Come si elegge il presidente della repubblica

Il presidente della repubblica viene eletto dal parlamento in seduta comune a cui si aggiungono 3 delegati per ogni regione. Il voto è segreto e ai primi scrutini è richiesta la maggioranza dei due terzi.

Definizione

Il presidente della repubblica rappresenta la massima carica istituzionale del nostro paese. Per questo motivo, la procedura per la sua elezione è particolarmente complessa. In base all’articolo 83 della costituzione infatti, il capo dello stato viene eletto dal parlamento in seduta comune a cui si aggiungono 3 delegati per ogni regione (scelti dai rispettivi consigli regionali), fatta eccezione per la Valle d’Aosta che ne esprime uno solo.

Con l’approvazione della riforma costituzionale 1/2020 e l’inizio della nuova legislatura, le camere hanno visto ridursi il numero complessivo di parlamentari. Di conseguenza anche il consesso chiamato a eleggere il presidente della repubblica si è ridimensionato. La seconda elezione di Sergio Mattarella è stata dunque l’ultima cui hanno partecipato oltre mille tra parlamentari e delegati regionali. Quelli che in gergo giornalistico sono spesso chiamati “grandi elettori”.

Quindi, fino a eventuali ulteriori modifiche, il parlamento riunito in seduta comune per eleggere il capo dello stato è composto da 400 deputati, 200 senatori elettivi, i senatori a vita (attualmente 6) e 58 delegati regionali.

664 gli attuali elettori del presidente della repubblica.

Non è affatto detto comunque che nei prossimi anni questo numero non varierà di nuovo. Almeno parzialmente. Infatti dopo l’approvazione della riforma costituzionale con sui è stato tagliato il numero dei parlamentari è stata da più parti considerata necessaria l’introduzione di una serie di correttivi. Tra questi si trovava anche la riduzione del numero di delegati regionali da 3 a 2. Su questo tuttavia non si è fino a oggi intervenuti.

L’articolo 83, che ad oggi risulta dunque immutato, disciplina anche la modalità di elezione. Ovvero a scrutinio segreto e con una maggioranza qualificata dei due terzi dell’assemblea. Se tale maggioranza non viene raggiunta, si procede a una nuova votazione. Dopo i primi tre scrutini se ancora non si riesce a eleggere un candidato, diventa sufficiente la maggioranza assoluta (la metà più uno degli aventi diritto al voto).

Durante la seduta comune non sono ammessi interventi volti a proporre candidature o a esprimere dichiarazioni di voto. Lo scrutinio avviene in seduta pubblica. Allo spoglio procede il presidente della camera (in quanto presidente del parlamento in seduta comune) che dà lettura di tutte le schede, tranne quelle identificabili come nulle. Per prassi si considerano “dispersi” i voti a quei candidati che raccolgano un numero di preferenze inferiore a due.

La seduta per l’elezione del presidente della repubblica è unica. Ciò significa che finché non viene eletto il successore al Quirinale l’assemblea non si scioglie. Ma tra una votazione e l’altra sono previste delle interruzioni. Ciò anche per favorire il dialogo tra i partecipanti al voto e trovare un accordo su un possibile candidato.

Dati

I presidenti della repubblica sinora sono stati 12, se si considera anche il capo provvisorio dello stato Enrico De Nicola. Gli ultimi 2, Sergio Mattarella e Giorgio Napolitano, sono gli unici a essere eletti per 2 mandati. È vero che il secondo mandato di Napolitano è durato poco più di 2 anni, ma nulla lascia intendere che lo stesso debba avvenire anche per Mattarella.

12 i presidenti della repubblica, tra cui 2 eletti anche per un secondo mandato.

La necessità di raggiungere una maggioranza dei due terzi ha determinato il fatto che raramente si sia riusciti a scegliere il nuovo presidente entro i primi tre scrutini. Gli unici due casi di questo tipo sono stati Francesco Cossiga (1985) e Carlo Azeglio Ciampi (1999). L’elezione più complessa è stata invece quella di Giovanni Leone (1971) che ha richiesto ben 23 votazioni.

