Le competenze inadeguate alimentano il fenomeno dei neet #conibambini

Anche dopo la pandemia, l’Italia resta uno dei paesi Ue con più giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione. Un fenomeno che spesso trova origine in basse competenze e apprendimenti da parte di ragazze e ragazzi.

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Per ogni paese le competenze e la vitalità dei giovani sono con tutta probabilità la risorsa più importante. Non solo per le energie di cui ragazze e ragazzi sono naturalmente portatori, ma anche per il punto di vista nuovo che sono in grado di offrire nelle attività di tutti i giorni, nello studio e nel lavoro.

I neet sono un vero e proprio spreco di potenziale.

Perciò il fenomeno dei neet, giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione – oltre ad essere una condizione spesso vissuta con disagio da chi la attraversa – rappresenta anche un enorme spreco di potenziale. Ciò è particolarmente vero per un paese come l’Italia, dove la popolazione invecchia e i giovani diminuiscono. Una tendenza che purtroppo si prevede destinata a consolidarsi nei prossimi anni. Se oggi i residenti con meno di 18 anni sono più di 9 milioni, nel 2050 è possibile che scendano a 7,6 milioni.

-18% i residenti con meno di 18 anni tra 2021 e 2050, in uno scenario di previsione mediano.

Il contrasto al fenomeno dei neet assume quindi un duplice valore. In primo luogo, permette di ridurre la marginalità e l’esclusione sociale, attraverso l’investimento sulla crescita educativa e personale di chi vi è coinvolto. Come conseguenza, consente di valorizzare il contributo e le competenze delle nuove generazioni nello sviluppo del paese.

Le politiche di contrasto al fenomeno dei neet dopo il Covid

Tali necessità non sono più rinviabili nel periodo post-pandemico: il ruolo crescente delle tecnologie rende l’investimento sulle competenze improrogabile. I dati aggiornati al 2022 inoltre mostrano che l’Italia rimane, anche dopo la pandemia, tra i paesi con più giovani in condizione di neet.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 26 Aprile 2023)

A livello europeo e nazionale si possono citare diverse misure per aumentare le competenze, così da contrastare il fenomeno dei neet. Tra queste, la risoluzione del consiglio dell’Ue su un quadro strategico di cooperazione nell’istruzione e nella formazione per gli anni 2021-30, che ha aggiornato gli obiettivi di accesso all’educazione e all’apprendimento.

Vi sono inoltre le risorse stanziate per lo sviluppo delle competenze e la riqualificazione, nell’ambito del Fondo sociale europeo plus (99 miliardi tra 2021 e 2027), quelle per i dispositivi di ripresa e resilienza destinate agli stati membri, nonché i programmi Europa digitale, Orizzonte Europa ed Erasmus+.

Nel nostro paese, come approfondiremo, le politiche di contrasto al fenomeno dei neet sono state individuate all’interno di uno specifico piano nazionale. Questo è finalizzato all’individuazione, al coinvolgimento e all’attivazione dei giovani in questa condizione.

Il 2023 è l’anno europeo delle competenze.

Oltre agli obiettivi europei e alle misure nazionali va citata la scelta di individuare l’anno in corso, il 2023, come anno europeo delle competenze. Un modo per enfatizzare l’importanza delle conoscenze e delle competenze nel mondo che cambia: bassi livelli di apprendimento e abbandono scolastico sono infatti correlati con il rischio di finire nella condizione di neet.

Quanto incide il fenomeno dei neet in Italia

Da questo punto di vista emerge come vi siano due Italie: una allineata alla media Ue, l’altra molto distante. Un divario che spesso è riconducibile alla faglia tra centro-nord e mezzogiorno.

Nel 2021 si è trovato nella condizione di neet il 13,1% dei giovani europei tra 15 e 29 anni. Una percentuale che nel nostro paese in quell’anno era superiore di circa 10 punti (23,1%). A fronte di queste medie, alcuni territori si segnalano per la bassa incidenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano. Mentre altri, specialmente nel sud continentale e delle isole, hanno superato ampiamente queste medie.

9 le province dove oltre il 35% dei giovani è neet. Si trovano tutte nel mezzogiorno.

In provincia di Caltanissetta è neet il 46,3% dei giovani di età compresa tra 15 e 29 anni. Seguono i territori di Taranto, Catania, Napoli, Messina, Palermo, Siracusa, Foggia e Catanzaro, con quote che superano il 35%.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (Bes dei territori)
(ultimo aggiornamento: lunedì 3 Ottobre 2022)

Dietro questi divari territoriali vi è anche la diversa incidenza di disuguaglianze sociali, messa a fuoco anche dal piano nazionale sui neet.

