Che cos’è il Csm, consiglio superiore della magistratura

È l’organo di governo della magistratura in Italia. La sua funzione è quella di regolare assunzioni, promozioni, trasferimenti e gli aspetti disciplinari relativi ai magistrati.

Definizione

Il consiglio superiore della magistratura (Csm) è l’organo di governo della magistratura in Italia. Il ruolo di questo organo è decisivo nel funzionamento della giustizia. Il Csm gestisce infatti tutto ciò che riguarda i percorsi di carriera di giudici e pubblici ministeri: i concorsi per l’immissione in ruolo, le procedure di assegnazione e trasferimento, gli avanzamenti di carriera, la cessazione del servizio e gli aspetti disciplinari relativi ai magistrati.

La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere

La costituzione (sempre all’articolo 104) stabilisce che l’organo sia presieduto dal presidente della repubblica, che ne siano parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione e che gli altri componenti siano eletti per 2/3 da tutti i magistrati ordinari (i membri togati) e per 1/3 dal parlamento riunito in seduta comune (i cosiddetti membri laici) tra docenti universitari e avvocati con almeno 15 anni di esercizio.

Quella del presidente tuttavia è una funzione di vertice, volta a garantire l’indipendenza dell’organo da eventuali ingerenze esterne. Perciò per prassi è il vicepresidente, eletto tra i membri laici del consiglio, che esercita le funzioni operative riservate alla presidenza.

Pur essendo un organo riconosciuto dalla costituzione, il Csm è stato disciplinato nel dettaglio soltanto dalla legge 195 del 1958, poi modificata più volte nel tempo.

Fino a pochi mesi fa ad esempio la legge prevedeva che il consiglio fosse composto da 27 membri ma la legge 71/2022 ha modificato questo e altri aspetti della norma, portando a 33 il numero complessivo dei componenti.

I membri elettivi del Csm restano in carica 4 anni e non sono immediatamente rieleggibili, non possono essere iscritti a ordini professionali fintanto che rimangono in carica né ricoprire una serie d’incarichi come ad esempio far parte del parlamento, del governo o dei consigli regionali, provinciali e comunali.

Il Csm ha funzioni essenzialmente amministrative. Non è un’organizzazione di categoria o un ordine professionale.

I lavori all’interno del Csm vengono affidati a delle commissioni suddivise per argomento, di cui fanno parte sia consiglieri laici che togati. Il numero delle commissioni è stabilito dal presidente all’inizio di ogni anno su proposta dell’ufficio di presidenza (Dpr 916/1958). Attualmente, come indicato nel regolamento, le commissioni permanenti sono 10, a cui si aggiunge la sezione disciplinare. Ciascuna commissione può presentare una o più proposte al plenum del consiglio, a cui comunque spetta l’approvazione definitiva.

Almeno dagli anni sessanta, all’interno della magistratura sono attive le cosiddette “correnti“, associazioni rappresentative di diverso orientamento politico che, pur non essendo espressamente previste dalla costituzione, sono sempre state riconosciute. Anche a causa dell’influenza di queste correnti sul processo elettorale la recente riforma ha modificato i meccanismi di elezione dei componenti togati (titolo IV della legge).

Con la revisione delle regole di elezione inoltre sono stati anche introdotti dei meccanismi e dei principi per favorire la parità di genere. La parte relativa ai componenti togati in effetti impone degli obblighi specifici rispetto alle candidature.

Riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm

Nella parte che disciplina l’elezione dei componenti laici però questo non è stato fatto. Il testo infatti si limita a richiamare dei principi generali di ordine costituzionale che tuttavia non sanciscono vincoli né in relazione alle candidature né tanto meno agli eletti.

I componenti da eleggere dal parlamento sono scelti […] secondo procedure trasparenti di candidatura, da svolgere nel rispetto della parità di genere di cui agli articoli 3 e 51 della Costituzione.

Per il resto la legge non ha modificato il sistema di selezione componenti laici, che sono eletti dal parlamento in seduta comune con una maggioranza dei 3/5 dei componenti (ai primi due scrutini, 3/5 dei votanti a quelli successivi). A essere cambiata però è la base elettorale, vista la riduzione del numero dei parlamentari.

10 i membri laici del Csm scelti dal parlamento in seduta comune.

Dati

Anche se la proporzione tra membri togati e laici è stabilita dalla costituzione (2/3 e 1/3), il numero di membri è stabilito con legge e, come abbiamo visto, è cambiato nel tempo.

Dal 1958 ad oggi, la numerosità del consiglio superiore della magistratura è stata modificata 4 volte. Tra il 1958 e il 1976 la legge prevedeva che i componenti totali fossero 24, tra il 1976 e il 2002 questo numero è passato a 33 e nel 2002 a 27. Con la riforma del 2022 infine si è tornati a 33 per cui escludendo i 3 membri di diritto si tratta di 20 componenti togati e di 10 laici.

FONTE: Elaborazione openpolis su legge 195/1958

La ragione di questo incremento è probabilmente legata a un’altra modifica della norma, che introduce l’incompatibilità tra i membri della sezione disciplinare e quelli delle commissioni per il conferimento degli incarichi direttivi e semi direttivi.

Analisi

Pur essendo il suo massimo organo amministrativo, il Csm non è ritenuto dalla dottrina il vertice della magistratura in senso stretto. Questo perché ogni giudice deve rispondere del proprio operato esclusivamente in termini di legge (articoli 101 e 107).

Inoltre per evitare che il Csm divenisse un organo autoreferenziale estraneo alle logiche del controllo democratico, si è previsto che una parte dei consiglieri non siano magistrati ma siano eletti invece dal parlamento, al fine di “bilanciare” il potere giudiziario.

Tuttavia se da un lato è vero che il potere delle correnti è negli anni aumentato, dall’altro anche la componente laica si è dimostrata in gran parte legata a logiche politiche. Non è un caso infatti che nella storia del Csm oltre la metà dei vicepresidenti abbia ricoperto in precedenza importanti incarichi politici.

11 su 20 i vicepresidenti del Csm che avevano incarichi politici a livello nazionale prima dell’elezione.

Questa situazione però espone il consiglio al rischio che la politicizzazione della componente laica e di quella togata porti a un intreccio d’interessi ancora più nocivo per il buon funzionamento dell’organo.

Anche per questo negli scorsi anni si è parlato molto della sua riforma. Tuttavia è opinione diffusa dalle principali fonti stampa (Il Foglio, Il Domani, Il Fatto Quotidiano) che il nuovo sistema per eleggere i componenti togati non si sia dimostrato efficace a ridurre il ruolo delle correnti.

Inoltre anche i correttivi inseriti per incentivare il riequilibrio di genere appaiono piuttosto modesti, in particolare per quanto riguarda l’elezione dei membri laici. Le disposizioni introdotte a questo scopo infatti si limitano a dichiarazioni di principio e non si concretizzano in norme vincolanti.

A parziale correzione di una norma molto blanda però una nota pubblicata sul sito della camera specifica che al fine di assicurare il rispetto della parità di genere di cui agli articoli 3 e 51 della costituzione, deve appartenere al genere meno rappresentato almeno il quaranta per cento dei candidati.

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