I decreti legge continuano a monopolizzare l’attività di governo e parlamento Osservatorio legislativo

A gennaio sono stati presentati altri 3 decreti legge, con i 2 di dicembre arriviamo così a quota 5 in soli 2 mesi. Per il resto il parlamento ha votato solo ratifiche di trattati internazionali.

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In collaborazione con AGI iniziamo un Osservatorio legislativo, un appuntamento mensile in cui facciamo il punto sulla produzione legislativa del parlamento, analizzando il ruolo del governo nelle dinamiche di aula, e confrontando il tutto con quanto avveniva nelle legislature passate.

Il mese in breve

Osservatorio legislativo

L’intenso e controverso dibattito per la legge di bilancio che ha caratterizzato il mese di dicembre, ha fortemente influenzato il gennaio della politica italiana. In primis perché dopo le riforme introdotte nella manovra erano attesi i decreti collegati che avrebbe delineato in maniera più chiara sia reddito di cittadinanza che quota 100. Il cosiddetto “decretone” è arrivato, accompagnato dall’abituale attesa tra la presentazione in consiglio dei ministri e la pubblicazione del testo, questa volta di 11 giorni.

Come è ormai abitudine i decreti legge hanno monopolizzato l’attività legislativa di governo e parlamento. Oltre al già menzionato provvedimento ad integrazione della legge di bilancio, l’esecutivo ha depositato in aula anche il decreto salva Carige e quello per il rinnovo dei consigli degli ordini forensi.

A gennaio sono state approvate 7 leggi, mese più prolifico da inizio legislatura. Si tratta di 7 ratifiche di trattati internazionali, provvedimenti che quindi nascono fuori dal parlamento e su cui l’impatto dell’aula è generalmente molto basso.

L’andamento dei dati nella XVIII legislatura

Il governo Conte si è riunito molto spesso nel mese di gennaio, soprattutto perché le questioni da risolvere sono state molteplici. Dal caso Carige, ai decreti collegati alla manovra finanziaria, passando per alcune importanti nomine a capo di autorità o agenzie pubbliche (vedi Istat ed Enac). Ma mentre il numero degli incontri è stato in media con quanto fatto nei mesi precedenti, quello che però si può notare in maniera abbastanza evidente è la loro corta durata.

I 6 incontri sono durati in media 30 minuti, con solo la riunione del 31 gennaio che si è avvicinato all’ora di durata (56 minuti per la precisione). Hanno fatto molto notizia in questo senso gli 8 minuti di consiglio dei ministri per deliberare il decreto salva-Carige.

Per ogni mese è stata calcola la durata media degli incontri svolti

FONTE: Agi e  openpolis

Tutto questo rientra in un trend, non nuovo, che vede la durata delle riunioni del consiglio dei ministri accorciarsi governo dopo governo. Questo esecutivo conferma quindi quanto già avveniva negli anni passati, e per l'ennesima volta solleva la questione di quanto le riunioni del consiglio dei ministri siano ormai diventate una formalità, e non più un luogo di confronto. Certamente però quanto registrato nel mese di gennaio rappresenta un dato record: mai da inizio legislatura la media era scesa sotto i 40 minuti.

30 minuti. È stata la durata media delle riunioni del consiglio dei ministri a gennaio.

Nel mese appena trascorso sono state approvate 7 leggi dal parlamento, dato mensile più alto da inizio legislatura.

Le leggi approvate a gennaio sono tutte ratifiche di trattati internazionali.

Da notare che si tratta di 7 disegni di legge che hanno ratificato trattati internazionali, provvedimenti quindi che nascono fuori dall'aula di camera e senato, e che il parlamento ha dovuto solo approvare. Gli accordi ratificati riguardano:

  • Giappone - trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa;
  • Laos  - cooperazione culturale, scientifica e tecnologica;
  • Montenegro -  cooperazione culturale e di istruzione;
  • Bosnia ed Erzegovina - accordo bilaterale in tema di estradizione;
  • Francia e Principato di Monaco - accordo Ramoge;
  • Macedonia - vari accordi in tema di giustizia;
  • Protocollo di Nagoya - Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti.

Per ogni mese viene riportato il numero di testi che hanno completato l’iter parlamentare.

FONTE: Agi e openpolis

È la terza volta da inizio legislatura, era già successo a maggio e a ottobre, che il 100% delle leggi approvate dall'aula sono ratifiche di trattati internazionali. Questo elemento ha anche delle ripercussioni sulla qualità delle votazioni finali avvenute in aula. Anche questo mese, come abbiamo già avuto modo di analizzare nel nostro report sui primi 6 mesi del governo Conte, la stragrande maggioranza dei voti finali ha avuto una bassissima percentuale di voti contrari.

