L’importanza del canale multilaterale nell’aiuto allo sviluppo italiano Cooperazione

Negli anni l’Italia ha destinato alla componente multilaterale dell’aps buona parte delle risorse destinate alla cooperazione. Nonostante questo però la capacità italiana di influenzare le strategie di cooperazione delle organizzazioni internazionali è rimasta limitata.

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Un interessante approfondimento del Cespi, “L’Italia e la cooperazione multilaterale” a cura di Marco Zupi, affronta il tema della cooperazione e dell’importanza che riveste il canale multilaterale nell’aps italiano. Da questo studio emergono interessanti elementi per aprire un serio dibattito sull’approccio italiano alla componente multilaterale dell’aiuto.

L’andamento storico dell’aiuto pubblico allo sviluppo italiano

Negli ultimi anni l’Italia ha registrato una crescita costante del rapporto aps/rnl, passando dallo 0,14% del 2012 allo 0,30% del 2017.

Purtroppo quello del 2017 non sembra essere un dato che verrà confermato per i prossimi anni, ma si tratta comunque di un risultato importante anche se non del punto massimo nella storia dell’aps italiano.

Nel 2017 l’Italia ha raggiunto l’obiettivo Intermedio previsto per il 2020 di destinare lo 0,30 del proprio reddito nazionale lordo all’aiuto pubblico allo sviluppo. Vai a "Che cos’è l’aiuto pubblico allo sviluppo"

È stato infatti il 1989 l’anno in cui l’Italia ha investito più risorse all’aiuto pubblico allo sviluppo destinando al settore lo 0,42 aps/rnl. Gli anni tra il 1986 e il 1989 sono stati un periodo di grandi investimenti nella cooperazione. Si è trattato infatti dell’unica fase, a parte un breve ritorno tra il ’92 e il ’93, in cui l’Italia si è posta al di sopra della media dei paesi donatori Ocse nel rapporto aps/rnl.

Il rapporto tra fondi stanziati in aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo (aps/rnl) è un indicatore che cerca di misurare l’impegno del paese donatore espresso in relazione alla ricchezza prodotta. L’Italia si è impegnata a raggiungere lo 0,7 aps/rnl entro il 2030, ponendosi poi l’obiettivo intermedio dello 0,30 entro il 2020.

FONTE: Ocse
(ultimo aggiornamento: martedì 26 Marzo 2019)

I forti investimenti in cooperazione che si rilevano nel corso degli anni ottanta possono essere spiegati da diversi fattori. Intanto gli anni ottanta sono caratterizzati da un periodo di complessiva crescita della spesa pubblica. Inoltre si è trattato di una fase storica in cui è cresciuta l'attenzione dell'opinione pubblica nei confronti del tema della cooperazione come testimoniano la campagna del partito radicale contro lo sterminio per fame iniziata alla fine degli anni '70 e l'approvazione della prima legge organica sulla cooperazione nel 1987. A parte queste brevi parentesi però, il nostro paese si è stabilmente posto al disotto della media Ocse.

Scarica il rapporto del Cespi

Oltre questo primo elemento, emerge un'altra evidenza dal confronto con gli altri paesi dell'Ocse. L'andamento dell'aps italiano è infatti caratterizzato da forti oscillazioni che evidenziano una scarsa continuità nelle politiche di cooperazione.

Aiuto bilaterale e multilaterale

L'aiuto pubblico allo sviluppo si divide nel canale bilaterale e in quello multilaterale. Il primo riguarda fondi destinati direttamente ai paesi beneficiari, nel secondo invece sono inclusi i finanziamenti che l'Italia versa a organismi internazionali multilaterali. Si tratta ad esempio delle agenzie delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare come la Fao e il World Food Programme o di fondi globali per la lotta all’hiv e alle pandemie.

L'Italia si distingue per essere un paese in cui la componente multilaterale dell'aiuto è spesso stata prevalente su quella bilaterale. Vai a "Cosa sono il canale bilaterale e il canale multilaterale"

Guardando all'andamento delle due componenti dell'aps si nota che, pur mantenendo notevoli oscillazioni, il canale multilaterale ha un'andamento chiaramente definito, con una tendenziale crescita delle risorse riscontrabile anche nel lungo periodo. Al contrario il canale bilaterale risulta molto più instabile e soggetto a inversioni di rotta.

L’aiuto pubblico allo sviluppo può essere suddiviso tra canale bilaterale e canale multilaterale. Pur mostrando un chiaro andamento nel tempo il canale multilaterale oscilla molto di anno in anno. Questo avviene a causa dalla periodica ricapitalizzazione dei bilanci delle organizzazioni internazionali a cui i fondi sono destinati.

