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Nei prossimi anni, la sfida principale per il nostro paese sarà investire adeguatamente le risorse del Pnrr. Ciò è vero soprattutto sul fronte del contrasto alla povertà educativa minorile.

Da un lato, perché il piano nazionale di ripresa e resilienza non è che la declinazione italiana del Next Generation Eu, strumento che ha come missione costitutiva proprio il miglioramento delle prospettive delle prossime generazioni. Dall’altro, perché il suo arco temporale di attuazione coincide con i nuovi, e sempre più ambiziosi, obiettivi europei sull’istruzione.

19,44 miliardi € destinati dal Pnrr al potenziamento dei servizi di istruzione. A questi si aggiungono altri interventi trasversali alle diverse missioni.

Si tratta perciò di un’opportunità unica per avvicinare il nostro paese ai migliori standard europei e, in parallelo, per ridurre le ampie disparità interne che come vedremo lo caratterizzano.

La riuscita del Pnrr dipenderà dal monitoraggio tempestivo e dal coinvolgimento sociale sull’attuazione.

Ciò sarà possibile soltanto a due condizioni. La prima è poter verificare l’attuazione delle misure in itinere, monitorandone l’implementazione e la capacità di corrispondere a tali sfide. La seconda passa dal coinvolgimento dei soggetti che già oggi, nei territori, lavorano al contrasto della povertà educativa. Scuole, insegnanti, famiglie, educatori, enti locali, organizzazioni del terzo settore. La rete dei presidi di educativi, dalle associazioni sportive alle biblioteche, dai musei alle librerie, dai cinema ai doposcuola. In poche parole, le comunità educanti, il cui coinvolgimento – secondo il modello dei patti educativi di comunità – resta strategico.

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Aspetto che finora purtroppo non è stato valorizzato a sufficienza, come sottolineato dal gruppo di lavoro sulla dispersione scolastica istituito dallo stesso ministero dell’istruzione. E che tuttavia rappresenta la principale strategia di lungo periodo affinché misure così importanti non restino interventi estemporanei. Così come è urgente la necessità di un set di indicatori aggiornato e condiviso per individuare correttamente i fabbisogni, impostare gli interventi e monitorarne nel tempo l’attuazione.

Serve inoltre un monitoraggio che consideri le risorse garantite dal Next Generation Eu nell’insieme complessivo della spesa pubblica, preesistente e futura. In primo luogo, perché per ciascun comparto è lo stesso Pnrr a prevedere una pluralità di investimenti. Basti pensare all’edilizia scolastica, dove il piano si occupa di aspetti che vanno dalla costruzione di nuove scuole alla loro messa in sicurezza, dagli interventi su palestre e mense a quelli per l’infrastrutturazione digitale delle classi. In secondo luogo, perché gli investimenti del Pnrr insistono in settori dove sono già stratificate anche altre linee di finanziamento.

Per restare sull’esempio dell’edilizia scolastica, che approfondiamo nel capitolo dedicato, prima del Pnrr esistevano già 22 canali di finanziamento, di cui solo 13 a gestione diretta del ministero dell’istruzione. Appare auspicabile una visione strategica dell’intero comparto, unico modo per programmare le politiche in una logica di sistema, evitando la parcellizzazione degli interventi e consentirne una valutazione complessiva.

Tale valutazione dovrà verificare tempi e modalità di realizzazione delle infrastrutture, ma non potrà limitarsi a questo. Servirà un’attenzione particolare nel verificare se alla costruzione di un asilo o di una scuola corrisponde un effettivo aumento dei servizi. Tale potenziale criticità si può scorgere chiaramente per gli asili nido. Nel percorso del bando dedicato, che ricostruiamo nel prossimo capitolo, è emersa una ritrosia nella partecipazione da parte degli enti locali di molte regioni, in particolare nel mezzogiorno.

In alcuni casi, ciò può essere sicuramente imputato a un’insufficiente priorità assegnata al tema dal decisore locale. Ma non va sottovalutato l’ostacolo – per gli enti locali carenti delle professionalità necessarie – costituito dal mettere a punto una progettazione efficace, in linea con quanto stabilito dai bandi. Così come può aver pesato una difficoltà, specie per le amministrazioni con minori risorse e attualmente senza nidi, nel prevedere a regime la sostenibilità di servizi che oggi non offrono.

La gestione dei nuovi servizi creati grazie al Pnrr chiama quindi in causa tanti aspetti diversi. Dall’effettiva possibilità degli enti destinatari delle risorse nel dare futura continuità agli interventi, una volta esauriti i finanziamenti del Pnrr, al coinvolgimento della comunità educante, per dare concretezza a tale prospettiva. Questo possibile iato tra gli investimenti sulle infrastrutture e la loro futura gestione è uno degli elementi dirimenti nell’attuazione del Pnrr.

