Perché è un errore aver bocciato la commissione periferie Periferie

Nella scorsa legislatura aveva fatto luce sulla condizione nelle aree urbane. La proposta di proseguire queste attività con una commissione bicamerale è stata respinta da Movimento 5 stelle e Lega. Ecco perché quel lavoro è ancora prezioso ed è un errore abbandonarlo.

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Il 26 marzo la camera ha bocciato la proposta di istituire una commissione d’inchiesta sulle periferie. Un organo simile a quello che aveva lavorato nella scorsa legislatura, ma bicamerale, e che quindi richiedeva l’approvazione di una legge per diventare operativo. I gruppi di maggioranza, M5s e Lega, hanno approvato un emendamento che ne sopprime interamente il testo.

Una scelta inaspettata, visto che il lavoro della precedente commissione era stato accolto con favore dalle forze politiche e sociali. Come avevamo avuto modo di raccontare, era stata l’occasione per riportare al centro dell’agenda politica le periferie e chi ci abita.

7 milioni le persone che vivono nelle aree periferiche o intermedie dei capoluoghi di città metropolitana.

In circa un anno di attività, la precedente commissione d’inchiesta aveva ascoltato cittadini, associazioni, comitati di quartiere, esperti e istituzioni. Producendo una relazione finale utile al legislatore e all’esecutivo per impostare le politiche pubbliche sulle aree urbane.

Servono per indagare su materie di interesse pubblico, con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Vai a "Cosa sono e cosa fanno le commissioni d’inchiesta"

Ma oltre a portare nelle aule parlamentari le testimonianze degli abitanti delle periferie, era stata l’occasione per rilasciare una serie di dati sulla condizione economica e sociale nelle aree metropolitane. Informazioni spesso inedite, rielaborate da Istat appositamente per la commissione d’inchiesta.

Queste premesse lasciavano immaginare un consenso unanime, o quasi, sull’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta sul fenomeno. Anche perché le diverse proposte in questo senso erano state firmate in modo piuttosto trasversale.

Genesi e bocciatura della proposta

Tra le firme a sostegno della proposta De Maria (Pd), depositata il 6 giugno scorso, compare quella dell’ex vicepresidente della commissione periferie, l’attuale viceministro dell’economia Laura Castelli (M5s).

A questa proposta ne erano state abbinate anche altre analoghe, depositate da deputati di Forza ItaliaFratelli d’Italia e Noi con l’Italia-Usei. Segno di una importante convergenza degli schieramenti politici su una questione cruciale.

4 proposte di legge alla camera per istituire la commissione periferie.

E infatti durante l’esame in commissione iniziato ad ottobre non sembravano esserci contrarietà esplicite, almeno inizialmente. Ancora il 20 febbraio, i deputati di Lega e 5 stelle chiedevano tempo per arrivare ad un testo condiviso.

Anna Macina (M5s) propone di chiedere un rinvio dell’avvio della discussione in Assemblea sul provvedimento, attualmente previsto per la giornata di lunedì 25 febbraio prossimo, al fine di svolgere, nel corso della prossima settimana, ulteriori approfondimenti politici tra i gruppi, con l’obiettivo di definire un testo il più possibile condiviso. Igor Giancarlo Iezzi (Lega) si associa alla richiesta testé formulata dalla deputata Macina.

Dilazioni che si sono rivelate inutili: il 13 marzo in commissione Lega e 5 stelle hanno approvato un emendamento che, invece di riformulare in modo condiviso il testo, lo sopprime interamente. Stessa scelta in aula, 13 giorni dopo. Pare che in questa legislatura non ci sarà nessuna commissione sulle periferie.

FONTE: openparlamento
(ultimo aggiornamento: giovedì 28 Marzo 2019)

Perché la commissione sarebbe ancora utile

La contrarietà delle due forze di governo appare ancora meno comprensibile alla luce del giudizio positivo sulla precedente commissione.

(...) è unanimemente riconosciuto il valore del lavoro svolto nella scorsa legislatura dalla commissione di inchiesta sulla sicurezza e sul degrado delle città e delle periferie.

Ma allora come è stato giustificato il no alla costituzione di un organo in continuità con quello che a detta di tutti aveva lavorato bene? L'argomentazione principale è che dopo la fase dell'analisi e della raccolta dei dati si deve passare alle risposte concrete.

Questo Governo, però, ha già posto in essere diverse e diversificate azioni per fornire delle risposte. E voglio ricordare soltanto a titolo esemplificativo, per esempio, le 96 convenzioni che saranno firmate tra comuni e città metropolitane, che pongono al centro la riqualificazione urbana delle periferie.

Serve un organo che vigili su come vengono spesi i fondi per le periferie.

Quella tra interventi e monitoraggio è una contrapposizione fuorviante. Se è vero che l'impegno del governo sulle periferie si misurerà soprattutto sugli interventi concreti, a maggior ragione è importante che il parlamento sia messo in condizione di vigilare su queste attività. Evitando, come poteva succedere lo scorso agosto, che i fondi già stanziati sulle periferie vengano bloccati o peggio dirottati. Una scelta abbandonata solo a seguito delle proteste dei sindaci, con l'accordo del 18 ottobre nella conferenza unificata stato-regioni-città.

Ma il lavoro della commissione non sarebbe stato importante solo per vigilare sull'allocazione delle risorse del bando periferie. Essendo una commissione d'inchiesta, sarebbe stata dotata - in base alla costituzione - degli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria. Un potere di indagine a tutto campo quindi, per far emergere sia quello che non va, sia le buone pratiche da cui ripartire.

Perché privarsi dell'opportunità di conoscere meglio il fenomeno?

C'è anche un altro aspetto che rende poco lungimirante la bocciatura.

Avevamo sottolineato come la scorsa commissione fosse stata l'occasione per produrre - attraverso Istat - nuovi dati sulla condizione delle città italiane e delle loro periferie. Attraverso indicatori e analisi che, purtroppo, in molti casi utilizzavano informazioni vetuste, in quanto raccolte nell'ultimo censimento del 2011.

La nuova commissione poteva essere l'occasione per rimettere al lavoro Istat, magari con nuovi dati, attraverso indagini ad hoc o in sinergia con il censimento permanente avviato a ottobre scorso. Un'opportunità che, alla luce del voto della camera, potrebbe essere sprecata. Per questo, a prescindere dalle scelte sulla commissione, sarebbe importante proseguire l'ottimo lavoro di indagine svolto da Istat nella scorsa legislatura.

Foto credit: Flickr Cristiano Cani - Licenza

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