Il Pnrr e le difficoltà degli enti locali #OpenPNRR

Uno dei principali obiettivi del Pnrr è quello di ridurre i divari territoriali. Ma, tra carenze di personale negli enti locali e ritardi, la distanza rischia invece di acuirsi ancora di più.

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Con le dimissioni del governo Draghi e le conseguenti elezioni svoltesi lo scorso 25 settembre, il processo di attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbe subire dei rallentamenti. A maggior ragione se il nuovo esecutivo vorrà provare a ridiscutere con Bruxelles alcuni aspetti del piano.

Questo, a cascata, potrebbe comportare delle difficoltà ancora maggiori per quegli enti locali che oggi sono chiamati a dare attuazione ad alcuni degli investimenti del piano. Abbiamo già raccontato infatti come siano proprio i comuni, specie quelli del meridione, ad essere più in difficoltà non solo nel portare avanti i progetti ma anche nel presentare delle proposte ammissibili ai finanziamenti. Tra i casi eclatanti più recenti in questo senso c’è quello del comune di Palermo, che non è stato in grado di presentare proposte nell’ambito dei bandi dedicati alla realizzazione di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti.

€ 40 mld le risorse complessive del Pnrr affidate alla diretta gestione di comuni e città metropolitane (fonte: Anci).

I motivi di queste difficoltà possono essere molteplici ma una delle cause principali è la carenza di personale e di competenze adeguate in queste realtà. Mancanze che sono da imputare a disparità e ritardi che caratterizzano storicamente i territori del mezzogiorno e ai quali lo stato non è mai riuscito a porre rimedio in modo efficace.

Se tali lacune non saranno colmate, non solo i progetti ammessi a finanziamento in questi territori rischiano di non concludersi nei tempi previsti. Ma si rischia anche che il Pnrr, anziché ridurli, contribuisca ad acuire i divari tra quei territori che già oggi sono più efficienti e il resto del paese.

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La difficoltà degli enti locali nel presentare progetti

In questo quadro si inserisce poi il modello adottato per la selezione dei progetti da finanziare. Un modello che privilegia la competizione tra territori anziché l’adozione di politiche perequative. La quantità di passaggi burocratici a cui adempiere e la complessità della documentazione da fornire infatti, in alcuni casi può anche scoraggiare gli enti locali meno efficienti. Che rinunciano perfino all’invio delle candidature.

Mettere in competizione gli enti locali ha allontanato il Pnrr dal rispetto del criterio perequativo che avrebbe dovuto orientare la distribuzione territoriale delle risorse disponibili per andare incontro all’obiettivo di riequilibrio territoriale.

La conseguenza di questa dinamica è che gli enti locali che rischiano di rimanere esclusi dal riparto dei fondi del Pnrr sono proprio quelli che ne avrebbero maggiormente bisogno. Parliamo generalmente di piccoli centri che si trovano nel mezzogiorno o nelle aree interne del paese. Ma anche di città maggiori, che talvolta sono incappate nelle stesse difficoltà. Per evitare che ciò avvenga è stata introdotta la clausola che imponeva ai ministeri e agli altri soggetti responsabili di destinare almeno il 40% delle risorse al mezzogiorno. Abbiamo raccontato però che in moltissimi casi tale quota non è stata rispettata. Questo perché spesso dai territori non è stato presentato un numero sufficiente di domande.

E poiché mancano nel Pnrr meccanismi di salvaguardia della quota, quando questo si verifica sta alla singola organizzazione titolare decidere come procedere. Molti ministeri in questi casi hanno semplicemente deciso di far scorrere le graduatorie, scendendo sotto la soglia del 40%.

Da notare peraltro che una relazione pubblicata recentemente dall’associazione nazionale comuni italiani (Anci) sottolinea come le risorse del Pnrr non possano essere utilizzate per colmare le lacune di personale. Per ovviare a questi problemi il governo ha varato una serie di iniziative per supportare gli enti locali. Tuttavia questi accorgimenti, almeno sinora, non sembrano essere stati in grado di risolvere le criticità.

Il rischio di ritardi

Le difficoltà inoltre non si esauriscono neanche nei casi in cui gli enti locali riescano a intercettare i fondi. In particolare si sollevano dubbi sulla loro capacità di portare le opere a compimento entro i tempi previsti. Si tratta di un elemento fondamentale per non rischiare di perdere i fondi europei. Su questo aspetto è un rapporto dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno (Svimez) a fornire una panoramica preoccupante, soprattutto per il sud del paese.