Oltre ai 7 voti finali appena citati, è stato anche dato il via libera in prima lettura alla conversione in legge del decreto semplificazioni. Quest'ultimo è stato l'unico disegno di legge votato a gennaio in cui la percentuale di contrari ha superato l'1%. Nello specifico i voti contrari sono stati il 32,7%.

Nelle totale delle altre occasioni c'è stato 1 solo voto contrario, sul trattato con il governo del Montenegro. Cosa vuol dire tutto questo? Che da inizio legislatura, e anche gennaio lo conferma, escludendo i decreti del governo le aule di camera e senato sono state impegnate o con la discussione di testi su cui generalmente non si interviene (come i trattati) o su provvedimenti dal basso impatto normativo, e su cui i voti contrari sono pochi.

Per ogni mese sono stati contati i voti finali, e raggruppati per tipologia.

FONTE: Agi e openpolis

Il confronto con i governi precedenti

Prendendo il dato nella sua totalità, il 71,43% delle leggi approvate da inizio legislatura sono state o ratifiche di trattati internazionali (28,57%) o conversioni di decreti legge del governo (42,86%). Di gran lunga le tipologie di testi più ricorrenti.

71,43% Delle leggi approvate da inizio legislatura sono o conversioni di decreti legge del governo o ratifiche di trattati internazionali.

Percentuali molto alte, anche nel confronto con i governi della XVI e XVII legislatura: solo il governo Letta infatti aveva un dato superiore, con il 73,81% delle leggi approvate che erano o decreti o ratifiche di trattati. Più distanti, da questo punto di vista, gli altri esecutivi: Gentiloni (44,79%), Monti (57,02%), Renzi (64,75%) e Berlusconi (64,86%).

Le leggi approvate dai governi sono state categorizzate per tipologia.

FONTE: Agi e openpolis

Il fatto che questo governo, come i precedenti d'altronde, stia monopolizzando la produzione legislativa dell'aula lo si evince anche dal numero di decreti legge che vengono deliberati al mese in consiglio dei ministri. In media dall'inizio della XVIII legislatura sono più di 2 al mese, terzo valore più alto dal governo Berlusconi ad oggi.

La classifica è guidata dal governo Letta (2,78), con dietro il governo Monti (2,41), anche se quest'ultimo merita una menzione particolare in quanto governo tecnico intervenuto in un periodo di crisi economico- istituzionale. Quanto fatto registrare fino ad ora dal governo Conte è comunque un dato sopra la media, e notevolmente superiore a quello degli esecutivi Berlusconi (1,90), Renzi (1,70) e Gentiloni (1,18).

Per ogni esecutivo viene mostrato il rapporto tra decreti legge emanati e mesi di governo.

FONTE: Agi e openpolis

In questo senso gli ultimi due mesi di governo sono stati particolarmente densi, con ben 5 diversi decreti legge emanati. Dobbiamo evidenziare però che il ricorrente utilizzo di questo strumento non sempre risulta in un iter parlamentare regolare. Da quando si è insediato l'esecutivo, per 3 dei 15 decreti deliberati in consiglio dei ministri si è deciso di non procedere con la conversione in legge, facendo quindi decadere i testi.

I decreti sono così numerosi che non si riescono ad approvare tutti, e quindi poi vengono accorpati in parlamento. È già successo 3 volte.

Non ripensamenti politici, ma bensì l'intenzione di ridirezionare il contenuto di quei provvedimenti in altri decreti. Il decreto per la proroga dell’entrata in vigore della fatturazione elettronica per i benzinai è stato trasportato nel decreto dignità, per il decreto giustizia sportiva, che doveva rientrare nel decreto fiscale, è stato predisposto un ddl collegato alla manovra finanziaria, e il decreto Ncc è stato incardinato nel decreto semplificazioni.

2,4 Decreti legge deliberati al mese da quando si è insediato il governo Conte

Cosa vuol dire tutto questo? Che se da un lato si stanno producendo tanti decreti legge, dall'altro non si riesce a tenere il passo con l'approvazione parlamentare, costringendo il governo ad accorpare i testi successivamente. Elementi che ovviamente continuano a rendere il decreto uno strumento inopportunamente abusato dai governi del nostro paese.

Allo stesso tempo gennaio si è contraddistinto, e questa volta l'elemento è positivo, per il fatto che il governo non ha fatto ricorso alla fiducia per l'approvazione di provvedimenti. Una novità considerando che sia a novembre (2 voti di fiducia), che a dicembre (ben 5 voti), lo strumento era stato ampiamente utilizzato dal governo Conte.

Il valore è in percentuale

FONTE: Agi e openpolis

Questo da un lato ha abbassato il rapporto tra leggi approvate e voti di fiducia (ora al 28,57%), dall'altro ha confermato quanto già emerso nei mesi precedenti. Nei primi mesi di governo l’esecutivo ha utilizzato poco la fiducia soprattutto perché non c’erano in discussione provvedimenti politici o dall'alto impatto normativo. Un periodo iniziale in cui il dibattito parlamentare non era molto acceso.

