Lo sport come strumento per combattere le discriminazioni #conibambini

L’attività sportiva può essere un veicolo prezioso per trasmettere valori e abbattere discriminazioni. Oggi i minori stranieri praticano sport molto meno dei coetanei, e l’offerta di spazi dove praticarlo è ampiamente differenziata sul territorio.

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La funzione dello sport nella crescita di bambine e bambini, ragazzi e ragazze non coinvolge unicamente il loro sviluppo psicofisico. Un aspetto fondamentale, perché riguarda il diritto alla salute tutelato dalla convenzione sui diritti dell’infanzia, e che tuttavia non esaurisce il ruolo dell’attività sportiva.

Lo sport ha infatti un impatto anche nella crescita sociale ed educativa dei più giovani. Offre un ambiente in cui apprendere, in un contesto di gioco, valori quali il rispetto delle regole e degli avversari, la lealtà verso i compagni e la squadra, la dedizione personale. Inoltre, rappresenta un momento di aggregazione e di socialità in cui sviluppare la propria personalità e instaurare relazioni con i coetanei e gli adulti.

Aspetti che rendono la pratica sportiva centrale anche nelle politiche di contrasto alle discriminazioni, come quelle di natura etnica e razziale, ancora oggi purtroppo molto presenti. Un potenziale enorme, attualmente compromesso dalla minore partecipazione di bambini e ragazzi di origine straniera alle attività sportive.

L’impatto delle discriminazioni sui minori stranieri

Le ragazze e i ragazzi stranieri subiscono atti di discriminazione e di bullismo più spesso dei coetanei italiani. Del resto il bullismo, come abbiamo avuto modo di raccontare, genera esclusione sociale, perché a farne le spese sono coloro che sono già meno inclusi, per una diversità sociale, fisica, etnica o culturale.

Nelle rilevazioni di Istat sull’integrazione delle seconde generazioni è emerso come siano proprio i ragazzi delle nazionalità che hanno meno contatti con i coetanei italiani a finire più spesso vittime di atti di discriminazione.

(…) i ragazzi che sembrano essere più “esposti” ad episodi di prepotenza e/o comportamenti vessatori da parte dei loro coetanei sono i cinesi, i filippini e gli indiani (con percentuali ben superiori al 50 per cento), le stesse collettività che tendono ad essere più “chiuse” nei confronti dei coetanei italiani.

Per contrastare questi fenomeni è necessario intervenire sull’educazione al rispetto tra persone e culture e sull’abbattimento di pregiudizi e stereotipi. Partendo innanzitutto dalla conoscenza e dal confronto reciproco. Le occasioni di aggregazione offerte dalla pratica sportiva possono aiutare a realizzarli, giorno per giorno.

23,9% gli alunni stranieri che non frequentano i compagni fuori da scuola (14,4% tra gli italiani).

La condivisione e il gioco di squadra che si realizzano nello sport rappresentano un veicolo insostituibile per creare questi momenti di socialità e trasmettere tali valori. Perciò è un problema se i minori stranieri hanno minore accesso alla pratica sportiva, come oggi sembra accadere.

I minori stranieri fanno meno sport dei coetanei

Tra ragazze e ragazzi delle medie, solo il 53% degli studenti stranieri pratica attività sportive al di fuori dall’orario scolastico. Quasi altrettanti (47%) non ne svolgono alcuna, in base ai dati raccolti nell’ambito dell’indagine sull’integrazione delle seconde generazioni. Per avere un termine di paragone, tra i coetanei italiani oltre 3 su 4 fanno sport (75,7%), e meno del 25% non ne pratica nessuno.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat, Indagine sull’integrazione delle seconde generazioni
(pubblicati: giovedì 16 Aprile 2020)

Il divario è meno ampio, ma comunque consistente nelle scuole superiori. E spesso le disparità nell’accesso allo sport riguardano proprio i giovani meno inclusi, stando ai dati sul bullismo e sulla frequentazione con i compagni visti in precedenza.

