Il divario di genere nel lavoro e gli effetti della crisi da Covid-19 Disparità di genere

In Italia i divari di genere sul tasso di occupazione e di inattività sono tra i più ampi in Europa. Una situazione che rischia di aggravarsi nel tempo, a causa delle conseguenze economiche della crisi sanitaria in corso.

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A maggio 2020 Eurostat ha pubblicato un report sui progressi dell’Unione Europea verso i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile stabiliti dalle Nazioni Unite. Tra questi l’uguaglianza di genere, ancora lontana da raggiungere in particolare nel mondo del lavoro, dove la situazione delle donne è ancora fortemente svantaggiata, come sottolineato nel report.

The gender employment gap has stagnated over the past few years, and women are still less likely to be employed than men.

Le donne continuano ad avere più difficoltà degli uomini nella ricerca di un lavoro, elemento reso evidente dal divario occupazionale di genere, che si mantiene stabile negli anni invece di diminuire.

11,4 i punti percentuali di differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile in Ue, nel 2019.

Una disparità dovuta in gran parte a un altro aspetto preoccupante che emerge dal report, cioè l’inattività femminile per motivi di cura. È alle donne che vengono principalmente affidate le responsabilità familiari, di cura dei figli o dei parenti anziani. Motivo che spesso le spinge a rimanere al di fuori del mercato del lavoro.

A differenza dei disoccupati, gli inattivi non sono in cerca di un’occupazione, sono al di fuori della forza lavoro. Vai a "Che cosa si intende per occupati, disoccupati e inattivi"

Condizioni che stanno peggiorando a seguito degli effetti dell’emergenza Covid-19. Da un lato, con la chiusura delle scuole, molte più donne che uomini hanno preso la scelta obbligata di rimanere a casa a curare i propri figli. Dall’altro, i settori lavorativi a maggior presenza femminile sono stati i più colpiti dalle chiusure e dalle regole sul distanziamento sociale. Si tratta in particolare della ristorazione, del turismo, delle attività commerciali.

Il divario occupazionale

Il report Eurostat ha diffuso i dati relativi al 2019 sui progressi dei paesi Ue verso i Sdg, tra cui quello sull’uguaglianza di genere. Chiaramente non sono riscontrabili gli effetti della crisi sanitaria in corso, ma si tratta comunque di dati importanti per comprendere una situazione critica, che rischia di aggravarsi ulteriormente nel tempo.

Consideriamo innanzitutto i dati 2019 sulla differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile in Ue. Sono paesi dell’Europa meridionale e orientale a superare la media europea sul divario occupazionale di genere (11,4). L’Italia è al terzo posto con 19,6 punti di differenza tra occupati uomini e donne, preceduta solo da Malta e Grecia, entrambe con 20 punti di divario.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 20 Aprile 2020)

Anche se in misure ampiamente diverse, la disparità uomo-donna si registra in tutti i paesi membri. Tuttavia, ci sono alcuni contesti che si avvicinano alla parità, come quelli di Lettonia (3,8), Finlandia (2,7) e Lituania (1,6).

Il divario occupazionale si mantiene stabile negli anni.

Tra il 2009 e il 2013 la differenza tra occupati uomini e donne si era ridotta in Ue, passando da 13,5 a 11,7. Tuttavia non si è trattato di un aumento dell'occupazione femminile, ma di una riduzione di quella maschile. Una conseguenza, probabilmente, della crisi economica del 2008, che ha colpito più duramente settori lavorativi dove sono occupati principalmente gli uomini, come quello edilizio.

Praticamente le stesse dinamiche si sono verificate in Italia, dove il divario è passato da 24 punti nel 2009 a 19,8 nel 2013, per poi mantenersi stabile intorno ai 20 punti percentuali fino al 2019.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 20 Aprile 2020)

8% circa l'aumento del tasso di occupazione femminile dal 2009 al 2019.

Le donne occupate in Italia sono aumentate nel corso di 10 anni, ma ad oggi sono ancora poco più della metà (53,8%). Dall'altra parte gli uomini occupati sono lievemente diminuiti (-0,4%), ma costituiscono il 73,4% della popolazione maschile.

L'impatto del lavoro di cura

Come anticipato all'inizio, un elemento che pesa negativamente sul tasso di occupazione femminile è sicuramente l'inattività.

L'inattività per le donne è spesso una scelta obbligata da preconcetti.

Le donne, su cui ricadono maggiormente le responsabilità di cura di figli o parenti anziani, spesso scelgono di non cercare un lavoro fuori dalle mura domestiche, per restare a casa a occuparsi della famiglia.

Un aspetto analizzato anche dal report Eurostat, come ostacolo al conseguimento dell'obiettivo sull'uguaglianza di genere. Considerando la popolazione inattiva in Italia, è evidente infatti il diverso peso che le responsabilità familiari hanno sulle donne e sugli uomini. Per le prime il lavoro di cura è la ragione dell'inattività nel 39,4% dei casi, più degli altri motivi (di studio, di salute e altri). Al contrario, solo il 4% degli uomini individua nelle responsabilità di cura il motivo della propria condizione di inattività. La ragione principale per loro è lo studio, nel 24,8% dei casi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 20 Aprile 2020)

Una sproporzione che si presenta, anche se in misura diversa, in tutti i paesi Ue. Anche in questo caso generalmente gli stati del sud presentano divari ampi e quelli del nord differenze più limitate.

