Ancora nessuna salvaguardia sui fondi Pnrr per il sud #OpenPNRR

La seconda verifica sul rispetto della quota mezzogiorno è mediamente positiva, ma le criticità sono ancora molte. A partire dal rischio che parte delle risorse per il sud vadano perse.

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L’aggiornamento del dipartimento per le politiche di coesione

La quota mezzogiorno è stata introdotta dal governo attraverso il decreto legge n.77/2021 e prevede che il 40% delle risorse con destinazione territoriale del Pnrr e del piano nazionale complementare (Pnc) sia indirizzato al sud.

Attraverso questo vincolo, il governo intende garantire che gli investimenti previsti dai piani favoriscano lo sviluppo dei territori del mezzogiorno. Riducendo quindi quei divari territoriali che storicamente colpiscono il meridione rispetto al resto del paese.

È il dipartimento per le politiche di coesione (Dpcoe) ad avere il compito di verificare periodicamente il rispetto della quota mezzogiorno. In un articolo precedente, abbiamo analizzato i risultati riportati nella prima relazione sui dati aggiornati al 31 gennaio 2022. In questo approfondimento ci occupiamo invece della seconda verifica, diffusa il 10 ottobre scorso, che analizza i dati al 30 giugno 2022.

È importante premettere che si tratta di calcoli che considerano tutte le misure con destinazione territoriale del Pnrr e del Pnc. Sia quelle territorializzate – che già in origine sono indirizzate a luoghi specifici – sia quelle territorializzabili – la cui destinazione è da definire tramite bandi. Sia quelle in uno stadio avanzato, che ha già portato alla definizione di progetti concreti, sia quelle ancora da avviare. Per queste ultime misure, la destinazione viene calcolata in base a stime e proiezioni.

41% la quota di risorse Pnrr e Pnc destinate al mezzogiorno, pari a 86,4 miliardi.

Mediamente il vincolo appare dunque rispettato e in linea con il risultato della precedente verifica, che riportava una percentuale del 40,8%. Variazioni limitate tra gennaio e giugno si registrano anche osservando le singole organizzazioni titolari.

Sono 5 le organizzazioni titolari che registrano un aumento rilevante – di almeno 1 punto percentuale – nella loro quota mezzogiorno. Tra questi, il dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale (+3,50 punti percentuali) e il ministero della transizione ecologica (+2,36).

Infine, va sottolineato che la quota aggiornata a fine giugno ha una maggiore solidità rispetto a quella di fine gennaio. Perché il 45% delle risorse che include sono di progetti già definiti e che quindi si ritiene per certo che andranno al mezzogiorno. A differenza della quota di fine gennaio, che per la gran parte si basava su stime.

38,9 miliardi € fondi che con certezza andranno a territori del sud, tra quelli inclusi nella quota mezzogiorno.

Gli enti titolari che non rispettano la quota

Nonostante il risultato della seconda analisi del Dpcoe sia mediamente positivo, racchiude non poche criticità. A partire dal fatto che, per legge, la quota va rispettata non solo complessivamente, ma singolarmente da ogni organizzazione titolare di misure. Cioè ministeri e dipartimenti della presidenza del consiglio. E dall’analisi del loro operato su questo fronte, la verifica è risultata per molti negativa.

Sono infatti 9 su 22 gli enti che, al 30 giugno 2022, risultano non rispettare la quota mezzogiorno. Si tratta dello stesso numero registrato dalla prima relazione, anche se le organizzazioni sono in parte cambiate.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Dpcoe

Tra le riconferme negative, emergono ancora il ministero del turismo (28,6%) e quello dello sviluppo economico (24,5%).

I motivi sono gli stessi emersi dalla relazione precedente. Da un lato, condizioni che possiamo considerare oggettive. Per il ministero del turismo, è la territorializzazione già definita dell’investimento Caput Mundi, destinato al comune di Roma. Pari al 22% dei fondi Pnrr gestiti dal Mitur, è interamente indirizzato dall’origine, a un territorio non del sud. Per il Mise, invece, sono le difficoltà delle imprese del mezzogiorno a richiedere i crediti d’imposta previsti da Transizione 4.0. Anche in questo caso una misura consistente, che equivale ai 3/4 delle risorse affidate a questo ministero.

Gli enti titolari hanno autonomia decisionale sulla tutela della quota.

Dall’altro lato – come spiegheremo meglio nei prossimi paragrafi – nel rispetto della quota ha un peso cruciale l’arbitrarietà delle organizzazioni. Dal momento che sono del tutto assenti vincoli univoci e validi per tutti, sono i singoli ministeri e dipartimenti a decidere se introdurre, per le loro misure, dei vincoli di salvaguardia della quota mezzogiorno. O se non farlo, come nel caso del Mise e del Mitur, mettendo a rischio la destinazione di queste risorse.

