Che cosa fanno i viceministri e i sottosegretari di stato

Coadiuvano i ministri nell’esercizio delle loro funzioni ed esercitano i compiti ad essi delegati tramite decreto ministeriale. Un massimo di 10 sottosegretari possono ricevere anche la nomina a viceministro.

Definizione

I sottosegretari di stato sono nominati con decreto del presidente della repubblica su proposta del presidente del consiglio, in accordo con il ministro di riferimento. Il loro compito è quello di coadiuvare i ministri nell’esercizio delle loro funzioni. In un momento successivo alla nomina vengono loro attribuite delle deleghe specifiche tramite decreto ministeriale. Possono intervenire alle sedute delle camere e delle commissioni parlamentari facendo le veci dell’esecutivo e rispondendo a interrogazioni e interpellanze. Tuttavia non partecipano alle riunioni del consiglio dei ministri.

Il sottosegretario verbalizzante è una figura di primo piano all’interno dell’esecutivo.

Fa eccezione a questo quadro il sottosegretario alla presidenza del consiglio con funzioni di segretario del consiglio dei ministri. Questo infatti viene nominato contestualmente ai ministri e non dopo come i suoi colleghi. Inoltre la sua presenza è prevista in sede di consiglio dei ministri visto che spetta a lui il compito di verbalizzare le sedute. Pur essendo a tutti gli effetti un sottosegretario si tratta solitamente di una figura molto importante all’interno dell’esecutivo, che lavora a stretto contatto con il presidente del consiglio stesso.

Ma anche altri sottosegretari possono assumere, in un secondo momento, un ruolo più rilevante rispetto ai loro colleghi. La legge infatti prevede che fino a un massimo di 10 sottosegretari possano essere nominati viceministri (L. 400/1988, articolo 10).

10 il numero massimo di viceministri previsti dalla legge.

A differenza dei normali sottosegretari, a questi devono necessariamente essere conferite deleghe relative a uno o più dei dipartimenti o delle direzioni di cui è composto il ministero in cui operano. Questo vuol dire che ai viceministri è attribuito un potere effettivo su una parte dell’amministrazione del dicastero. In aggiunta i viceministri, se invitati dal presidente del consiglio, possono partecipare alle riunioni del consiglio dei ministri, ma senza diritto di voto.

Di norma ciascun ministro può decidere se nominare o meno dei viceministri. A partire dal 2014 però la legge (L.125/2014, articolo 11) impone a ogni nuovo ministro degli esteri la nomina di un viceministro alla cooperazione allo sviluppo.

Né la figura del sottosegretario né quella del viceministro sono disciplinate dalla costituzione. Questi ruoli sono invece previsti dalla legge 400 del 1988, che tuttavia non definisce il numero massimo di sottosegretari che possono essere nominati. Un’altra norma tuttavia (legge 300 del 1999) stabilisce un numero massimo di 65 componenti per ciascun governo. Di conseguenza il numero di sottosegretari che possono essere nominati deriverà innanzitutto dalla scelta del numero di ministri.

65 il numero massimo di componenti del governo inclusi il presidente del consiglio, i ministri, i viceministri e i sottosegretari.

Dati

Osservando i dati alla nascita di ciascun esecutivo emerge che il governo Meloni ha nominato il numero massimo di componenti previsto dalla legge, così come prima avevano fatto i due governi guidati da Giuseppe Conte. A differenza di questi però Meloni ha nominato più ministri e meno sottosegretari.

FONTE: openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 9 Ottobre 2023)

Più in generale comunque si può osservare come nelle ultime due legislature i governi abbiano tutti nominato 65 componenti, con l’eccezione del governo Draghi che si è fermato a 64. Nella legislatura precedente invece i numeri erano un po’ più bassi, arrivando a 61 o 62 membri.

Analisi

La scelta di quanti sottosegretari e viceministri nominare dipende in larga parte dagli equilibri interni a ciascun esecutivo. Nominandone il numero massimo fin dall’inizio il governo può più facilmente accontentare le richieste che provengono dalle diverse forze della maggioranza. In questo modo però l’esecutivo si preclude la possibilità di nuove nomine nel momento in cui la fase politica lo renda opportuno.

Questa decisione inoltre produce effetti anche sugli equilibri e sui lavori parlamentari. Tradizionalmente infatti i componenti del governo sono per la maggior parte anche parlamentari. Dati gli impegni di governo però di solito dedicano poco tempo ai lavori in aula e nelle commissioni. Questo aspetto, che è sempre stato presente, assume maggiore rilevanza da quando, con l’avvio della legislatura attuale, è stato ridotto il numero di parlamentari. Questa considerazione tuttavia non sembra aver influito sulle scelte del governo Meloni, nonostante in alcune commissioni il margine della maggioranza risulti abbastanza ristretto.

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