27,8 punti percentuali di divario tra donne e uomini inattivi per responsabilità di cura in Ue.

Per comprendere ancora meglio il peso del lavoro di cura sulla vita delle donne, in particolare in Italia, è utile considerare un altro dato. Cioè la percentuale di donne inattive per responsabilità familiari sul totale della popolazione femminile, non solo su quella inattiva.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 20 Aprile 2020)

L'Italia è il paese Ue con più donne inattive per responsabilità di cura.

Un dato che si è mantenuto stabile intorno al 12% dal 2009 al 2017, per poi aumentare gravemente negli ultimi due anni, fino al 15,6% nel 2019.

Francia e Germania invece presentano entrambe quote ampiamente inferiori, sempre al di sotto dei dati medi Ue. La prima, dopo una crescita tra il 2012 e il 2013, registra percentuali che non superano mai il 5%. La seconda presenta invece un andamento in lento ma costante calo, dal 7,8% nel 2009 al 6,2% nel 2019.

Gli effetti della crisi da Covid-19 sul divario di genere

La crisi sanitaria da Covid-19 ha avuto in Italia e nel mondo gravi conseguenze sul mondo del lavoro. La chiusura di negozi, imprese, scuole durante il lockdown e le regole sul distanziamento sociale hanno causato il fallimento di attività e la perdita di innumerevoli posti di lavoro.

È presto per valutare a pieno gli effetti della crisi, che si capiranno con più chiarezza col passare del tempo. Ciononostante, è interessante osservare le prime conseguenze sul mondo del lavoro, visibili attraverso i dati relativi agli ultimi mesi.

Secondo una rilevazione Istat su circa 90 mila imprese in Italia tra marzo e maggio 2020, il 45% è rimasta chiusa dal 9 marzo al 3 maggio (fine della fase 1 dell'emergenza). Di queste, solo il 18,8% ha poi ripreso l'attività con l'inizio della fase 2, mentre il 25% ha dichiarato che riprenderà entro la fine dell'anno e l'1,2% non ha ripreso affatto l'attività.

Tutto ciò si è tradotto in una riduzione del tasso di occupazione complessivo, che secondo i dati Istat è passato dal 59% a febbraio al 57,6% a maggio. Un calo che nei mesi considerati ha interessato sia gli uomini che le donne, ma che per queste ultime sembra destinato ad aggravarsi.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Luglio 2020)

Da febbraio a marzo il tasso di occupazione si è ridotto nella stessa misura circa, sia per gli uomini (-0,5 punti) che per le donne (-0,4 punti). Da marzo ad aprile invece, gli occupati uomini diminuiscono di quasi un punto percentuale, mentre le donne di -0,4, in linea con la variazione precedente.

A maggio, l'inizio della fase 2 ha avuto effetti positivi sull'occupazione maschile, che registra una riduzione molto più ridotta del mese precedente (-0,2) ma non su quella femminile, che cala di mezzo punto tra aprile e maggio. Fino ad arrivare a giugno, quando gli uomini occupati registrano una, seppur molto lieve, crescita (+0,2), mentre le donne occupate continuano a diminuire in modo costante (-0,4).

Molte donne non sono tornate al lavoro dopo il lockdown.

Uno dei motivi principali per cui molte donne sono rimaste senza lavoro anche con la ripresa delle attività è la cura dei figli. Con le scuole chiuse e tutti i bambini e i ragazzi a casa, almeno un genitore doveva necessariamente occuparsi di loro. Una scelta che ha pesato sul tasso di inattività femminile, già gravemente elevato.

46,4% le donne inattive in Italia, a maggio 2020.

Un aumento di circa 2 punti rispetto a febbraio (44,3%). Osservando l'andamento mese per mese, è evidente che anche la situazione degli uomini è peggiorata nel tempo. Tuttavia, è importante sottolineare che il tasso di inattività maschile era e rimane ampiamente inferiore a quello femminile.

28,2% gli uomini inattivi in Italia, a maggio 2020.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Luglio 2020)

Il tasso di inattività complessivo risulta in calo negli ultimi due mesi rispetto alla prima fase della crisi sanitaria, ma quello femminile registra a giugno una contenuta inversione di marcia (+0,2). Ulteriore segnale della maggior severità con cui questa crisi sta colpendo la situazione occupazionale femminile, rispetto a quella maschile.

Sarà necessario continuare a monitorare la situazione mese per mese, aspettandoci che le conseguenze della crisi da Covid-19 sul mondo del lavoro e sulla presenza delle donne al suo interno continueranno a farsi sentire nel corso del tempo.

Foto credit: Presidenza del consiglio dei ministri

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