Svimez ha analizzato la banca dati delle opere pubbliche relative a interventi infrastrutturali realizzati dai comuni (escluse le città metropolitane) nel periodo compreso tra il 2012 e il 2021. Concentrandosi in particolare sulla realizzazione delle opere per infrastrutture sociali. Non solo perché è il settore in cui è stato realizzato il maggior numero di interventi (circa il 49,6% del totale) ma anche perché si tratta di un ambito di fondamentale importanza per raggiungere gli obiettivi di coesione territoriale previsti dal Pnrr.

Secondo Svimez, molti giorni di ritardo si accumulano durante l’esecuzione delle opere.

Considerando un dato medio nazionale di 1.007 giorni per il completamento di un’opera in questo ambito, dalla relazione di Svimez emerge una enorme differenza nei tempi di realizzazione tra il nord e il sud del paese. I comuni del mezzogiorno infatti impiegano mediamente circa 450 giorni in più per portare a compimento la realizzazione delle infrastrutture sociali. Il report evidenzia inoltre come oltre 300 giorni di ritardo si accumulino nella fase di cantierizzazione (esecuzione). Se già a livello di progettazione si incontrano delle difficoltà quindi, non è improbabile che queste possano addirittura aggravarsi nel momento della messa in opera dei cantieri.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Svimez
(ultimo aggiornamento: giovedì 22 Settembre 2022)

Se non si riuscissero a trovare soluzioni rapide per rendere più efficiente la macchina amministrativa necessaria all’affidamento dell’appalto, all’apertura del cantiere e alla realizzazione dei lavori, i tempi estremamente stretti per portare a conclusione le opere nel rispetto del termine ultimo di rendicontazione fissato per il 31 agosto 2026.

Considerando questi dati, Svimez si spinge ad osservare che i cantieri al sud dovrebbero essere avviati al massimo entro fine ottobre 2022. Un obiettivo che sembra abbastanza difficile da raggiungere dato che, come vedremo, molti bandi per l’assegnazione delle risorse sono ancora in corso. I tempi per le restanti macro-aree sono un po’ più diluiti: maggio 2023 per il centro e l’estate 2024 per le aree settentrionali.

A questo proposito occorre ricordare che le norme relative all’attuazione del Pnrr prevedono la possibilità per il governo di esercitare dei “poteri sostitutivi” in casi di gravi ritardi nella realizzazione delle opere. Ciò significherebbe sostanzialmente il commissariamento dei cantieri. Un’eventualità che andando avanti nella fase di “messa a terra” dei progetti potrebbe riproporsi spesso.

I bandi per gli enti locali già chiusi e quelli ancora in corso

Vediamo adesso qual è lo stato dell’arte dei bandi riservati in particolare agli enti locali (comuni e città metropolitane). In primo luogo possiamo osservare che si sono già chiusi i bandi relativi a 20 investimenti contenuti nel Pnrr. Da questo punto di vista l’intervento più consistente è quello dedicato agli asili nido e alle scuole dell’infanzia (4,6 miliardi) di competenza del ministero dell’istruzione. Seguono i bandi per i progetti legati alla rigenerazione urbana (3,3 miliardi) e quelli rivolti alle città metropolitane per i piani urbani integrati (2,7 miliardi), entrambi di competenza del ministero dell’interno.

L’importo indicato è quello complessivo della misura di riferimento del Pnrr, non sempre sono state messe a bando contemporaneamente tutte le risorse disponibili. Questo dato però non è fornito da Anci. Gli investimenti del Pnrr dedicati all’inclusione sociale sono molteplici. Con le informazioni disponibili non è possibile ricondurre i bandi scaduti alle relative misure. Di conseguenza non è possibile conoscere l’importo dell’investimento.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anci
(ultimo aggiornamento: mercoledì 21 Settembre 2022)

Secondo la relazione dell’Anci invece sono complessivamente 49 i bandi ancora aperti a cui possono partecipare comuni e città metropolitane. Suddividendo tali bandi in base al tema, al primo posto troviamo la transizione ecologica con 12 misure. Seguono digitalizzazione, inclusione sociale e infrastrutture ciascuno con 8 bandi ancora in corso.