I più svantaggiati risultano essere i ragazzi indiani e cinesi, con percentuali intorno al 35 per cento: in particolare, tra le ragazze indiane solo il 16 per cento pratica un’attività sportiva al di fuori dell’orario scolastico.

Inoltre il gap, oltre che per cittadinanza, è anche per genere. I maschi italiani delle scuole secondarie, alla data della rilevazione (2015), praticavano sport nel 76% dei casi, quelli stranieri nel 64,1%. Le ragazze italiane meno dei giovani stranieri (62,3%), quelle straniere addirittura hanno dichiarato di fare sport in poco più di un caso su 3 (35,3%).

Disparità di accesso che possono dipendere da numerosi fattori, dalle discriminazioni di genere alla condizione economica della famiglia. Tanto tra i ragazzi italiani quanto tra gli stranieri la pratica sportiva aumenta al migliorare dello status socio-economico percepito. Senza contare aspetti come l’integrazione della comunità straniera nel contesto territoriale di riferimento, o ancora la stessa diffusione di luoghi per fare sport sul territorio.

L’accesso e la disponibilità di luoghi dove fare sport sul territorio

In media, quasi uno studente straniero delle scuole secondarie su 3 dichiara di non frequentare mai campi o centri sportivi, come luogo di ritrovo al di fuori della scuola. Tra i ragazzi italiani la quota scende a 1 su 4: il 25,6% non frequenta mai strutture sportive nel proprio tempo libero.

In Puglia, Sicilia e Campania, la quota di adolescenti stranieri che non hanno mai accesso a queste strutture supera il 34%; superano la media nazionale anche Lazio (33%), Liguria (32,2%), Toscana e Veneto (entrambe al 31,7%). Mentre livelli più contenuti si registrano nella provincia autonoma di Bolzano (20,5%), in Friuli-Venezia Giulia (26%), in Valle d’Aosta (26,1%) e nella provincia autonoma di Trento (27,10%).

34,9% i ragazzi stranieri che in Puglia non frequentano campi sportivi come luogo di ritrovo.

Un mancato utilizzo che pone una questione di disparità di accesso a questo tipo di strutture. In termini economici, considerato il legame tra la condizione della famiglia e l’abitudine alla pratica sportiva. Ma anche per la stessa disponibilità di luoghi dove fare sport sul territorio.

L’offerta di aree sportive all’aperto ad esempio non è omogenea sull’intero territorio nazionale. Così come nelle zone del paese dove vivono più bambini e ragazzi con cittadinanza non italiana.

Sono 5 i capoluoghi dove oltre il 25% dei minori è straniero: Prato, dove i residenti under-18 senza la cittadinanza italiana sono oltre un terzo del totale (34,3%), Piacenza (29,1%), Brescia (27,8%), Imperia (25,5%) e Milano (25,2%).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: mercoledì 22 Febbraio 2023)

In 3 di questi la disponibilità di aree sportive all’aperto, cioè spazi all’aperto con funzione ludica-ricreativa adibiti a campi sportivi, piscine, campi polivalenti o aule verdi, non raggiunge la media nazionale, pari a circa 10 metri quadri per ciascun minore residente nei capoluoghi.

In particolare l’offerta è di 0,9 metri quadri per minore a Milano, di 5,4 mq a Imperia, di 7,1 a Brescia. Mentre si collocano al di sopra della media nazionale Prato (29,7 metri quadri per residente tra 0 e 17 anni) e Piacenza (42,9).

Disparità su cui intervenire quindi anche per una ragione ulteriore. Anche la disponibilità di spazi dove fare sport può costituire uno strumento prezioso nelle politiche di inclusione.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi al verde urbano nelle città sono di fonte Istat e sono aggiornati al 2021.

Foto:  Allison Shelley (EDUimages)Licenza

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