Quando ci sono provvedimenti chiavi (come a dicembre) il governo utilizza spesso la fiducia. Quando non ci sono (come a gennaio) lo strumento non viene impiegato.

Quando i provvedimenti importanti sono arrivati, come a novembre e dicembre con il decreto sicurezza, ddl anticorruzione e la leggi di bilancio, l'utilizzo dello strumento si è intensificato. Gennaio in questo senso ha confermato questo trend: non essendo stati votati disegni di legge politici, ma principalmente ratifiche di trattati, la fiducia non è stata utilizzata.

Gli equilibri della maggioranza

Con l’espulsione di Saverio De Bonis e Gregorio De Falco dal gruppo Movimento 5 stelle del senato la maggioranza giallo-verde subisce potenzialmente delle perdite. Si tratta dei primi 2 cambi di gruppo a Palazzo Madama da inizio legislatura, ramo che sin dalla nascita del governo Conte ha rappresentato il banco di prova più difficile per l’esecutivo.

+6 È lo scarto del governo sulla soglia di maggioranza assoluta al senato.

Considerando che la soglia di maggioranza assoluta è fissata a 161 senatori (metà +1 dell’aula), ad oggi i due gruppi parlamentari al governo possono contare su 165 senatori: 107 del Movimento 5 stelle e 58 della Lega.

Una margine di soli 4 voti reso più “solido” dall’accordo che era stato raggiunto a inizio legislatura con i 2 eletti all’estero del Maie. Accordo che aveva portato alla nomina del senatore Merlo a sottosegretario agli affari esteri, e che attualmente porta lo scarto certo sulla soglia di maggioranza del governo a soli 6 senatori.

I membri del Maie, come gli espulsi del M5s, fanno parte del gruppo Misto del senato.

FONTE: elaborazione Agi e openpolis su dati del parlamento

A questi numeri si possono aggiungere potenzialmente i 4 espulsi dal Movimento 5 stelle: quelli della prima ora (Buccarella e Martelli), e quelli fuoriusciti a gennaio (De Bonis e De Falco). Buccarella ha continuato a sostenere il governo, mentre Martelli, proprio negli ultimi mesi, è entrato in forte disaccordo con l’esecutivo, votando contro le questioni di fiducia poste dal governo a dicembre (una su tutte quella sulla legge di bilancio). Sarà ora interessante monitorare i comportamenti di De Bonis, che a gennaio da espulso ha votato a favore del decreto semplificazioni, e De Falco, che invece è stato assente.

Come hanno votato gli espulsi del M5s al senato nei voti chiave di dicembre e gennaio

senatoreFiducia ddl anti corruzione (13/12/2018)Fiducia legge di bilancio (22/12/2018)Decreto semplificazioni (29/01/2019)
Buccarellafavorevolefavorevolefavorevole
De Bonisfavorevolefavorevolefavorevole
De Falcofavorevoleastenutoassente
Martellicontrariocontrarioassente

Le commissioni bicamerali

A gennaio si sono costituite 4 commissioni bicamerali.

La commissione parlamentare per le questioni regionali, quella per la semplificazione, la commissione di vigilanza sull'anagrafe tributaria e infine la commissione di controllo sugli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Due presidenze su quattro sono andate al Movimento 5 stelle (Emanuela Corda e Sergio Puglia), una è andata alla Lega (Ugo Parolo), e infine una a Liberi e uguali (Nico Stumpo).

Salgono così a 12 le commissioni bicamerali costituite nel nostro parlamento, due in meno che nella scorsa legislatura. Rispetto alla legislatura passata infatti le commissioni d’inchiesta bicamerali sono 2 e non 4, non essendo state costituite quelle sul rapimento e uccisione di Aldo Moro e quella di indagine sul sistema bancario e finanziario. L’iter di istituzione di quest’ultima ha subito un forte rallentamento, dopo che il disegno di legge aveva ricevuto una prima approvazione al senato ad inizio dello scorso novembre.

Non è stata conteggiata la commissione consultiva ricompensa al merito civile.

FONTE: Agi e openpolis

Le commissioni d’inchiesta sono la variabile più determinante quando si quantifica il numero di organi bicamerali nelle diverse legislature. Lo sono in quanto questi organi vanno comunque formati tramite l’approvazione di un’apposita legge di volta in volta.

Non solo, una volta che vengono istituite, tramite legge, vanno costituite con l’elezione dell’ufficio di presidenza. Un elemento non scontato che, come analizzato in passato, richiede generalmente 3 mesi, in quanto necessario il previo accordo tra le forze di maggioranza.

 

Foto credit: Palazzo Chigi - Licenza

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