Perciò l’efficacia del piano dipenderà da due condizioni: coinvolgimento e monitoraggio, che sono l’una la premessa dell’altra. La possibilità di verificare in modo tempestivo e trasparente l’attuazione degli interventi da parte di tutti – singoli cittadini, esperti, media, decisori – è il presupposto per coinvolgere le persone sugli obiettivi del piano e nella sua effettiva implementazione. Per essere effettiva, la partecipazione ha infatti bisogno del supporto di un monitoraggio costante, basato su dati pubblici, trasparenti, disaggregati.

Allo stesso tempo, solo l’innesco di un processo realmente partecipativo garantirà la piena riuscita del piano. Un monitoraggio attento e puntuale nei prossimi anni potrà consentire di programmare meglio le azioni, verificare le criticità e far emergere le esperienze positive. Ma solo l’intervento delle persone sui territori potrà rendere operative tali scelte, correggere gli errori e valorizzare le migliori pratiche. Una sinergia preziosa da cui, a nostro avviso, potrebbe dipendere l’efficacia stessa del Pnrr.

Questo report, con l’analisi di alcune delle principali misure del Pnrr sul fronte dell’accesso all’educazione, vuole essere un primo tentativo in questo senso. Negli ultimi mesi molti degli interventi più significativi del piano stanno prendendo forma. Seguirne l’andamento è l’unico modo per non vanificare un’opportunità preziosa, in un ambito tanto prioritario per il paese.

Perché la povertà educativa resta una priorità nazionale

Nel mondo in cui viviamo il livello di istruzione è una delle variabili che maggiormente decidono il destino individuale di una persona. E, di conseguenza, le stesse prospettive della società nel suo insieme. Avere accesso fin dai primi anni di vita a un’istruzione di qualità agevola tutto il percorso successivo e riduce il rischio di trovarsi in situazioni di povertà o di esclusione sociale.

Questa possibilità molto spesso dipende dalla famiglia in cui si nasce. È infatti proprio chi parte da una condizione di deprivazione ad avere minore accesso alle opportunità educative, sociali e culturali che potrebbero consentire di uscire dal rischio esclusione.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 14 Settembre 2022)

È la trappola della povertà educativa: la povertà economica limita le opportunità di apprendimento e, a sua volta, una minore istruzione genera ulteriore esclusione sociale. Rompere questo circuito significa garantire a tutti - a prescindere dalla condizione di partenza - un accesso equo all'istruzione di qualità.

La povertà educativa è la condizione in cui un bambino o un adolescente si trova privato del diritto all'apprendimento, inteso in senso lato. Accanto all'istruzione formale vanno garantite ai minori pari opportunità educative, sociali, culturali, così come il diritto al gioco e al tempo libero. Vai a "Quali sono le cause della povertà educativa"

Sono queste ragioni a indicare la necessità di promuovere il miglioramento e la progressiva estensione dell'offerta educativa presente nel nostro paese. Mettendo al servizio di questa missione tutte le energie possibili, a partire dalle comunità educanti presenti sul territorio. E incrementando l'attenzione e l'impegno che il sistema paese rivolge a questa priorità. Non farlo significherebbe l'accettazione passiva della crescita delle disuguaglianze.

Il Pnrr come strumento di contrasto delle disparità educative

Nei prossimi anni, ciò significa indubbiamente anche valorizzare le risorse previste dal piano nazionale ripresa e resilienza.

Un piano che, come già accennato, discende dall'iniziativa europea Next generation Eu. Si tratta di uno strumento finanziato con debito che verrà pagato dalle prossime generazioni e perciò necessariamente rivolto ad esse. Investire in questa direzione è quindi ineludibile e qualificante per la riuscita del piano.

3 le priorità trasversali del Pnrr: giovani, parità di genere e divari territoriali.

Non casualmente, 2 priorità del Pnrr trasversali a tutti gli interventi previsti sono proprio i giovani e la riduzione dei divari territoriali nei diritti di cittadinanza. Aspetti su cui l'Italia ha molto da migliorare nell'ambito del contrasto alla povertà educativa.

Disparità di questo tipo restano ancora profonde nel nostro paeseIniziano dalla nascita, quando la possibilità di accedere ai servizi per l'infanzia, il primo passo del percorso educativo, si scontra con un'offerta ancora profondamente disuguale sul territorio.

59,3% dei comuni italiani offre il servizio nido o altri servizi integrativi per la prima infanzia. Nel mezzogiorno la quota scende al 46%.

Crescendo, i divari continuano ad allargarsi, sia in termini di opportunità ricevute che di apprendimenti. E accompagnano molti minori nella loro formazione, incidendo sul rischio di dispersione scolastica e di abbandono precoce.

12,7% i giovani che hanno abbandonato la scuola con al massimo la licenza media (2021). In Sicilia la quota nello stesso anno sale al 21,2%.

