Il ruolo della didattica a distanza nei mesi del lockdown #conibambini

Un nuovo studio promosso da Unicef analizza l’esperienza vissuta da minori e famiglie italiane con la Dad. Si conferma l’importanza di dotare le famiglie di connessioni stabili e veloci su tutto il territorio nazionale.

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Quasi un anno fa, nel marzo 2020, le scuole di ogni ordine e grado venivano chiuse per fronteggiare la pandemia che stava colpendo il nostro paese. L’Italia è stata una delle prime nazioni europee ad essere coinvolte, e la prima a varare un lockdown nazionale.

Questa crisi ha reso tutti più consapevoli di quanto la digitalizzazione del paese sia legata al contrasto della povertà educativa.

Nel corso di questi mesi, analizzando i dati sulla diffusione di computer e di connessioni veloci, abbiamo provato a valutare il possibile impatto delle disuguaglianze digitali sull’accesso dei ragazzi all’apprendimento, in particolare nei mesi di didattica a distanza. Lo abbiamo fatto con i dati più recenti a disposizione, tutti relativi a prima dell’emergenza, nel tentativo di ricostruire le possibili criticità pregresse.

Allo stesso tempo, abbiamo sempre esplicitato la consapevolezza di come queste analisi siano un punto di partenza, perché fotografano una situazione precedente alla pandemia. Solo la pubblicazione di nuovi dati, e lo sviluppo di nuove ricerche, ci aiuterà a comprendere meglio come i ragazzi e le famiglie stiano vivendo la didattica a distanza, e l’impatto educativo di questa esperienza.

Va in questa direzione un nuovo studio promosso da Unicef e realizzato dal centro di ricerca Innocenti e dall’università cattolica del Sacro Cuore. Si tratta di una ricerca a campione, somministrata a famiglie italiane provenienti da tutte le aree del paese, volta ad indagare l’esperienza vissuta durante i mesi di didattica a distanza. Una analisi particolarmente interessante perché riguarda un contesto come quello italiano, il primo tra i maggiori paesi occidentali a sperimentare la scuola da remoto durante la pandemia.

65 giorni di scuole chiuse nel precedente anno scolastico, rispetto a una media di 27 giorni negli altri paesi ad alto reddito del mondo.

Questi nuovi dati consentono di valutare anche lo sforzo compiuto nel corso della crisi, da ragazze e ragazzi, famiglie e istituzioni. Quasi una famiglia su due, tra quelle intervistate nell’indagine, ha ricevuto dispositivi dall’istituto scolastico, in base a quanto previsto dalla normativa di emergenza.

Il governo italiano ha immesso una quantità sostanziale di risorse per sostenere la didattica a distanza durante il lockdown; il 46% delle famiglie intervistate ha ricevuto nuovi dispositivi digitali dagli istituti scolastici frequentati dai loro bambini e una famiglia su quattro ha ricevuto un abbonamento a internet per accedere alla didattica a distanza.

Da parte delle famiglie, questo sforzo si è tradotto ad esempio nell’acquisto di nuovi dispositivi, come computer e tablet. Le necessità maggiori si rilevano nei nuclei con più figli, dove è stato sicuramente più difficile garantire un dispositivo per ogni membro della famiglia. I dati dell’indagine promossa da Unicef lo confermano. Durante il lockdown, ha acquistato almeno un pc il 37% delle famiglie con un figlio intervistate, dato che sale al 42% con 2 figli, al 50% con 3 figli e supera il 60% da 4 figli in su.

I dati sono frutto di una rilevazione campionaria realizzata dal centro di ricerca Innocenti dell’Unicef e dall’università cattolica del Sacro Cuore.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Unicef-Irc-OssCom
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Febbraio 2021)

Nonostante questi sforzi, sia da parte delle istituzioni che delle famiglie, oltre una famiglia su 4 - tra quelle ascoltate nella rilevazione - ha dichiarato che il numero di pc e tablet era comunque insufficiente rispetto alle esigenze quotidiane durante la chiusura totale. Esigenze che spesso hanno riguardato sia i più piccoli, con la necessità di seguire le lezioni da casa, sia i genitori laddove fossero a lavoro da remoto.

27% delle famiglie intervistate ha dichiarato di non avere abbastanza dispositivi per esigenze di lavoro e studio a distanza.

Ad avere più difficoltà in questo senso sono state soprattutto le famiglie con più figli. Lo conferma il numero di dispositivi medi per minore, che tende a decrescere all'aumentare del numero di bambini. In presenza di un solo bambino in famiglia, c'erano in media (nei nuclei oggetto di rilevazione) 1,1 tablet per figlio e 1,7 pc per figlio. Con due figli le quote scendono rispettivamente a 0,6 e 0,9; con tre a 0,5 e 0,6.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Unicef-Irc-OssCom
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Febbraio 2021)

Si tratta di dati che devono portare a una riflessione, per due motivi. Il primo è che, come abbiamo avuto modo di raccontare, le famiglie numerose sono anche quelle dove le difficoltà economiche sono spesso più frequenti. Un dato che era già vero prima della recente crisi seguita alla pandemia.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: martedì 18 Giugno 2019)

Il secondo aspetto da mettere in luce riguarda i problemi di connettività, indubbiamente più probabili per i nuclei dove tanti membri condividono la stessa connessione. Su questa criticità si concentra anche il nuovo rapporto, mettendo in luce come durante il lockdown il traffico sulla rete internet sia cresciuto enormemente. Con conseguenze soprattutto per le famiglie dove una singola connessione veniva utilizzata da più persone.

Given that Telecom Italia (TIM), one of the largest telecommunication providers in Italy, reported traffic increase of 63 per cent and 36 per cent in fixed and mobile networks respectively, families might also encounter connectivity issues if a greater number of devices are used simultaneously on a single internet connection.

Nei mesi scorsi, abbiamo avuto modo di raccontare come persistano su questo forti differenze territoriali. Mentre nei comuni polo, baricentrici in termini di servizi, l'86% delle famiglie è potenzialmente raggiunta dalla banda larga veloce, nei comuni periferici e ultraperiferici la quota non raggiunge il 40%. A questo tipo di disuguaglianze si aggiungono quelle sociali: la quota di famiglie con internet veloce è comunque inferiore alle potenzialità della rete.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Agcom
(ultimo aggiornamento: martedì 29 Ottobre 2019)

6% dei bambini e ragazzi intervistati non ha potuto prendere parte alle lezioni da remoto a causa di una connessione internet inadeguata.

Questi dati confermano quanto sia cruciale, per il nostro paese, procedere nell'estensione della banda larga e ultralarga. In particolare nelle zone del paese che - già prima della crisi - risultavano meno coperte. Nelle analisi di questi mesi, i dati sulla quota di famiglie potenzialmente raggiunte dalle connessioni veloci lo hanno mostrato con chiarezza.

In questo senso, sono assolutamente da recepire le raccomandazioni del report promosso da Unicef. Una delle prove cruciali che attende il nostro paese è quanto il processo di digitalizzazione sarà reso inclusivo per famiglie e bambini.

Foto credit: Maria Thalassinou (Unsplash) - Licenza

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