FONTE: Ocse
(ultimo aggiornamento: martedì 26 Marzo 2019)

Le forti oscillazioni generali dell'aps italiano complessivo possono dunque essere imputate principalmente al canale bilaterale. È qui infatti che hanno maggiormente inciso le scelte politiche, mentre il canale multilaterale è legato ai contributi, spesso obbligatori, alle organizzazioni internazionali.

Nel 2017 il canale bilaterale è tornato a superare la quota multilaterale dell'aiuto se pur di poco e comunque mantenendo al suo interno voci, come le spese per i rifugiati nel paese donatore, che distorcono fortemente l'informazione.

In ogni caso avere una quota alta di aiuto multilaterale non rappresenta di per sé un aspetto negativo. Solitamente negli altri paesi Dac il canale bilaterale risulta maggiore di quello multilaterale, fatto che in alcuni casi li espone ad accuse di nazionalizzazione o bilateralizzazione dell'aps. L'Italia al contrario non può ricevere accuse di questo tipo visto che finora ha espresso una forte vocazione multilateralista.

Le componenti del canale multilaterale

Gli aiuti allo sviluppo finanziati dall'Italia attraverso il canale multilaterale possono essere divisi in contributi obbligatori, contributi volontari e aiuto multi-bilaterale.

  1. Contributi obbligatori: vengono versati al bilancio generale delle organizzazioni internazionali sulla base di una ripartizione fissata dagli organi collegiali dell’organizzazione.
  2. Contributi volontari: vengono versati al bilancio generale delle organizzazioni internazionali volontariamente a seguito di un negoziato con l'organizzazione.
  3. Aiuto multi-bilaterale: si tratta di contributi che il paese donatore versa a un'organizzazione internazionale specificando il paese o la regione ricevente, lo scopo e i termini del contributo. Questa forma di aiuto, che presenta aspetti sia del canale bilaterale che di quello multilaterale, è contabilizzato dall'Ocse all'interno del canale bilaterale e non di quello multilaterale.

Alcuni contributi versati dall’Italia alle organizzazioni internazionali sono fissi e obbligatori. Altri invece sono contributi volontari. La componente multi-bilaterale invece è volontaria e presenta caratteri sia del canale bilaterale che di quello multilaterale. L’Ocse contabilizza questa voce all’interno del canale bilaterale e non di quello multilaterale. I dati riguardanti questa componente sono il risultato di una stima effettuata dal CeSPI e sono dunque soggetti a possibili errori.

FONTE: Elaborazione CeSPI ("L’Italia e la cooperazione multilaterale") su dati Meci-Dgcs e Aics
(ultimo aggiornamento: martedì 26 Marzo 2019)

Perché è importante valorizzare il contributo multilaterale italiano

Dai dati emerge chiaramente che la grande maggioranza dei fondi multilaterali rientra tra i contributi obbligatori, in particolare quelli che l'Italia versa all'Unione Europea, che incidono per più di un miliardo e mezzo di euro all’anno. Rispetto ai valori complessivi risulta quindi limitato il margine discrezionale su cui il nostro paese può agire, attraverso i contributi volontari e il canale multi-bilaterale. Tuttavia si tratta di importi non trascurabili, che l'Italia potrebbe far valere, assieme ai contributi obbligatori, per far pesare le sue posizioni rispetto all'orientamento e alle scelte strategiche delle organizzazioni a cui partecipa.

se il canale multilaterale è una componente fondamentale dell’APS italiano, come mai il sistema paese non sembra impegnato ad esercitare una funzione di leadership di idee, proposte e interlocuzione con gli organismi internazionali in materia?

La capacità dell'Italia di influenzare le strategie delle organizzazioni internazionali di cui fa parte, appare oggi molto limitata.

È importante dunque che l'Italia affronti seriamente un dibattito su come utilizzare la componente multilaterale dell'aiuto in un quadro di coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Questo implica un forte coordinamento di tutti gli attori coinvolti, a partire dai ministeri parte del complesso quadro istituzionale che compone il sistema della cooperazione, per arrivare agli attori pubblici e privati e al mondo delle Ong e delle organizzazioni della società civile. Troppo spesso infatti sembra che l'Italia usi la componente multilaterale per delegare ad altri i suoi doveri in materia di cooperazione, piuttosto che per orientare le politiche delle organizzazioni multilaterali.

 

Foto credit: UN multimedia

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