Tali disparità spesso si sovrappongono: insistono sugli stessi territori e sulle stesse ragazze e ragazzi. Oggi in Italia ogni 100 bambini residenti vi sono 27,2 posti nei nidi e nei servizi per la prima infanzia. Un dato certamente cresciuto rispetto a qualche anno fa (erano 22,5 nel 2013) ma ancora inferiore alla soglia obiettivo europea del 33%. Target da cui resta molto lontano il mezzogiorno: in Sicilia, Campania e Calabria, i posti sono poco più di uno su 10. In alcune realtà del sud si scende al di sotto di quella soglia.

7,5 i posti nei nidi e nei servizi prima infanzia ogni 100 bambini a Catania nel 2020.

Lo stesso vale per le aree interne: solo i comuni polo - le città baricentriche in termini di servizi - raggiungono la soglia del 33%. Quelli di cintura (le aree urbane hinterland dei poli) si attestano attorno al 25%. I comuni periferici e ultraperiferici non raggiungono il 20%.

Queste stesse disparità territoriali si riscontrano in tutto il percorso successivo. Nell'anno scolastico 2020/21, in base alle rilevazioni Invalsi, circa il 40% dei ragazzi di terza media non ha raggiunto un livello di apprendimento adeguato in italiano, attestandosi sui 2 livelli più bassi. Una quota che sfiora il 60% nel crotonese e supera il 50 in altre province del mezzogiorno come Palermo, Trapani, Vibo Valentia, Caltanissetta, Enna, Reggio Calabria, Napoli e Foggia.

59,7% studenti di III media della provincia di Crotone ai livelli di competenza 1 e 2 in italiano. Considerando solo il livello 1 (il più basso) la quota è 32,7%, un terzo del totale.

L'esito di tali tendenze è spesso un'incidenza superiore dell'abbandono scolastico proprio nel mezzogiorno. Le 3 maggiori regioni meridionali, Sicilia, Puglia e Campania, sono ai primi posti per uscite precoci dal sistema di istruzione.

Uno sguardo organico agli investimenti del piano

Lo scopo ultimo del Pnrr è proprio intervenire su tali disparità, in quanto limitano le potenzialità di bambini e ragazzi. Un obiettivo che non emerge solo nelle singole misure, ma nell'insieme complessivo di un piano che - come già detto - ha nel miglioramento delle condizioni dei più giovani e nella riduzione dei divari le sue priorità qualificanti.

Serve una programmazione e un monitoraggio attento degli interventi, basato sui dati.

Per indirizzare queste risorse in modo adeguato è essenziale porre la dovuta attenzione a ciascuno dei molteplici passaggi previsti nell'attuazione del piano. Ogni intervento per essere finalizzato prevede infatti una pluralità di misure e scadenze diverse, con bandi da emanare, decreti da approvare, azioni operative da implementare, territorio per territorio.

Un percorso da moltiplicare per ciascuno degli interventi del Pnrr, dal momento che il piano contiene numerose misure riguardanti la povertà educativa, non concentrate esclusivamente nella missione specifica "istruzione e ricerca", ma anche in altre. Come quelle sulle nuove scuole previste nell'ambito degli interventi sulla transizione ecologica, legate alla riqualificazione energetica dei nuovi edifici scolastici.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Pnrr
(ultimo aggiornamento: giovedì 5 Maggio 2022)

Per verificare tale sforzo, previsto in un orizzonte temporale da qui al 2026 e anche oltre, è quindi necessario un monitoraggio attento. Un monitoraggio oggi non sempre possibile, per mancanza di dati con cui verificare i fabbisogni e l'attuazione dei progetti, di informazioni aggiornate sulle decisioni prese, di sistemi informativi funzionanti. Ciò significa rendere più difficile per i soggetti della società civile valutare l'andamento del Pnrr.

Consapevoli di tali limiti, attraverso i dati disponibili, nel corso del report abbiamo approfondito da un lato gli attuali divari nell'erogazione dei servizi, dall'altro le previsioni del Pnrr lungo 3 investimenti:

Si tratta di misure la cui riuscita è cruciale, sia nell'ottica di una riduzione delle disparità educative esistenti, sia affinché il nostro paese adempia al nuovo quadro di obiettivi sull'istruzione a livello europeo.

Il nuovo quadro degli obiettivi europei sull'istruzione

Nel febbraio 2021, in sede europea sono stati stabiliti una serie di obiettivi decennali sempre più sfidanti sull'istruzione e il contrasto della povertà educativa, innalzando o introducendo nuovi target rispetto all'abbandono scolastico, alle competenze degli studenti, all'accesso all'educazione prima dei 6 anni. Obiettivi che dovranno essere raggiunti a livello Ue, ma che comunque chiamano in causa ciascun paese.

