I fattori di pressione ambientale nelle città Ambiente

Nelle città alcuni fenomeni ambientali incidono più che in altre aree, con ripercussioni sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Tra questi l’inquinamento atmosferico, acustico, la mobilità e la produzione di rifiuti.

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Le città sono luoghi in cui si concentrano una serie di fenomeni ambientali in misura maggiore rispetto alle aree più rurali e meno urbanizzate. In particolar modo, nei grandi centri urbani è più facile constatare i cambiamenti climatici, quali l’aumento della temperatura e piogge più frequenti. Una delle principali cause è il livello elevato di urbanizzazione. Questo nel corso degli anni ha contribuito ad aumentare il consumo di suolo, sacrificando dunque le aree verdi. Le aree verdi sono una risorsa fondamentale per l’ambiente in quanto contribuiscono a mitigare gli effetti dell’inquinamento atmosferico e acustico. Inoltre, le condizioni ambientali tendono a peggiorare nelle città che sono più densamente popolate. Soprattutto in assenza di trasporti pubblici adeguati, aumenta il numero di vetture private utilizzate per gli spostamenti. Inoltre l’alta densità abitativa può generare anche una produzione più intensiva di rifiuti. Queste condizioni ambientali presenti nelle città costituiscono un’elevata concentrazione nell’aria di particelle dannose per l’ambiente e per la salute dell’uomo.

Per questi motivi Istat ha pubblicato a fine gennaio un report che indaga nello specifico i fattori di pressione ambientale nei 109 capoluoghi italiani. Tra questi l’inquinamento atmosferico, il traffico veicolare, i consumi energetici, l’uso dell’acqua potabile, la produzione e la gestione dei rifiuti urbani e l’inquinamento acustico.

Lo stato di salute dell’aria nelle città italiane

L’inquinamento atmosferico viene definito da Istat come la presenza nell’aria di una o più sostanze inquinanti in concentrazioni tali da essere dannose per l’ambiente e per la salute dell’uomo. Queste sostanze tendono ad essere maggiormente presenti negli agglomerati urbani densamente popolati. Infatti, è emerso che i responsabili sono prevalentemente i processi di combustione, generati principalmente dai veicoli a motore, dal riscaldamento delle case e dalle industrie.

Il valore considerato è un indice sintetico composto che fa riferimento al periodo 2017-2018, che fa riferimento ai livelli di 4 inquinanti atmosferici. In particolar modo, vengono considerati il biossido di azoto (NO2), l’ozono troposferico (O2) e il particolato Pm10 e Pm 2,5.

FONTE: elaborazione openpolis dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Come emerge dai dati del report Istat, su 109 capoluoghi italiani, 44 hanno valori inferiori di inquinamento rispetto al periodo precedente (2016-2017). Questi sono prevalentemente nel centro e nel sud Italia, per esempio Roma, Latina, Taranto e Brindisi. Tuttavia, il calo si riscontra anche in alcuni capoluoghi settentrionali, come Aosta, Genova, Novara e Milano.Nel capoluogo lombardo, dal 2015, dopo alcuni anni in aumento, la curva dell'inquinamento ha iniziato a calare. Tenuto conto dell'indice sintetico, si è passati da 85,3 nel bienno 2015-2016 a 80 nel 2017-2018.

 

Dall'altra parte, invece, in 24 capoluoghi si è assistito ad un aumento dei valori, come a Torino, Verona, Vicenza, Padova, Rovigo, Grosseto e Caserta. La maggior parte delle città interessate si localizza prevalentemente a nord, dove la concentrazione di industrie tende ad essere maggiore rispetto alle aree meridionali. A Torino, per esempio si è passati da 81,8 a 86,2 dal 2016-2017 al 2017-2018. L'aumento più consistente si registra a Parma dove l'indice è salito di 12,5 punti tra il 2016-2017 e 2017-2018. Infine, in 41 capoluoghi, tra cui Savona, Lecco, Pavia, Trento e Lodi, l'indice è rimasto stabile negli anni.

+3,6 l'aumento dell'indice sintetico nei comuni da 65.001 a 120.000 abitanti dal 2013 al 2018.

Aggregando i dati sui capoluoghi per macro area e per fascia di popolazione, l'indice di inquinamento atmosferico dal 2013 al 2018 è aumentato solo al nord (da 39,1 a 42,5 punti) e tra i comuni con 65 mila e 120 mila abitanti. Nei comuni di centro e sud Italia, invece, l'indice è calato, rispettivamente di -5,3 e -5,5 punti. Si riscontra una diminuzione anche tra i comuni capoluoghi con meno di 65 mila abitanti (-5,3) e tra quelli con più di 120 mila (-2,2).

Mobilità: le auto in circolazione sul suolo italiano

Uno degli elementi che incide maggiormente sulla qualità dell'aria nelle città è l'elevata presenza di auto in circolazione. Per questo uno dei fattori che Istat ha monitorato è la pressione del traffico veicolare sull'ambiente urbano. Analizzando in particolare l’occupazione fisica dello spazio urbano da parte dei veicoli a motore.

I dati mostrano due informazioni. La dimensione dei cerchi indica il numero dei veicoli in circolazione nel 2018, mentre i diversi colori indicano la variazione delle macchine in circolazione rispetto al 2015.

FONTE: elaborazione openpolis dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Su 109 capoluoghi, solo in tre si è assistito a una crescita di oltre 400 vetture in circolazione: a Bolzano, Trento e Napoli. Infatti, a Trento si passa da 3.283 mezzi a motore per kmq (2015) a tre anni dopo (+465). Mentre, a Napoli e Bolzano la crescita è rispettivamente pari  a +412 e +582.