Il grafico mostra il numero di bandi Pnrr, suddivisi in base al tema della misura di riferimento, per cui città metropolitane e comuni possono ancora presentare domanda. I temi delle misure sono un indicatore originale openpolis. In base alla metodologia adottata è stato assegnato un solo tema per ogni misura anche se alcune si prestano a molteplici categorizzazioni. Non tutti i bandi sono rivolti a tutti i comuni italiani. In alcuni casi sono riservati ad alcune aree specifiche. In altri possono presentare domanda anche altri enti come regioni, aziende sanitarie o realtà del terzo settore.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anci
(ultimo aggiornamento: giovedì 22 Settembre 2022)

Per quanto riguarda invece le risorse da assegnare, notiamo che si parla di circa 58 miliardi di euro. Il dato così elevato è dovuto al fatto che Anci considera anche bandi per circa 9 miliardi che saranno gestiti centralmente dai ministeri della transizione ecologica e dell’agricoltura ma che vedranno i comuni come principali beneficiari. Inoltre, in alcuni casi, i bandi non si rivolgono solamente ai comuni ma anche ad altri soggetti come le regioni, le province e altre realtà territoriali. Fatta questa premessa, possiamo osservare che l’amministrazione titolare che assegnerà l’ammontare più consistente delle risorse con i bandi ancora in corso, è il ministero dell’interno con circa 12,9 miliardi di euro. Seguono il ministero della transizione ecologica (11,9 miliardi) e quello delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (11,3).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anci
(ultimo aggiornamento: giovedì 22 Settembre 2022)

Ci sono poi anche altre risorse del Pnrr che vedranno comuni e città metropolitane come diretti beneficiari anche se non in qualità di soggetti attuatori. Questi però non sono stati inseriti nelle tabelle relative ai bandi in corso. Ciò perché tali investimenti riguardano sostanzialmente l’implementazione di una nuova struttura digitale della pubblica amministrazione che sarà gestita centralmente. Si tratta in particolare dei fondi per la piattaforma nazionale digitale dei dati (556 milioni) e per la digitalizzazione degli avvisi pubblici (245 milioni).

La proroga dei bandi, un segno delle difficoltà degli enti locali

Un ultimo elemento che emerge analizzando lo stato di implementazione dei bandi ancora in corso riguarda il fatto che molti di questi sono stati prorogati, anche più di una volta. Dalla relazione di Anci infatti emerge che in 5 casi i soggetti titolari sono stati costretti a rinviare la scadenza degli avvisi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Anci
(ultimo aggiornamento: giovedì 22 Settembre 2022)

Molti bandi sono stati prorogati per mancanza di domande.

Il bando per la realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di quelli esistenti avrebbe dovuto chiudersi il 14 febbraio ma la scadenza è stata rinviata di un mese. Allo stesso modo il bando per la forestazione urbana dedicato alle città metropolitane avrebbe dovuto concludersi a fine maggio ma la scadenza è stata prorogata due volte: prima al 14 giugno e successivamente al 21 dello stesso mese. Il 16 maggio inoltre avrebbe dovuto concludersi il bando per la realizzazione delle infrastrutture sociali nelle aree interne ma anche in questo caso la scadenza è stata prorogata di un mese. Addirittura 3 proroghe infine per il bando dedicato alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. L’avviso pubblico inizialmente prevedeva come scadenza il 24 gennaio. Successivamente prorogata prima al 28 febbraio, poi al 31 marzo e infine al 22 aprile.

Per quanto riguarda invece i bandi per il rafforzamento della mobilità ciclistica, Anci riporta che attualmente le procedure sono interrotte a causa di un “doppio passaggio del decreto di attribuzione delle risorse al Mims, al Mef e in conferenza unificata”.

5 le misure del Pnrr i cui bandi sono stati prorogati.

Anche tra i bandi che si sono già conclusi si registrano dei casi simili. Quello più eclatante è certamente legato al bando per gli asili nido e per le scuole dell’infanzia. La scadenza iniziale entro cui inviare le candidature infatti era stata fissata al 28 febbraio. Arrivati alla data in questione però, non erano state presentate domande sufficienti a esaurire i fondi stanziati. Per cui la scadenza è stata prorogata fino all’1 aprile. Si è reso poi necessario un ulteriore bando riservato alle regioni del mezzogiorno (con priorità rivolta a Basilicata, Molise e Sicilia) per distribuire gli ultimi 70 milioni di euro che rischiavano di rimanere inutilizzati.

Questi rinvii confermano le difficoltà degli enti locali nel presentare progetti in grado di intercettare le risorse. A vantaggio di territori che si trovano già in situazioni avanzate in tema di infrastrutture e servizi, ma che hanno le competenze necessarie per accedere ai bandi. Tale dinamica rischia di far diventare il Pnrr, se non ben gestito, da strumento per la riduzione delle disuguaglianze a causa del loro inasprimento.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Anci

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