rilevante, i numeri appaiono modesti considerando la quantità di voti che quotidianamente vengono espressi nelle aule di camera e senato.

I dati presentati nell’articolo sono stati estratti il 9 aprile, pertanto potrebbero presentare alcune differenze con quelli indicati su Openparlamento.

Foto: camera dei deputati

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