143 vetture in più  nei comuni del mezzogiorno dal 2015.

Al contrario, solo tre capoluoghi hanno avuto un calo: Reggio nell’Emilia (-72), Roma (-64) e l’Aquila (-4). Nella maggior parte dei capoluoghi si è assistita ad una crescita compresa tra +1 e +100 (49 città) e +101 e +200 (43). Nella prima fascia sono comprese Reggio di Calabria (91 mezzi in più al km2), Sondrio (+78), Nuoro (+73) e Caserta (+11). Mentre Milano (+182), Salerno (+156) e Trieste (+112) sono invece incluse nella seconda categoria.

La gestione e produzione dei rifiuti

Più rifiuti vengono prodotti maggiore è l'impatto sul territorio in termini di gestione, trattamento e smaltimento. Per questo nelle città, più popolose rispetto ad altre aree, la produzione di rifiuti costituisce un fattore di pressione ambientale.

Dal 2000 al 2018, la quantità di rifiuti urbani smaltiti in discarica è diminuita di continuo.

La gestione dei rifiuti è da sempre un tema complesso, spesso per via delle difficoltà di molti comuni nell'organizzare e monitorare la raccolta differenziata. Uno strumento cruciale per ridurre sprechi e inquinamento e quindi la pressione sull'ambiente urbano.

I dati fanno riferimento ai chili di rifiuti prodotti con più residenti nei 190 capoluoghi italiani. Nel grafico sono raffigurati solo i cinque capoluoghi italiani per popolazione residente.

FONTE: elaborazione openpolis dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Dai dati Istat, si riscontra un trend in aumento dal 2000 fino al 2006, anno in cui i rifiuti prodotti dai primi 5 capoluoghi per residenti iniziano a diminuire. A Milano nel 2000 si producevano mediamente 634 kg di rifiuti, diminuiti fino a 617 kg nel 2006 e poi a 455 chili nel 2013. Tuttavia, a Milano si registra il numero più elevato. In particolare, nel 2002 sono stati prodotti 752,4 chili un valore che non è più stato raggiunto né a Milano e neppure dagli altri quattro capoluoghi considerati nell'analisi. A Napoli, invece, il valore è passato da 536,8 chili nel 2000 a 424,7 dodici anni dopo. Dopo un ulteriore calo, nel 2018 si riscontra un nuovo aumento della curva, sino a 427,7 chili prodotti. In generale, nel capoluogo campano si riscontrano i valori più bassi per produzione di rifiuti dal 2000 al 2018, con l'unica eccezione per il 2013 anno in cui Torino pareggia Napoli.

Aggiunta a queste due città, anche Torino, dopo alcuni anni di stabilità, nel 2008 assiste ad un aumento fino a 590 kg di rifiuti prodotti. Il dato inizierà la fase di decrescita nel 2011 (540,7 kg), fino al 2013, anno in cui Torino raggiungerà la quota di rifiuti più bassa (453,50 kg) dal 2000 al 2018. Anche il trend di Palermo, nel 2010, subirà un aumento considerevole. Infatti, se nel 2008 la quota di chili prodotti era pari a 643,7, due anni dopo questo valore sale (+74,4 kg).

Da notare comunque che dal 2017 in tutte e 5 le città la produzione di rifiuti ha ricominciato a crescere.

565 kg di rifiuti prodotti nei comuni capoluoghi con più di 120 mila abitanti.

Osservando solo i dati 2018 su tutti i capoluoghi italiani, quelli che hanno prodotto più rifiuti nel 2018 sono Trieste (827,2kg), Verona (785,6kg), Prato (757,9kg), Gorizia (756,8kg) e Ravenna (741kg).

Gli esposti in materia di inquinamento acustico

Per inquinamento acustico, Istat intende

la presenza di un rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno che provoca fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute umana e deterioramento degli ecosistemi

Secondo la legge 447 del 1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico) e il Dpcm del 14 novembre 1997 (decreto sulla determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore), le amministrazioni locali devono provvedere a redigere e ad attuare gli strumenti di pianificazione per prevenire e limitare, ove possibile, l'inquinamento acustico. A tal proposito, infatti, i cittadini possono avanzare degli esposti nel momento in cui i livelli di inquinamento acustico vengono superati.

I dati mostrano il numero di esposti ogni 100.000 abitanti.

FONTE: elaborazione openpolis dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2018)

Tra i comuni che hanno registrato il maggior numero di esposti per inquinamento acustico troviamo Lecco con 42,3 ogni 100 mila abitanti, Verbania (41,6) e Bolzano (41).

Ci sono poi altri cinque comuni con più di 30 esposti ogni 100 mila abitanti. Di questi due sono del nord (Trento, 39,6 e Modena, 39,1), uno del centro (Pistoia, 39) e due del sud (Salerno, 36 e Siracusa, 33).

Tra i dieci comuni che hanno presentato più esposti sono inoltre inclusi Asti (28,6) e Rimini (27,3).

Il trend crescente di esposti si riscontra in tutte le ripartizioni geografiche. Tuttavia, le situazioni più considerevoli sono individuate tra i comuni capoluogo tra i 65 mila e 120 mila abitanti (17,6), seguono con 16,2 quelli con meno di 65 mila residenti. Inoltre, il valore cresce maggiormente nei comuni del nord (16 esposti) rispetto a quelli del sud (10,2).

 

 

 

 

Photo credits Keegan Houser - Unsplash

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