FONTE: elaborazione openpolis su dati presidenza della repubblica.
(ultimo aggiornamento: sabato 29 Gennaio 2022)

A conferma di come le elezioni del 1971 siano state forse le più difficili, Giovanni Leone risulta essere anche il presidente della repubblica eletto con la maggioranza più ristretta (52%). Il presidente che ha raccolto più consensi è stato invece Sandro Pertini che nel 1978 fu eletto con l’83,6% delle preferenze ma dopo ben 16 votazioni. Enrico De Nicola è stato il capo dello stato eletto con la più alta percentuale di preferenze, ma la sua elezione è avvenuta nell’ambito dell’assemblea costituente e dunque con caratteristiche del tutto diverse da quelle dei suoi successori. De Nicola poi è rimasto in carica solo per pochi mesi, fino all’elezione di Luigi Einaudi da parte del primo parlamento repubblicano.

FONTE: elaborazione openpolis su dati presidenza della repubblica e parlamento in seduta comune
(ultimo aggiornamento: sabato 29 Gennaio 2022)

L’elezione per il secondo mandato di Giorgio Napolitano, così come la prima elezione di Mattarella si collocano nella parte bassa della classifica. Napolitano nel 2006 fu eletto con il 54,3% dei consensi, mentre nel 2015 Mattarella con il 66,8%. Diverso invece il caso della seconda elezione dell’attuale capo dello stato che, con il 77% dei voti, si posiziona al terzo posto nella storia repubblicana. Segno forse di quanto sia stato apprezzato il primo mandato.

Analisi

Alcuni studiosi, definiscono il ruolo del presidente della repubblica come di “estrema garanzia”. Egli infatti ha il compito di ripristinare l’ordine costituzionale violato o minacciato da indebite alterazioni. L’inquilino del Quirinale svolge quindi un fondamentale ruolo di controllo sull’operato delle altre istituzioni e di tutela nei confronti dei cittadini.

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale

Per svolgere questo ruolo il presidente della repubblica dispone di poteri sia formali che sostanziali. Solo per citarne alcuni, nomina il presidente del consiglio dei ministri e un terzo dei membri della corte costituzionale. Può rinviare una legge alle camere con messaggio motivato per chiedere una nuova deliberazione. Può inoltre rifiutarsi di firmare un decreto legge che non presenti le caratteristiche di necessità e di urgenza. Inoltre presiede il consiglio superiore della magistratura e il consiglio supremo di difesa.

È anche per questi motivi che per l’elezione del capo dello stato è stata adottata una procedura così complessa. L’attuale assetto costituzionale tuttavia presenta alcune criticità. Con la riforma del 2020, come già anticipato, il numero dei parlamentari è stato ridotto mentre è rimasto invariato quello dei delegati regionali che partecipano all’elezione. Se nel parlamento che ha eletto per un secondo mandato Sergio Mattarella il “peso” dei delegati rappresentava meno del 6% dei voti, con i nuovi numeri si avvicinerebbe al 10%.

La riforma costituzionale ha determinato una sproporzione tra i parlamentari e i rappresentanti regionali.

Questo problema è stato al centro del dibattito politico per una parte della scorsa legislatura, in particolare quando si avviava a conclusione il primo mandato di Sergio Mattarella. Un’eventuale crisi di governo prima dell’inizio del semestre bianco infatti avrebbe reso la questione d’immediata attualità. Ma la nascita del governo Draghi prima e la rielezione di Mattarella poi hanno reso meno urgente la questione, di cui al momento si sente parlare ben poco.

Regole costituzionali così importanti però dovrebbero essere sempre pronte, nel caso in cui si riveli necessario farne uso. Bisognerebbe dunque evitare di ridursi all’ultimo minuto per modificarle. D’altronde esiste sempre il rischio che, in caso di necessità, non si faccia in tempo ad approvare le modifiche trovandosi così a dover utilizzare regole che non sono state il frutto di una scelta meditata.

PROSSIMO POST