Che cos’è un ministro senza portafoglio

È un membro del governo che non ha un dicastero di riferimento, ma svolge funzioni delegate dal presidente del consiglio. In qualità di ministro, a differenza di viceministri e sottosegretari, partecipa al consiglio dei ministri.

Definizione

In Italia il numero dei ministeri e le loro funzioni sono stabiliti per legge, come previsto dalla costituzione (art. 95, comma 3).

Nello specifico, la norma che disciplina questi aspetti è il decreto legislativo 300 del 1999 (art. 2), dove sono indicati il numero e il nome dei ministeri. Ad esempio quelli dell’interno, della giustizia, degli affari esteri, della salute, etc. Attualmente sono 15, ma dal 1999, il numero e l’organizzazione dei ministeri è cambiata molte volte. Basti pensare all’istituzione del nuovo ministero del turismo avvenuta a marzo 2021 per volontà del governo Draghi (decreto legge 22/2021).

FONTE: openpolis

Chi guida questi dicasteri sono i ministri con portafoglio. Il ministro che ne è al vertice guida un’intera e complessa amministrazione, con un proprio bilancio, con uffici strutturati a livello centrale e spesso anche sul territorio (si pensi al ministro dell’interno e il suo ruolo nella nomina dei prefetti). 

I ministri senza portafoglio invece non hanno un ministero autonomo. Sono insediati presso la presidenza del consiglio dei ministri e svolgono solo le funzioni che vengono loro delegate dal presidente del consiglio.

All’atto della costituzione del Governo, il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, può nominare, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale.

Rispetto ai ministri con portafoglio quindi detengono molto meno potere di gestione amministrativa. Non sono al vertice di un ministero, generalmente gli è affidato un dipartimento interno alla presidenza del consiglio. Ad esempio il ministro per gli affari regionali è un ministro senza portafoglio che guida l’omonimo dipartimento della presidenza del consiglio. Ma questa titolarità non è diretta, come per i ministri con portafoglio: è la conseguenza di una delega di funzioni del premier.

FONTE: openpolis

Nonostante questa differenza sostanziale, però, giuridicamente sono a tutti gli effetti dei ministri. A differenza di sottosegretari e viceministri, siedono in consiglio dei ministri. In questa sede – allo stesso modo dei loro colleghi con portafoglio – concorrono alle deliberazioni dell’organo collegiale.

Senza distinzioni di sorta, ciascuno dei Ministri compone in quanto tale il Consiglio dei Ministri, nell’ambito del quale tutti “hanno identica posizione giuridica (…) onde il voto di ciascuno di essi ha la stessa rilevanza”

Dati

Rispetto alla prima repubblica, nell’ambito di una complessiva razionalizzazione della macchina amministrativa, il numero di ministeri con portafoglio è stato progressivamente ridotto. Paradigmatico è il caso dell’attuale ministero dell’economia e delle finanze, oggi un dicastero unico, mentre fino agli anni ’90 quelle funzioni erano svolte 3 strutture autonome: il ministero del bilancio, quello delle finanze e quello del tesoro. Quest’ultimo nel 1993 (a seguito di un referendum abrogrativo) aveva peraltro già accorpato un quarto dicastero, quello delle partecipazioni statali.

A fronte di questa riduzione, il numero di ministri senza portafoglio è aumentato, in particolare negli anni 2000. Il governo Berlusconi II (2001-05) ne aveva 9, il Berlusconi III (2005-06) 11, il Prodi II (2006-08) 8. Il successivo Berlusconi IV, pur riducendo ulteriormente il numero di ministeri con portafogli (solo 12, rispetto ai 18 del precedente esecutivo) era composto da 9 ministri senza portafogli.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: venerdì 12 Febbraio 2021)

Negli ultimi anni il numero di ministeri con portafoglio è tornato a crescere. Tra i casi più recenti ricordiamo la divisione del Miur (preposto ad istruzione, università e ricerca) in due ministeri: quello dell’istruzione e quello dell’università e della ricerca. Una divisione che, nel corso del governo Conte II (gennaio 2020) ha portato il numero di dicasteri da 13 a 14, ed è stata mantenuta dall’esecutivo guidato da Mario Draghi. In questo governo un nuovo spacchettamento, quello tra cultura e turismo, ha portato a 15 il numero di ministeri con portafogli.

15 i ministeri con portafoglio in seguito alla divisione tra cultura e turismo.

All’atto di giuramento, Massimo Garavaglia (Lega) è stato nominato ministro senza portafoglio al “coordinamento di iniziative nel settore del turismo”. Un passaggio intermedio prima della modifica della legge sui ministeri e dell’attribuzione di un dicastero con portafoglio, come dichiarato al Quirinale dal presidente del consiglio, una volta accettato formalmente l’incarico.

la composizione del governo: (…) l’onorevole Massimo Garavaglia al quale sarà conferito l’incarico per il coordinamento di iniziative nel settore del turismo e che sarà preposto al nuovo ministero del turismo con portafoglio.

Analisi

Negli anni, al diminuire del numero di ministeri con portafoglio è spesso corrisposto un aumento di quelli senza portafoglio, con poche eccezioni.

L’aumento del numero di ministri senza portafoglio può nascere da diverse esigenze. In primo luogo, dalla necessità di garantire rappresentanza in consiglio dei ministri anche ai partiti minori di una coalizione di governo. Esempi in questo senso sono i governi del bipolarismo nella seconda repubblica, spesso formati da alleanze ampie e frammentate al loro interno. Le forze più piccole della coalizione, non potendo di solito ambire ad un ministero più pesante, con un ministro senza portafoglio vedono comunque garantito un ruolo nelle decisioni collegiali dell’esecutivo.

Inoltre, le deleghe dei ministri senza portafoglio possono essere utili per dare segnali all’opinione pubblica sul programma del governo che entra in carica. La creazione del ministro per la disabilità, voluto dalla Lega nel governo Conte I, nel governo Draghi e nel governo Meloni è un esempio in questo senso. Al contrario all’atto di nascita del governo Meloni le deleghe alla transizione digitale non sono state attribuite a un ministro, come era accaduto con i due precedenti esecutivi, ma solo a un sottosegretario.

Un terzo motivo per la nomina di un ministro senza portafoglio è che questo è l’atto propedeutico alla creazione di un ministero con portafoglio di nuova istituzione. Quando giura, un esecutivo deve attenersi al numero e all’organizzazione dei ministeri così come è prevista dalla legge; solo una volta in carica potrà creare nuovi dicasteri. È il caso già citato di Garavaglia: nominato formalmente ministro senza portafoglio con delega al turismo, con la specifica che sarà preposto al ministero di nuova formazione.

Un altro caso analogo si è avuto alla formazione del governo Prodi II (17 maggio 2006): Paolo Ferrero (Prc), Emma Bonino (radicali) e Alessandro Bianchi (indipendente di area Pdci) furono inizialmente nominati ministri senza portafoglio. Il giorno dopo (18 maggio) divennero ministri con portafoglio di 3 ministeri di nuova costituzione. Rispettivamente: solidarietà sociale (nato dallo scorporo del ministero del lavoro e delle politiche sociali), commercio internazionale (da una divisione del dicastero delle attività produttive) e trasporti (dalla scissione del ministero delle infrastrutture e dei trasporti).

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