 

I nuovi traguardi Ue sull'istruzione

Tema
Traguardo Ue
Anno obiettivo
Media Ue
Italia
I migliori in Ue
Scarsi risultati nelle competenze di baseMeno del 15% i 15enni scarsi in lettura, matematica e scienzeentro il 2030 Lettura: 22,5%
Matem.: 22,9%
Scienze: 22,3%
Lettura: 23,3%
Matem.: 23,8%
Scienze: 25,9%
Estonia, Irlanda, Finlandia, Polonia, Danimarca
Scarsi risultati nelle competenze digitaliMeno del 15% alunni III media con scarse competenze digitalientro il 2030ndndCechia, Danimarca, Polonia
Educazione e cura prima infanzia≥96% bambini 3-5 anni in istruzione e cura prima infanziaentro il 203092,8% (2019)93,6% (2019)Francia, Irlanda, Belgio
Abbandono precoce istruzione e formazioneMeno del 9% 18-24enni con al massimo licenza mediaentro il 20309,9% (2020)13,1% (2020)Croazia, Grecia, Slovenia
Completamento istruzione terziaria≥45% 25-34enni con istruzione terziariaentro il 203040,5% (2020)28,9% (2020)Lussemburgo, Irlanda, Cipro
Apprendimento per i diplomati IFP≥60% neodiplomati Ifp che hanno accesso al lavoroentro il 2025ndnd-
Partecipazione adulti all'apprendimento≥47% 25-64enni che hanno partecipato all'apprendimentoentro il 2025ndnd-
elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Commissione europea (Education and Training Monitor 2021)

 

Per il nostro, in ritardo da anni rispetto a molti di questi temi, si tratta di traguardi di non poco conto in vista di questo decennio. Gli investimenti del Pnrr, e nello specifico quelli di cui ci occupiamo nel corso del report, potranno essere un volano insostituibile in questo sforzo. Per l'Italia avvicinarsi agli standard Ue significa innanzitutto colmare gli ampi divari interni che caratterizzano il paese.

A partire da quelli nella fascia 0-6 anni, su cui interviene il piano da 4,6 miliardi di euro sugli asili nido e le scuole per l'infanzia. In particolare sui primi, dove le disparità nell'offerta sono storicamente molto ampie. Mentre per l'innalzamento delle competenze e la prevenzione del rischio abbandono, appare essenziale la riuscita dell'intervento contro la dispersione e i divari territoriali (1,5 miliardi).

Per potenziare la qualità della didattica, un ruolo interessante potrebbe averlo anche il piano di sostituzione delle scuole (800 milioni di euro, successivamente estesi a 1,19 miliardi). Risorse che mirano alla trasformazione di oltre 200 scuole in ambienti di apprendimento innovativi, aperti al territorio. Misura che, peraltro, ha come obiettivo prioritario la riqualificazione energetica dell'edilizia scolastica, in un momento storico in cui il tema assume particolare rilevanza.

Il coinvolgimento della comunità educante e l'importanza del monitoraggio

Se l'obiettivo ultimo degli interventi è offrire un ecosistema educativo di qualità per tutte e tutti, appare ineludibile per la loro riuscita il coinvolgimento dei tanti attori presenti sul territorio. Famiglie, educatori, insegnanti, enti del terzo settore, istituzioni locali, presidi culturali, così come associazioni culturali e sportive. Mettere a sistema questo insieme di persone e organizzazioni è una priorità per il paese. La scuola e le strutture educative possono e debbono essere il baricentro di tale iniziativa.

Il monitoraggio è la premessa per il coinvolgimento della società civile.

Un coinvolgimento che passa anche dalla capacità di monitorare gli interventi in itinere. In modo da programmare meglio le azioni, coadiuvare il decisore, verificare eventuali criticità per correggerle, così come valorizzare le esperienze positive. Questo lavoro sarà possibile solo grazie alla pubblicazione di dati che oggi spesso mancano, o sono rilasciati con aggiornamento e disaggregazione insufficienti, come quelli - spesso risalenti al censimento - sui fattori di vulnerabilità sociale.

Tuttavia, i dati a disposizione già consentono alcune valutazioni. Come ricostruiremo nei diversi capitoli, ciascuno degli interventi oggetto di analisi ha grandi potenzialità, in diversi casi limitate da criticità nell'applicazione, di varia natura. Dalla difficoltà per alcuni territori di partecipare ai bandi alla carenza di dati appropriati per definire l'assegnazione delle risorse. Poter monitorare tempestivamente questi aspetti, avere a disposizione i dati utili per la definizione dei fabbisogni dei territori, non è solo una questione metodologica. È anche da questa possibilità che dipenderà l'efficacia del piano nazionale di ripresa e resilienza.

Foto: Markus Spiske (Unsplash) - Licenza

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