Il discorso di fine anno del presidente della repubblica Mappe del potere

I discorsi di fine anno del capo dello stato sono una consuetudine che accompagna questa istituzione fin dai suoi esordi.

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L’unico tipo di interventi previsti dalla costituzione in capo al presidente della repubblica sono i cosiddetti messaggi alle camere (art. 87 cost.). Nonostante questo in 75 anni di prassi costituzionale si sono consolidate varie occasioni in cui il capo dello stato si rivolge a diversi interlocutori.

Il caso più noto è il messaggio di fine anno, in cui il presidente si rivolge a tutti i concittadini. Una consuetudine che ha avuto inizio il 31 dicembre 1949 e che si è riproposta ogni anno fino ad oggi.

Analizzare come negli anni sono cambiati questi discorsi ci racconta dei diversi passaggi attraversati dalla politica italiana e dell’evoluzione del linguaggio politico istituzionale.

Lo scorso anno Mattarella aveva colto l’occasione per congedarsi dal ruolo di presidente che gli è stato invece confermato dal parlamento. Il discorso precedente invece era stato inevitabilmente caratterizzato dall’emergenza sanitaria.

Quest’anno il messaggio ha avuto come sfondo le novità istituzionali e la guerra in Ucraina. Muovendo da qui, le parole di Mattarella si sono orientate verso i valori repubblicani, la libertà e il futuro che appartiene prima di tutto ai giovani.

Messaggio di fine anno del Presidente Mattarella sottotitolato

La lunghezza dei discorsi

Ogni presidente ha i suoi tratti caratteristici, sia in termini sia politici che comunicativi. Un tratto personale che emerge nei discorsi di fine anno e che si interseca con le diverse fasi politiche attraversate dal paese.

Gli stessi discorsi di Mattarella hanno avuto una lunghezza significativamente diversa. Nei primi 2 anni del suo mandato i messaggi di fine anno si aggiravano intorno alle 2mila parole. Nel 2017 invece il capo dello stato optò per un discorso breve, circa la metà rispetto ai precedenti. Una scelta questa che va probabilmente contestualizzata nel particolare momento in cui si è tenuto il discorso, ovvero a pochi giorni dallo scioglimento delle camere e dunque in piena campagna elettorale.

Negli anni successivi invece la lunghezza dei discorsi presidenziali si è stabilizzata su una media di 1.740 parole, anche si il discorso di quest’anno è stato leggermente più lungo del solito.

1.838 le parole che compongono il discorso di fine anno di Mattarella del 2022.

Allargando lo sguardo, si può osservare come Mattarella si sia tenuto sostanzialmente in linea con la lunghezza media dei discorsi che i presidenti hanno pronunciato a partire dal 2000 (1.916 parole in media). Rimanendo però ben più breve rispetto ai discorsi del suo predecessore.

Infatti, anche se nessuno dei discorsi di Napolitano è stato eccezionalmente lungo, in media si tratta di quelli con la durata maggiore (2.218,2 parole). Questo perché tra gli anni ’80 e ’90, quando si sono registrati i discorsi più lunghi, la differenza tra l’uno e l’altro poteva variare moltissimo.

Il discorso di fine anno più lungo infatti è stato pronunciato da Scalfaro nel 1997, con 4.912 parole. L’anno precedente tuttavia, sempre Scalfaro si era limitato a 2.041 parole, meno della metà. Ma la differenza più consistente tra i messaggi di fine anno dello stesso presidente riguarda quelli pronunciati da Cossiga nel 1990, ben 3.542 parole, e nel 1991, appena 418 parole.

FONTE: elaborazione openpolis su fonte Quirinale
(ultimo aggiornamento: martedì 3 Gennaio 2023)

Nei primi anni i discorsi erano molto brevi.

Se si guarda ad anni ancora precedenti si può notare come agli inizi della storia repubblicana i discorsi fossero estremamente brevi, limitandosi sostanzialmente a degli auguri e qualche rapida considerazione. Non a caso il discorso più breve è stato pronunciato dal primo presidente della repubblica, Luigi Einaudi (nel 1950 con appena 148 parole).

La tendenza negli anni successivi è andata verso un progressivo aumento del numero di parole utilizzate, accompagnato però, come abbiamo sottolineato, da variazioni significative di anno in anno. Poi, a partire dal nuovo millennio, i discorsi non hanno più superato le 2.600 parole e anche le variazioni di durata sono diventate molto più contenute. Segno forse di una prassi che assume di anno in anno caratteristiche sempre più definite.

Come cambia il linguaggio

Ma se nei primi anni della repubblica i messaggi di fine anno erano estremamente brevi, la struttura delle frasi era però decisamente più complessa. Infatti sia il numero di parole che di caratteri per frase era decisamente maggiore. Poi, se pur con delle oscillazioni notevoli, tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’80 la lunghezza delle frasi è andata riducendosi, per poi tornare a crescere in maniera marcata durante la presidenza Cossiga (con una media di 36,5 parole per frase).

FONTE: elaborazione openpolis su fonte Quirinale
(ultimo aggiornamento: martedì 3 Gennaio 2023)

Poi con Scalfaro la lunghezza delle frasi è tornata a ridursi (17,6 parole per frase in media). E questo nonostante, come abbiamo visto, alcuni dei suoi discorsi di fine anno siano stati tra i più lunghi pronunciati da un presidente.

Con la presidenza Napolitano invece torna a crescere la lunghezza delle frasi (con una media di 28,9), parallelamente a quella complessiva del messaggio.

Per quanto alcuni discorsi abbiano raggiunto livelli ancora inferiori, in media i messaggi di Mattarella sono stati quelli con frasi più brevi.

16,2 parole per frase. la media nei discorsi di fine anno del presidente Mattarella.

Una struttura semplice e diretta in discorsi che come abbiamo visto sono piuttosto brevi rispetto ai precedenti.

Nell’ultimo discorso del presidente tuttavia si registra, rispetto allo scorso anno, da un lato un aumento del numero di caratteri per frase e dall’altro una riduzione del numero di parole per frase. Un’asimmetria che può essere spiegata solo con l’utilizzo di termini più lunghi e complessi. Se pur all’interno di frasi brevi e concise.

Le parole più utilizzate

La parola più utilizzata nell’ultimo discorso di Mattarella è stata “repubblica”, che compare 9 volte. Un termine che può sembrare scontato ma che in realtà di rado è comparso tra i più frequenti nei discorsi dei presidenti.

La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. […] La Repubblica […] è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte […]. La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. […] La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione.

Al secondo posto “futuro”, ripetuta 8 volte. Un termine che, con altri simili molto utilizzati, ha segnato il carattere del discorso con il quale il presidente che ha invitato esplicitamente a “stare dentro il nostro tempo, non in quello passato”.

Al terzo posto a pari merito 3 parole distinte (escludendo i termini “Italia” e “anno”) che tuttavia si legano tra loro e con le precedenti, completandole. Sono infatti stati ripetuti 6 volte i termini “giovani“, “domani” e “libertà“. Parole che esprimono un senso di prospettiva e di fiducia verso un futuro che tuttavia, per essere realizzato ha bisogno del contributo di tutti.

Lo dobbiamo ai nostri giovani e al loro futuro.

FONTE: elaborazione openpolis su fonte Quirinale
(ultimo aggiornamento: martedì 3 Gennaio 2023)

Foto: Quirinale

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