Nonostante la maggiore solidità della quota aggiornata al 30 giugno, quindi, l’assenza di clausole di salvaguardia mette ancora a rischio parte dei fondi destinati al sud.

L’assenza di vincoli

Facendo un passo indietro, abbiamo già visto che secondo la verifica al 30 giugno, sono 86,4 miliardi di euro i fondi identificati destinati al sud. Poco più della metà di queste – il 55%, cioè circa 47 miliardi di euro – provengono da misure attivate e territorializzabili su scala nazionale. Cioè investimenti che prevedono procedure amministrative, come bandi, emanati direttamente dalle organizzazioni titolari centrali. Per assicurarsi i fondi quindi, amministrazioni locali, imprese e enti privati del sud devono essere in grado di partecipare a queste procedure. Proponendo progetti in grado di risultare idonei e finanziabili, in un numero che permetta di rispettare la quota del 40% di risorse al mezzogiorno.

Tuttavia il Dpcoe sottolinea, così come aveva già fatto nella prima relazione, che i territori del sud possono incontrare difficoltà a candidarsi nei tempi e nella modalità previste dai bandi,

[…] con la possibile conseguenza che la necessità di raggiungimento degli obiettivi di realizzazione (milestone e target) previsti nel PNRR possa confliggere con l’effettiva applicazione della clausola territoriale.

In altre parole, le storiche difficoltà degli enti del sud, in particolare in questo caso a livello amministrativo e burocratico, rischiano di ostacolare il rispetto della quota. Creando situazioni paradossali in cui il numero di proposte progettuali provenienti da realtà del meridione non è sufficiente ad arrivare alla quota del 40% di risorse che gli spetterebbe per legge.

Sono necessari vincoli di salvaguardia della quota mezzogiorno.

Nonostante la criticità di questa dinamica, non esistono a oggi dei vincoli validi, da mettere in atto per garantire l’allocazione del 40% di fondi al sud. Come abbiamo detto in precedenza, ogni ente titolare decide arbitrariamente se tutelare in qualche modo la quota. Un modo è, per esempio, riaprire i termini per la presentazione dei progetti. Oppure isolare il 40% delle risorse della misura di cui sono titolari ed emanare un nuovo bando solo per il sud.

Spesso tuttavia queste strade non vengono percorse, come nei casi visti prima del Mise del Mitur. Anche per evitare di accumulare ritardi e sforare le rigide scadenze richieste dal Pnrr.

La valutazione del rischio

La relazione fornisce poi una classificazione, per livello di rischio di tenuta, delle risorse per il sud, territorializzabili su scala nazionale e provenienti da misure attivate. Si tratta di quei 47 miliardi di euro a cui abbiamo accennato nel paragrafo precedente, cioè il 55% delle risorse incluse nella quota mezzogiorno.

Il grado di rischio dipende in questo caso sia dallo stato di attuazione delle misure, sia dalla presenza o meno di vincoli e clausole per salvaguardare questi fondi.

Il rischio viene considerato:

  • basso, nei casi in cui le misure abbiano già condotto alla selezione dei progetti;
  • medio-basso, se l’investimento presenta un vincolo di destinazione territoriale e una clausola di salvaguardia a esso associata;
  • medio, quando non viene esplicitato un vincolo di destinazione, ma è possibile quantificare le risorse per il sud in base a dati parziali di avanzamento delle procedure;
  • medio-alto, se il vincolo di destinazione c’è ma è privo di clausole di salvaguardia della quota;
  • alto, quando le procedure non esplicitano nessuna destinazione territoriale delle risorse.

Per un ulteriore approfondimento, si rimanda alla relazione del Dpcoe.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Dpcoe

La quota più alta di queste risorse (39%) è considerata a basso rischio e quindi destinata certamente al mezzogiorno.

Tuttavia, oltre la metà dei fondi (55%) è associata a misure che non esplicitano un vincolo di destinazione al sud o, laddove sia presente, non è comunque associato a clausole di salvaguardia. Nonostante ciò, tale ammontare viene comunque classificato come quota mezzogiorno. E non comprende solo i fondi considerati a rischio medio-alto e alto, ma anche quelli a rischio medio.

26 miliardi € le risorse destinate al sud, ma prive o di vincoli di destinazione o di clausole di salvaguardia di tali vincoli.

Infine, a una situazione che risulta già critica per i fondi di misure attivate, si somma l’incertezza legata agli investimenti ancora inattivi di Pnrr e Pnc, che in totale ammontano a 37 miliardi di euro.

Se neanche il nuovo governo introdurrà dei meccanismi di salvaguardia della quota mezzogiorno, gli enti titolari di misure potranno continuare a scegliere in modo arbitrario se tutelare o no il vincolo di destinazione dei fondi al sud. Con il rischio di disattendere uno degli obiettivi principali del Pnrr: quello di ridurre gli storici divari tra il meridione e il resto del paese.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Facebook Gruppo Lega – Camera

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