Pur essendo molteplici i fattori che possono determinare la permanenza dei giovani nella condizione di Neet, quelli che, generalmente, vengono indicati come i principali fattori di rischio sono: − avere un livello basso di rendimento scolastico; − vivere in una famiglia con basso reddito; − provenire da una famiglia in cui un genitore ha sperimentato periodi di disoccupazione; − crescere con un solo genitore; − essere nato in un Paese fuori dell’UE; − vivere in una zona rurale; − avere una disabilità.

24% il tasso di abbandono tra i figli dei non diplomati. La quota si riduce al
5,5% tra i figli di genitori con il diploma e all’1,9% tra i figli dei laureati.

Un aspetto da non sottovalutare è l’impatto delle competenze inadeguate sulla condizione di ragazze e ragazzi. Le province con più neet tendono a coincidere con quelle dove gli apprendimenti sono più bassi, come testimoniato dalle prove Invalsi di competenza in italiano. I 15 territori con più studenti che in terza media hanno conseguito competenze inadeguate nel 2021, in 10 casi sono anche ai primi posti per quota di neet.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat e Invalsi
(ultimo aggiornamento: lunedì 3 Ottobre 2022)

Per approfondire anche a livello locale questa relazione, è interessante focalizzarsi sulle 10 province con più giovani neet nel 2021. Si tratta, nell’ordine, di Caltanissetta (46,3% nel 2021), Taranto (38,3%), Catania (38,1%), Napoli (37,4%), Messina (37,3%), Palermo (36,8%), Siracusa (36,5%), Foggia (35,8%), Catanzaro (35,6%) e Agrigento (34,7%).

Nel territorio nisseno, ad esempio, sono 4 i comuni per cui è disponibile il risultato Invalsi. In tutti la quota di ragazzi di III media che si attestavano nei livelli 1 e 2 in italiano è stata superiore al 40%. Tuttavia, mentre 2 si sono collocati poco sopra tale soglia (40,6% a Mussomeli, 43,4% nel capoluogo), negli altri 2 comuni la percentuale è risultata molto più elevata: Gela (58%) e Niscemi (64,1%).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Invalsi
(ultimo aggiornamento: mercoledì 28 Settembre 2022)

Esempi analoghi possono essere fatti anche per le altre realtà locali individuate, e non solo. Come si osserva dalla mappa, anche in territori del centro-nord dove il fenomeno dei neet è mediamente meno diffuso, vi sono comuni dove la quota di studenti con bassi livelli di apprendimento appare molto elevata. Un esempio di come l’intervento sugli apprendimenti vada considerato strategico per prevenire il fenomeno.

L’importanza di attuare il piano nazionale sui neet

Investire sulla qualità degli apprendimenti e sulle competenze è la principale strategia per ridurre l’incidenza dei neet sul medio e lungo termine. Nell’immediato è comunque cruciale anche intervenire a supporto di chi si trova in questa condizione.

Da questo punto di vista, il piano nazionale sui neet identifica due criticità principali. La prima consiste proprio nell’emersione del fenomeno. Non è semplice infatti intercettare i molti giovani disposti a lavorare ma che non sono attivamente alla ricerca di un’occupazione, e che quindi restano al di fuori dei tradizionali circuiti formativi e di avviamento al lavoro. Specialmente se provengono da situazioni di svantaggio.

L’altra, specifica del nostro paese, è la frammentazione dei servizi e l’incapacità di offrire una risposta unitaria.

(…) l’eccesso di segmentazione e differenziazione di servizi rivolti ai giovani (sportelli, servizi informativi, formativi, di orientamento, di consulenza, di collocamento etc.) unita alla frammentazione su diversi livelli di governo (comunale, provinciale, regionale, nazionale, europeo), produce un effetto di disorientamento, oltre che una dispersione di energie e risorse pubbliche.

La sfida del piano è proprio coordinare l’insieme di soggetti e servizi che si occupano a vario titolo della questione, attraverso percorsi di co-progettazione tra il dipartimento per le politiche giovanili, i comuni (attraverso Anci), le organizzazioni attive e i loro partner istituzionali (comuni e altri enti pubblici).

Dare attuazione a questo approccio, senza ridurre l’attenzione rivolta dal piano alla mappatura dei neet e delle migliori pratiche, è la premessa per intervenire in modo efficace su un fenomeno che troppo spesso resta sommerso.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi agli apprendimenti sono di fonte Invalsi.

Foto: Allison Shelley per EDUimagesLicenza

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